azione aquiliana di danni: è l’azione prevista a tutela di chi è stato danneggiato da un fatto illecito (artt. 2043 ss. c.c.); si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato (art. 2947, comma 1o, c.c.). Per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni (art. 2947, comma 2o, c.c.). In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile (art. 2947, comma 3o, c.c.).
azione cambiaria: è l’azione basata sul tenore letterale di una cambiale (art. 66 l. camb.), ma indica anche, per estensione, ogni azione basata sul tenore letterale di un qualsiasi titolo di credito, ed ha per oggetto la realizzazione del diritto cartolare (v.) L’azione azione può essere esercitata da e nei confronti di qualsiasi prenditore del titolo ed è indipendente dall’esercizio dell’azione causale.
azione cambiaria di regresso: è l’azione basata sul tenore letterale della cambiale e, per estensione, di ogni titolo di credito, che il portatore del titolo esercita nei confronti degli obbligati cambiari di regresso (v. cambiale) per l’ipotesi che l’obbligato principale sia inadempiente e che sia stato levato protesto. Tale azione è esercitabile anche senza il previo protesto se sulla cambiale è apposta la clausola senza spese, o senza protesto. L’azione azione è esercitabile entro un anno dal protesto o, se la cambiale è senza spese, entro un anno dalla scadenza. Per esercitare questa azione sono possibili tre vie processuali: a) procedimento di cognizione, diretto ad accertare l’ esistenza del debito cambiario; b) procedimento ingiuntivo, per cui il possessore ottiene, rapidamente, un decreto di ingiunzione ma, se il convenuto fa opposizione, si instaura un processo di cognizione; c) procedimento esecutivo: la cambiale, se ha il bollo prescritto, vale come titolo esecutivo che consente di agire immediatamente sul patrimonio del debitore.
azione cambiaria diretta: è l’azione cambiaria (v.) che il possessore di una cambiale e, per estensione, di un titolo di credito può esercitare nei confronti dell’obbligato principale. Il termine per l’esercizio di tale azione è di tre anni dalla scadenza. Per esercitare tale azione sono possibili tre vie processuali: a) procedimento di cognizione, cioè diretto ad accertare l’esistenza del debito cambiario; b) procedimento ingiuntivo, grazie al quale il possessore ottiene, rapidamente, un decreto di ingiunzione, ma se il convenuto fa opposizione, si instaura un processo di cognizione; c) procedimento esecutivo: la cambiale, se munita del bollo prescritto, vale anche come titolo esecutivo, che consente di agire immediatamente sul patrimonio del debitore (artt. 63 ss. l. camb.).
azione causale: è l’azione fondata sul rapporto sottostante all’emissione o alla girata di una cambiale o, per estensione, di un titolo di credito (v. rapporto di provvista), rapporto che non si estingue per effetto dell’emissione o della trasmissione del titolo, salvo che sia stata pattuita la novazione (v.). Ev esercitabile dal portatore del titolo che non voglia o non possa esercitare le azioni cambiarie (v.): egli, in tal caso, agisce non per la realizzazione del diritto cartolare (v.), ma per la realizzazione del diritto sottostante (v.). Per esercitare l’azione azione è , però , necessario che il portatore del titolo di credito abbia elevato protesto per mancata accettazione o per mancato pagamento al fine di consentire al debitore le eventuali azioni di regresso; occorre, poi, offrire al debitore la restituzione della cambiale, depositandola in cancelleria (art. 66 l. camb.), per proteggere il debitore contro il rischio di una successiva negoziazione del titolo e di un doppio pagamento.
azione cautelare: è una attività strumentale rispetto a quella di cognizione e di esecuzione, e per il cui esercizio occorrono due condizioni: a) la rilevante probabilità che il diritto sostanziale esista; b) il pericolo al quale il ritardo può esporre il diritto. V. provvedimenti cautelari; provvedimenti d’urgenza; sequestro.
condizioni della azione: sono requisiti intrinseci della domanda la cui mancanza impedisce al processo di giungere ad una pronuncia sul merito. La possibilità giuridica consiste nell’esistenza della norma che disciplina il diritto fatto valere in giudizio. L’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) consiste nel bisogno di ottenere la tutela giurisdizionale a seguito della lesione, affermata, del diritto sostanziale. La legittimazione ad agire consiste nella necessaria correlazione tra titolarità dell’azione e titolarità del diritto sostanziale dedotto nel processo, sia in senso attivo (corrispondenza tra attore e titolare del diritto) che passivo (corrispondenza tra convenuto e soggetto passivo del diritto).
azione confessoria: è un’azione a tutela dei titolari di diritti reali (v.) diversi dalla proprietà , espressamente prevista dall’art. 1079 c.c. a tutela della servitù (v.), ma esperibile anche a tutela degli altri diritti reali. Ev promiscuamente denominata azione azione o azione di rivendicazione di diritti reali diversi dalla proprietà. Con l’azione azione il titolare di un diritto reale mira ad ottenere il riconoscimento in giudizio del diritto contro chiunque, proprietario o terzo, ne contesti l’esercizio. L’azione azione mira anche ad ottenere la cessazione degli eventuali impedimenti e turbative, e, se necessario, alla riduzione in pristino oltre al risarcimento dei danni (art. 1079 c.c.).
azione di accertamento della proprietà: è l’azione basata sui principi generali del diritto processuale, con la quale il proprietario di un bene, senza domandarne la restituzione, poiche´ ne è in possesso, chiede l’accertamento del suo diritto da parte dell’autorità giudiziaria, per eliminare una situazione di incertezza in ordine all’esistenza del diritto stesso.
azione di annullabilità: v. annullabilità , azione di azione.
azione di apposizione di termini: v. apposizione di termini, azione di azione.
azione di arricchimento: v. arricchimento senza causa.
azione di cognizione: è il potere di ottenere un provvedimento di merito contenente un comando o una volizione che si sostituiscano a quelli della legge sostanziale rimasti inosservati. Con l’azione di accertamento e dedotta in giudizio una situazione giuridica assoluta (es. art. 949 c.c.), presupponendo la violazione del divieto di infondata contestazione del patrimonio altrui (inquadrabile come diritto della personalità ). Con l’azione di condanna si deduce un rapporto giuridico relativo, presupponendo l’inadempimento dell’obbligo e l’insoddisfazione del credito. Con l’azione costitutiva si deduce in giudizio un diritto alla modificazione giuridica, presupponendone la violazione (es. art. 2932 c.c.).
azione di concorrenza sleale: indica nel loro complesso le azioni contro gli atti di concorrenza sleale: mirano, complessivamente, ad inibire atti di concorrenza sleale e ad eliminarne le conseguenze (art. 2599 c.c.). Esse sono l’azione di inibizione (v.) e l’azione di rimozione (v.). Se gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo o colpa, l’autore è tenuto al risarcimento dei danni (art. 2600 c.c.). L’azione azione ha come presupposto la semplice prova dei soli atti di concorrenza sleale, essendo la colpa presunta (art. 2600). Non occorre neppure la prova del danno che l’atto di concorrenza sleale abbia cagionato, essendo sufficiente la mera idoneità dell’atto a cagionare danno. L’attore può anche chiedere, come mezzo per la riparazione del danno subito (art. 120 c.p.c.), che la sentenza sia pubblicata (art. 2600, comma 3o, c.c.). Può altresì essere esercitata in caso di contraffazione del marchio. Il termine per l’esercizio dell’azione è quello ordinario. V. atti di concorrenza sleale.
azione di contestazione della legittimità: è l’azione con la quale chi dall’atto di nascita risulta genitore, o chiunque vi abbia interesse, mira a contestare lo status di figlio legittimo di un soggetto sotto un profilo diverso da quello dell’assenza di paternità : si esercita, in particolare, per contestare la maternità , con la prova che c’era stata supposizione di parto (la presunta madre, al tempo della nascita, non aveva partorito), o sostituzione di neonato (la presunta madre aveva partorito, ma un altro neonato), per contestare la mancanza di un valido matrimonio dei genitori, nei limitati casi (bigamia, incesto) nei quali la nullità del matrimonio priva i figli dello stato di legittimità (art. 248 c.c.).
azione di contraffazione: è l’azione spettante al titolare del brevetto (v.) ed al licenziatario contro chi sfrutti abusivamente l’invenzione (v.): mira ad ottenere una sentenza che inibisca l’ulteriore sfruttamento abusivo, nonche´ la rimozione o la distruzione dei mezzi usati per la contraffazione (v.) e dei prodotti contraffatti. Unitamente all’azione azione spetta ai predetti soggetti anche l’azione di risarcimento danni (v.) che il giudice può determinare anche in rapporto ad altre eventuali contraffazioni future (art. 74 r.d. n. 1127 del 1939). Il termine per l’esercizio di detta azione è quello ordinario. V. azione di risarcimento dei danni; brevetto; contraffazione; invenzione.
azione di disconoscimento della paternità: è l’azione con la quale il marito della madre, la madre o, diventato maggiorenne, il figlio o, se il figlio è minorenne, un curatore speciale nominato dal tribunale su istanza del figlio che abbia compiuto sedici anni (su istanza del p.m. se il figlio è di età inferiore), tendono a vincere la presunzione di concepimento, durante il matrimonio, del figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 232, comma 1o, c.c.). Chi esercita l’azione azione deve dimostrare che, nel periodo intercorrente fra i trecento e i centottanta giorni prima della nascita: 1) i coniugi non hanno coabitato; 2) il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare; 3) la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio (art. 235, comma 1o, c.c.). In quest’ultimo ordine di casi, data la prova dell’adulterio o dell’occultamento, occorre fornire prove ulteriori (superflue, invece, nei primi due ordini di casi): o che il figlio presenta caratteristiche genetiche o ematologiche incompatibili con quelle del presunto padre o che esistono altri fatti idonei ad escludere la paternità. In nessun caso basta la sola dichiarazione della madre (art. 235, comma 2o, c.c.), anche se questa può essere valutata come elemento di prova, in concorso con altre risultanze. Con il termine di azione azione si fa anche riferimento all’azione con la quale uno dei coniugi, o il figlio stesso, mirano a conseguire il disconoscimento della paternità nel caso di figlio nato durante il matrimonio, ma prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla sua celebrazione (art. 233 c.c.). Tale azione non è soggetta ai rigorosi limiti previsti dall’art. 235 c.c..
azione di inibizione: è un’azione spettante all’imprenditore nei confronti del concorrente sleale e rientrante nel novero delle azioni di concorrenza sleale (v.). Ev finalizzata ad impedire la continuazione, nel futuro, di atti di concorrenza sleale.
azione di manutenzione: è un’azione a tutela del possesso (v.). Spetta, in via di principio, solo al possessore, e non al detentore, e riguarda solo i beni immobili (v.) e le universalità di mobili (v.) (art. 1170, comma 1o, c.c.). Presupposto per l’esperimento di tale azione è che il possesso di chi la esercita duri da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non sia stato acquistato in modo violento o clandestino o, in tale caso, sia trascorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata (art. 1170, comma 2o, c.c.). L’azione azione ha un duplice campo di applicazione: spetta al possessore che è stato molestato nel possesso di un bene, e mira ad ottenere, purche´ sia esercitata entro un anno dalla turbativa, una pronuncia che inibisca il comportamento in cui si concretano le molestie (art. 1170, comma 1o, c.c.); spetta inoltre al possessore che ha subito uno spoglio (= privazione del possesso contro la volontà del precedente possessore) non violento o clandestino (cosiddetto spoglio semplice) (art. 1170, comma 3o, c.c.). In via eccezionale l’azione azione è concessa anche al detentore, ma solo nel caso di molestie rivolte al locatario che può agire per ottenere tutela contro le molestie di terzi che non pretendono di avere diritti (art. 1585, comma 2o, c.c.). L’azione azione è accordata anche, nei rapporti tra privati, ai soggetti che detengono beni pubblici, se la detenzione consiste nell’esercizio di facoltà, le quali possono formare oggetto di concessione da parte della P.A. (art. 1145, comma 3o, c.c.).
azione di nunciazione: con tale termine sono denominate due azioni inibitorie a tutela dei diritti reali (v.) o del loro possesso (v.) previste dagli artt. 1171 e 1172 c.c.: la denuncia di nuova opera e la denuncia di danno temuto. La caratteristica di tali azioni consiste nel loro carattere di azioni inibitorie: ciò significa che sono esperibili in via preventiva, prima che si sia verificata una lesione attuale del diritto o del possesso del diritto che legittimerebbe l’esperimento di un’azione petitoria o possessoria. Ev ben vero che un’azione petitoria potrebbe essere già idonea ad impedire, in via preventiva, violazioni del diritto, ma, se si tratta di azione di accertamento (v.) del diritto, sarà necessario provare l’esistenza e la titolarità del diritto che sta per essere violato; se si tratta di azione negatoria (v.), bisogna provare l’inesistenza del diritto di colui che sta per arrecare pregiudizio. Sono invece esperibili immediatamente, perche´ hanno il carattere di azioni cautelari. Con la denuncia di nuova opera il proprietario, il titolare di un altro diritto reale di godimento o il possessore, denuncia all’autorità giudiziaria una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come sull’altrui fondo dalla quale si ha motivo di temere che possa derivare un danno alla cosa di cui si è rispettivamente proprietari, titolari di altro diritto reale o possessori. La denuncia è possibile purche´ l’opera non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio (art. 1171, comma 1o, c.c.). In tale caso l’autorità giudiziaria, dopo aver preso sommaria cognizione del fatto, può alternativamente, a seconda del caso di specie: 1) vietare la continuazione dell’opera, ordinando le opportune cautele per il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell’opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento risultino infondate nella decisione del merito; 2) consentire la continuazione dell’opera, ordinando le opportune cautele per la demolizione o riduzione dell’opera e per il risarcimento del danno che possa soffrirne il denunciante, se nel giudizio di merito, nonostante la permessa continuazione, quest’ultimo veda riconosciuta come fondata la propria istanza (art. 1171, comma 2o, c.c.). Con la denuncia di danno temuto, il proprietario, il titolare di un altro diritto reale di godimento o il possessore denuncia all’autorità giudiziaria un danno grave ed imminente che si teme possa derivare alla cosa di cui si è rispettivamente proprietari, titolari di altro diritto di godimento o possessori, dall’edificio, dall’albero o da altra cosa altrui (art. 1172, comma 1o, c.c.). In tal caso l’autorità giudiziaria, dopo una sommaria cognizione del fatto, prenderà gli opportuni provvedimenti per ovviare al pericolo e, secondo le circostanze, disporrà idonea garanzia per i danni eventuali (art. 1172, comma 2o, c.c.). Entrambe danno luogo ad un giudizio (v.) che si svolge in due fasi: in una prima fase l’autorità giudiziaria, dopo una sommaria cognizione del fatto, emette i sopra menzionati provvedimenti provvisori ed urgenti, aventi natura cautelare, diretti ad impedire che si perfezioni la fonte di pericolo o a rimuovere il pericolo stesso; in una seconda fase, di merito, si svolgerà un giudizio petitorio o possessorio a seconda che l’attore si sia qualificato come proprietario o titolare di altro diritto reale oppure come possessore.
azione di reclamo della legittimità: è l’azione con la quale il figlio mira ad ottenere l’accertamento dello stato di figlio legittimo, non risultante dagli atti dello stato civile (art. 249 c.c.). L’azione azione si basa sulla prova della maternità , mentre la paternità e la legittimità discendono dalle presunzioni di legge. L’azione azione può essere esercitata anche dai discendenti del figlio, se questi non l’ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver raggiunto la maggiore età (art. 249, comma 1o, c.c.). L’azione azione è imprescrittibile riguardo al figlio (art. 249, comma 2o, c.c.).
azione di regolamento di confini: è l’azione con la quale ciascuno dei proprietari di due fondi confinanti, quando è incerto il confine che separa i due fondi, chiede all’autorità giudiziaria di stabilirlo (art. 950, comma 1o, c.c.). Ev ammesso ogni mezzo di prova (v.) (art. 950, comma 2o, c.c.). In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali (art. 950, comma 3o, c.c.). L’azione azione si differenzia dall’azione petitoria (v.) e da quella di mero accertamento della proprietà (v. azione di accertamento della proprietà ) perche´ , mentre in questi ultimi casi l’attore adduce, a sostegno delle sue pretese sulla fascia di terreno controversa, un titolo di proprietà diverso da quello sul quale fonda la sua restante proprietà , nel caso dell’azione azione adduce a sostegno delle sue pretese lo stesso titolo, sul quale si fonda la sua restante proprietà . La qualificazione è particolarmente rilevante: chi agisce in rivendicazione (o in azione di mero accertamento della proprietà) è sottoposto al principio dell’onere della prova (v. onere, azione della prova) e, se egli non riesce a provare la proprietà , il giudice si limiterà ad emettere una sentenza con la quale respinge la sua azione. Nel caso di azione azione, invece, l’onere della prova incombe su entrambe le parti: se nessuna delle due lo assolve, il confine è determinato dal giudice sulla base delle risultanze catastali (art. 950, comma 3o, c.c.).
azione di regresso: è l’azione con la quale il debitore solidale (v. obbligazioni, azione solidali), che ha pagato anche il debito degli altri condebitori, agisce nei loro confronti per ottenere la restituzione della parte del debito che ha pagato in loro vece (art. 1299 c.c.); l’azione con la quale il terzo acquirente di un immobile ipotecato (v. ipoteca), che ha pagato i creditori iscritti, ovvero ha rilasciato l’immobile o sofferto l’espropriazione, si rivolge al debitore per essere indennizzato di quanto ha pagato (art. 2866, comma 1o, c.c.); l’azione con la quale il fideiussore (v. fideiussione) che ha pagato il debito garantito ripete dal debitore principale quanto è stato costretto a pagare a titolo di garanzia del suo debito (art. 1950 c.c.); il fideiussore non ha regresso contro il debitore principale se, per avere omesso di denunciargli il pagamento fatto, il debitore ha pagato ugualmente il debito (art. 1952, comma 1o, c.c.).
azione di reintegrazione: l’azione azione o di spoglio è un’azione a tutela del possesso (v.) e della detenzione (v.). Spetta al possessore che sia stato violentemente od occultamente spogliato del possesso di una cosa mobile o immobile (art. 1168, comma 1o, c.c.): violentemente, a rigore, dovrebbe significare con l’uso della forza o con minacce; occultamente di nascosto, clandestinamente; spogliato del possesso dovrebbe equivalere a spossessato, privato del corpus possessionis. Tuttavia la giurisprudenza intende in senso molto lato i concetti di violenza, di clandestinità , di spoglio, finendo con il porre su basi diverse da quelle legislativamente fissate in termini di distinzione fra l’azione azione e quella di manutenzione, ed allargando notevolmente il campo di applicazione della prima. Infatti i giudici hanno: a) interpretato in modo lato il concetto di violenza o clandestinità di cui all’art. 1168, comma 1o, c.c.: per essi spoglio violento equivale a spoglio effettuato contro la volontà, espressa o anche solo presunta, del possessore; spoglio clandestino è lo spoglio effettuato all’insaputa del possessore. Se si considera che non può esserci spoglio, neppure semplice, se della cosa altrui posseduta ci si impossessa con il consenso del possessore, si comprende come questa lata interpretazione dell’art. 1168, comma 1o, c.c., abbia portato lo spoglio violento o clandestino a coincidere con lo spoglio semplice; b) interpretato in modo lato il concetto stesso di spoglio, portandolo a ricomprendere situazioni qualificabili, a rigore, solo come molestie: lo spoglio, per la giurisprudenza, è la privazione totale o parziale del possesso, non richiedendosi altresì che il possessore si impossessi della cosa. La distinzione fra spoglio e molestia è , in prima analisi, così formulata: il primo incide direttamente sulla cosa; la seconda incide sul suo godimento; si sono introdotti però vari distinguo: ad esempio, la restrizione delle facoltà di godimento è spoglio, l’innovazione nelle facoltà di godimento è molestia; ma talvolta si sono fatti coincidere i due concetti qualificando l’innovazione come spoglio. In alcune pronunce, ma solo in alcune, la distinzione risulta posta su queste basi: la lesione duratura al possesso altrui è spoglio, quella temporanea è molestia. Un elemento psicologico dello spoglio (animus possidendi) e delle molestie (animus turbandi) è solo nominalmente richiesto dalla giurisprudenza, che lo risolve nella volontarietà del contegno dell’autore (a sua volta considerata insita nel fatto materiale dello spoglio o delle molestie) indipendentemente dal dolo o dalla colpa di questo, come anche dalla convinzione di agire secondo il diritto. La lesione del possesso altrui non consiste necessariamente in un comportamento positivo. Il possesso mediato può essere leso dalla mancata restituzione della cosa da parte del detentore, quando la mancata restituzione assuma il carattere di una interversio possessionis. Un tale carattere si ravvisa nella mancata restituzione da parte del detentore per ragioni di servizio di ospitalità o di tolleranza, tenuto a restituire la cosa a semplice richiesta del possessore: la mancata ottemperanza alla richiesta denota l’insorgere dell’animus possidendi; legittima il possessore all’azione di spoglio. Diversa soluzione vale per il caso in cui l’inottemperanza alla richiesta di restituzione provenga da chi detiene nel proprio interesse: non c’è spoglio nell’atteggiamento del conduttore che rifiuti di restituire la cosa al locatore o dell’appaltatore che si rifiuti di consegnarla al committente. L’azione azione spetta, inoltre al detentore che non detenga per ragioni di servizio o di ospitalità (art. 1168, comma 2o, c.c.). L’azione azione può essere esercitata entro un anno dallo spoglio o, se questo è stato clandestino, dalla sua scoperta (art. 1168, comma 3o, c.c.); e consente al possessore spogliato di ottenere, sulla semplice notorietà del fatto in se´ dello spoglio (art. 1168, comma 4o, c.c.), la reintegrazione del possesso, ossia l’ordine rivolto dal giudice all’autore dello spoglio, o a chi ha da questo acquistato la cosa, con la consapevolezza dell’avvenuto spoglio (art. 1169 c.c.), di restituire la cosa al possessore. Trascorso l’anno, il possesso si consolida nelle mani dell’autore dello spoglio e la restituzione della cosa potrà essere ottenuta, con l’azione di rivendicazione, solo da chi si dimostri proprietario.
azione di restituzione nel fallimento: è il termine che designa, in generale, le azioni spettanti a coloro che vantano, su cose mobili in possesso del fallito, diritti reali o di obbligazione in forza dei quali ottenerne le restituzione. Si tratta, ad esempio, delle cose di cui il fallito pretendeva arbitrariamente di essere proprietario o di cose che il fallito aveva ricevuto in prestito o in locazione e che, pertanto, non possono essere ricomprese nel suo patrimonio, e rivolte al soddisfacimento dei creditori (art. 16 n. 4 l. fall.). L’azione azione deve essere esercitata nel termine perentorio di trenta giorni dall’affissione della sentenza dichiarativa di fallimento.
azione di riduzione: v. successione, azione necessaria.
azione di rilievo: è l’azione con la quale il fideiussore (v. fideiussione), prima di aver pagato, agisce contro il debitore perche´ questi gli procuri la liberazione o, in mancanza, presti le garanzie necessarie per assicurargli il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso. L’azione azione è esperibile nei seguenti casi: 1) quando il fideiussore è convenuto in giudizio per il pagamento; 2) quando il debitore è divenuto insolvente; 3) quando il debitore si è obbligato a liberare il fideiussore entro un tempo determinato; 4) quando il debito è divenuto esigibile per la scadenza del termine; 5) quando sono decorsi cinque anni, e l’obbligazione principale non ha un termine, purche´ essa non sia di tal natura da non potersi estinguere prima di un tempo determinato (art. 1953 c.c.).
azione di rimozione: è l’azione spettante al titolare del diritto di marchio nei confronti del contraffattore, al fine di ottenere la distruzione delle prove o delle figure con le quali la contraffazione è stata commessa e, se necessario per sopprimere il marchio contraffatto, degli stessi prodotti sui quali è apposto (art 66 r.d. n. 1127 del 1939). L’azione azione si accompagna necessariamente ad un’azione inibitoria (v.), diretta ad impedire la continuazione, da parte dei contraffattori, dell’uso del marchio. Il diritto si prescrive in dieci anni dal compimento del fatto.
azione di ripetizione: v. pagamento di indebito.
azione di risarcimento dei danni: v. responsabilità , azione contrattuale; responsabilità, azione extracontrattuale.
azione di risoluzione per inadempimento: v. risoluzione del contratto, azione per inadempimento; vendita, risoluzione del contratto di azione.
azione di rivendicazione: è l’azione a tutela della proprietà , con la quale il proprietario di una cosa della quale altri abbia il possesso (v.) o la detenzione (v.), chiede all’autorità giudiziaria l’accertamento del suo diritto di proprietà e la condanna del possessore o detentore alla restituzione della cosa (art. 948, comma 1o, c.c.). L’azione azione spetta anche al creditore pignoratizio (v. pegno) che ha perduto il possesso della cosa ricevuta in pegno (art. 2789 c.c.). L’azione azione può essere esercitata non solo nei confronti dell’originario usurpatore, ma anche nei confronti di chiunque sia subentrato all’usurpatore nel possesso della cosa. Se nel corso del giudizio il convenuto ha, per fatto proprio, perduto il possesso (ad esempio, ha ceduto la cosa ad un terzo), l’attore può proseguire l’azione azione nei confronti del possessore originario per ottenerne la condanna a recuperare, a sue spese, il possesso della cosa o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre al risarcimento del danno (art. 948, comma 1o, c.c.). Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa (art. 948, comma 2o, c.c.). L’azione azione non si prescrive, salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione (v.) (art. 948, comma 3o, c.c.). V. anche petizione di eredità; azione confessoria; azione di accertamento della proprietà .
azione di rivendicazione e accertamento della proprietà: può accadere che il convenuto in rivendicazione (v. azione di rivendicazione), anziche´ contrastare la pretesa dell’attore, vi aderisca, dispensando a questo modo l’attore dall’onere di provare (v. onere, azione della prova) il suo diritto. Non potrà il giudizio concludersi, in tal caso, con una sentenza di accertamento della proprietà dell’attore? La risposta deve essere negativa, e non solo per sventare l’abuso, tutt’altro che raro, di chi instauri ad arte una lite contro un compiacente convenuto per ottenere una sentenza che gli valga come titolo di proprietà . C’è una ragione di fondo, la quale risiede nel fatto che il riconoscimento del diritto reale altrui (cosiddetta pronuntiatio contra se), a differenza del riconoscimento del diritto di credito altrui (v. promessa, azione di pagamento e ricognizione di debito) (art. 1988 c.c.), è improduttivo di effetti giuridici. L’epilogo processuale di un simile giudizio altro non potrà essere se non una sentenza che, senza alcuna declaratoria sul diritto di proprietà , dichiari estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere. Si è discusso sull’ammissibilità di un’azione di rivendicazione quale azione di mero accertamento della proprietà , ossia non accompagnata dalla domanda di restituzione e diretta esclusivamente ad eliminare l’incertezza circa le situazioni proprietarie di un bene. Si è discusso, in particolare, se in una simile azione sia presente l’estremo dell’interesse ad agire (v. interesse, azione ad agire) richiesto dall’art. 100 c.p.c.; ma è da ritenere che la prova di un’obiettiva incertezza possa integrare tale estremo processuale.
azione di rivendicazione nel fallimento: è l’azione che spetta al terzo che vanti, su cose mobili in possesso del fallito, il diritto di proprietà e perciò rivendichi la restituzione della cosa (art. 103 l. fall.). Tale azione prescinde dall’esistenza di un qualsiasi rapporto obbligatorio tra fallito e terzo e presuppone lo spossessamento contro o senza la volontà del proprietario: essa ha tutte le caratteristiche dell’azione di rivendicazione ordinaria (v. azione di rivendicazione) (art. 948 c.c.). Essa rientra nel novero delle azioni di restituzione nel fallimento (v. azione di restituzione nel fallimento).
azione di simulazione del contratto: v. simulazione del contratto.
azione di spoglio: v. azione di reintegrazione.
azione di usurpazione: v. nome, diritto al azione.
azione edilizia: con il termine di azioni edilizie si designano l’azione redibitoria (v.) e l’azione estimatoria (v.).
azione esecutiva: v. esecuzione forzata.
azione estimatoria: l’azione azione, detta anche azione quanti minoris è l’azione con la quale il compratore di una cosa affetta da vizi domanda la riduzione del prezzo, e, se lo ha già pagato, il suo parziale rimborso ex art. 1492, comma 1o, c.c. (v. garanzia, azione per vizi occulti nella vendita).
azione in giudizio: intesa in senso astratto l’azione azione è il potere di ottenere un provvedimento giudiziale qualsiasi (anche se meramente processuale); intesa in senso sostanziale è il potere di ottenere un provvedimento giudiziale di merito favorevole. Ma essendo l’intero fenomeno processuale rivolto a rendere giustizia, tramite l’emanazione di provvedimenti di merito (di accoglimento o di rigetto), appare preferibile configurare l’azione come potere di ottenere provvedimenti di merito favorevoli o sfavorevoli.
azione inibitoria: è l’azione spettante al titolare del diritto di marchio (v.) nei confronti dei contraffattori e mira ad impedire la continuazione da parte di essi, dell’uso del marchio. Viene solitamente esercitata unitamente all’azione di rimozione (v. azione di rimozione). L’azione azione si prescrive in dieci anni. V. azione di rimozione, marchio.
azione negatoria: è l’azione con la quale il proprietario od il titolare di altro diritto reale esercita contro chi afferma l’esistenza di diritti sulla sua cosa o sulla cosa oggetto del suo diritto reale, quando ha motivo di temerne pregiudizio (come, ad esempio, il timore che altri usucapisca il diritto sulla cosa) (art. 949, comma 1o, c.c.). L’azione azione mira ad ottenere l’accertamento, da parte dell’autorità giudiziaria, dell’inesistenza del diritto altrui e l’ordine, rivolto a chi ha affermato l’esistenza di tali diritti, di cessare le eventuali turbative o molestie della proprietà (o del diritto reale), ossia i comportamenti, che, dal punto di vista del convenuto, costituiscono esercizio del suo preteso diritto sulla cosa, oltre alla condanna al risarcimento del danno (art. 949, comma 2o, c.c.).
azione pauliana: v. azione revocatoria.
azione personale: è azione azione quella esperibile a tutela di un diritto relativo (v. diritti, azione relativi).
azione petitoria: termine con il quale si designano le azioni a difesa della proprietà o di altri diritti reali (v. azione confessoria; azione di accertamento della proprietà ; azione di apposizione di termini; azione di regolamento di confini; azione di rivendicazione; azione negatoria).
azione possessoria: termine con il quale si designano le azioni a difesa del possesso (v.) (v. azione di manutenzione; azione di reintegrazione).
azione quanti minoris: v. azione estimatoria.
azione reale: è azione azione quella esperibile a tutela di un diritto reale (v.) o di altro diritto assoluto (v. diritti, azione assoluti): l’azione azione può essere esercitata nei confronti di chiunque.
azione redibitoria: è l’azione con la quale il compratore di una cosa affetta da vizi domanda la risoluzione del contratto (v.) e il rimborso del prezzo ex art. 1492, comma 1o, c.c.) (v. garanzia, azione per vizi occulti nella vendita).
azione revocatoria (o pauliana): l’intero patrimonio del debitore forma, a norma dell’art. 2740 c.c., la garanzia patrimoniale dei suoi creditori. A costoro il c.c. offre con l’azione azione (detta anche pauliana) uno strumento di reintegrazione di questa garanzia: se il debitore compie atti di disposizione del suo patrimonio, a titolo gratuito o a titolo oneroso, che rechino pregiudizio alle ragioni del creditore, questi può chiedere al giudice che l’atto di disposizione a lui pregiudizievole sia dichiarato inefficace nei suoi confronti (art. 2901 c.c.) o, secondo il linguaggio tradizionale, sia revocato. La conseguenza è che, ottenuta la dichiarazione di inefficacia dell’atto, che è inefficacia relativa, operante solo a favore di chi ha agito per ottenerla, il creditore potrà soddisfarsi sul bene che ne ha formato oggetto, come se non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore (art. 2902 c.c.). Va qui ricordato che l’azione azione è mezzo di conservazione preordinato alla sola esecuzione forzata in forma generica, non è esperibile a tutela preventiva della esecuzione in forma specifica (v. esecuzione forzata, azione in forma generica; esecuzione forzata, azione in forma specifica). Fra gli atti di disposizione suscettibili di revoca rientrano le alienazioni di beni o la costituzione su di essi di diritti reali, gli atti con i quali si assumono obbligazioni, se eccedenti l’ordinaria amministrazione; è compreso il pagamento di debiti non scaduti; non invece quello di debiti già scaduti (art. 2901, comma 3o, c.c.), essendo un atto dovuto e non, quindi, un atto di disposizione del patrimonio del debitore, nonche´ altri atti, diversi dal pagamento, ai quali debba riconoscersi carattere strumentale rispetto al pagamento, come il mutuo ipotecario contratto per pagare i creditori o la vendita dei propri beni effettuata allo stesso fine. L’azione azione è di difficile esperimento. Il creditore che la esercita deve provare: 1) il fatto oggettivo del pregiudizio che l’atto di disposizione del debitore ha arrecato alla sue ragioni (cosiddetto eventus damni), ossia l’impossibilità o la maggiore difficoltà per lui di soddisfarsi sul restante patrimonio del debitore. Ad esempio: se chi ha debiti per quattrocento milioni ha un patrimonio del valore di un miliardo, non c’è pregiudizio per il creditore se egli dona o vende la metà dei suoi beni; c’è , invece, pregiudizio se egli dona o vende la totalità o i due terzi dei suoi beni, e c’è pregiudizio anche se, vendendo, riceve il controvalore in danaro, essendo questo agevolmente occultabile e, perciò , assai meno facilmente aggredibile da parte dei creditori; 2) il fatto soggettivo della conoscenza di questo pregiudizio (cosiddetta scientia fraudis) da parte del debitore e, se l’atto di disposizione è a titolo oneroso, anche da parte del terzo acquirente; ossia deve provare che questi sapeva che, acquistando dal suo dante causa, pregiudicava la garanzia patrimoniale dei creditori di questo (sapeva che il suo dante causa aveva debiti e sapeva della insufficienza del restante patrimonio del suo dante causa a soddisfarli); 3) se poi l’atto di disposizione del quale chiede la revoca è anteriore al sorgere del credito, l’ulteriore fatto soggettivo della dolosa preordinazione dell’atto (cosiddetto consilium fraudis) da parte del debitore e, se l’atto è a titolo oneroso, anche da parte del terzo acquirente. Ad esempio: A vende un suo bene a B e, subito dopo, chiede un prestito a C, che glielo concede convinto che quel bene sia ancora di A. Orbene, C, per ottenere la revoca della precedente vendita, deve provare che A aveva venduto a B con la precisa intenzione di frodarlo e che questa sua intenzione era nota a B. Le prestazioni di garanzia (pegno, ipoteca, fideiussione), se contestuali al sorgere del credito da esse assistito, si considerano atti a titolo oneroso (art. 2901, comma 2o, c.c.); se non contestuali, a titolo gratuito, non avendo rappresentato una condizione per la concessione del credito. L’azione azione si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto (art. 2903 c.c.). Tutto si semplifica se il debitore è un imprenditore commerciale insolvente, dichiarato fallito: si potrà esperire, allora, l’azione fallimentare (v. fallimento).
azione revocatoria fallimentare: è l’azione che spetta al curatore fallimentare nell’interesse della massa dei creditori del fallito al fine di reintegrare il patrimonio di questo, recuperando i beni che ne sono usciti prima della dichiarazione di fallimento e ristabilendo la par condicio tra tutti i creditori. Oggetto dell’azione azione sono gli atti pregiudizievoli alla massa dei creditori: tale pregiudizio è implicito nel fatto stesso dell’atto di disposizione o, più in generale, dell’esborso eseguito a vantaggio dei singoli da un debitore in stato di insolvenza, ossia non in grado di soddisfare integralmente i suoi creditori. La revocazione degli atti intercorsi tra il debitore insolvente e i terzi comporta l’obbligo per questi ultimi di consegnare al curatore i beni ricevuti dal fallito e la facoltà di insinuarli al passivo del suo eventuale credito per essere pagato come gli altri creditori, in moneta fallimentare (art. 71 l. fall.). L’azione azione si vale di una serie di presunzioni, alcune assolute, altre relative, le quali sostituiscono l’accertamento giudiziale dei presupposti della revocazione o dispensano il curatore dall’onere di fornire la prova, addossandolo alla controparte. La legge presume che lo stato di insolvenza del debitore risalga a due anni prima del suo accertamento formale con sentenza dichiarativa (c.d. retrodatazione dell’insolvenza). Se il fallimento è stato preceduto da amministrazione controllata o concordato preventivo, o da entrambe le procedure, la retrodatazione opera a due anni prima della data del decreto di ammissione all’amministrazione controllata o al concordato preventivo o, se entrambe le procedure sono state veramente esperite prima del fallimento, ai due anni anteriori al decreto di ammissione alla prima procedura. Dal meccanismo delle presunzioni deriva un molteplice ordine di situazioni. Alcuni atti del debitore, compiuti nei due anni anteriori al fallimento, sono revocati di diritto, per il solo fatto della sopraggiunta dichiarazione del suo fallimento, senza necessità di un accertamento giudiziale dei presupposti di revoca. Essi sono: gli atti a titolo gratuito (esclusi solo i regali d’uso, gli atti compiuti in adempimento di doveri morali o a scopo di pubblica utilità , purche´ proporzionati al patrimonio del donante) e i pagamenti dei debiti non scaduti. Qui l’insolvenza del debitore viene considerata, senza possibilità di prova contraria, come nota al terzo da almeno due anni prima del fallimento ed è , quindi, ritenuto superfluo accertare tanto l’oggettivo pregiudizio dell’atto per la massa dei creditori (eventus damni), implicito nel fatto in se´ dell’atto di disposizione gratuito o nel pagamento di debito non scaduto da parte di chi è insolvente, quando il fatto soggettivo della conoscenza del pregiudizio (scientia fraudis) implicito a sua volta nella presunzione assoluta di conoscenza dell’insolvenza. Gli altri atti sono revocabili su iniziativa giudiziale del curatore e, se compiuti nei due anni anteriori al fallimento, in base ad una presunzione relativa di conoscenza dell’insolvenza da parte del terzo, che qui è ammesso a fornire la prova contraria. Essi sono: a) gli atti a titolo oneroso nei quali si riscontri una sproporzione notevole, a danno del fallito, tra le obbligazioni da lui assunte, e quelle della controparte (art. 67 n.1 l. fall.) sproporzione che sorregge la presunzione di conoscenza, da parte di questa, dello stato di insolvenza); b) i pagamenti effettuati con mezzi non normali di pagamento, idonei, anch’essi, a sorreggere la presunzione di conoscenza dell’insolvenza (art 67, n. 2, l. fall.); c) gli atti costitutivi di pegno, ipoteca volontaria non contestuali al sorgere del credito e relativi ai crediti non scaduti (art 67 n. 3 l. fall.). Altri atti sono revocabili sempre su iniziativa giudiziale del curatore, che però è assistito dalla presunzione relativa di conoscenza dell’insolvenza da parte del terzo solo se l’atto è compiuto nell’anno anteriore al fallimento. Queste sono le medesime garanzie reali di cui sopra, ma costituite per debiti scaduti e, inoltre, le ipoteche giudiziali (art. 67 n. 4 l. fall.) che pure sono costituite per atto del creditore e non sono atti di disposizione del debitore. Altri atti, infine, sono revocabili per iniziativa giudiziale del curatore, al quale però incombe, questa volta, l’onere di provare la conoscenza dell’insolvenza da parte del terzo. Questi sono, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, i pagamenti di debiti scaduti, gli atti a titolo oneroso privi delle caratteristiche di cui all’art. 67 nn. 1 e 2 l. fall., nonche´ le prestazioni di garanzia per i debiti contestualmente creati. Ciò che in questi casi si presume, e non richiede accertamento giudiziale, è l’insolvenza nell’anno anteriore al fallimento, con conseguenti presunzioni di pregiudizio per la massa dei creditori e di conoscenza del pregiudizio da parte del debitore. Il creditore, infatti, conoscendo l’insolvenza del debitore, doveva rifiutare il pagamento e chiedere la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha cinque anni per esercitare l’azione azione, che decorrono dal momento in cui l’azione può essere fatta valere, anzi dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento. L’azione azione differisce dall’azione revocatoria ordinaria per le seguenti caratteristiche: a) per alcune serie di atti opera di diritto, senza necessità di alcuna iniziativa giudiziale; b) per altre serie di atti è esercitata dal curatore per conto della massa dei creditori; c) è sempre esercitata a beneficio della massa, non dei singoli creditori; d) sono revocabili anche i pagamenti di debiti scaduti, esenti dall’azione revocatoria ordinaria.
azione surrogatoria: presupposto dell’azione azione o, meglio, della legittimazione surrogatoria all’esercizio dei diritti e delle azioni altrui, è che il debitore trascuri di esercitare i propri diritti e di esercitare le proprie azioni (ad esempio, di esigere i propri crediti, di rivendicare la proprietà di cose proprie), ledendo così la garanzia patrimoniale dei propri creditori (che non troveranno nel patrimonio del debitore, negli esempi fatti, il danaro corrispondente al credito non esatto o la cosa non rivendicata). Ciascun creditore può , allora, surrogarsi, cioè sostituirsi, al debitore e, per assicurare che siano soddisfatte o conservate integre le sue ragioni, esercitare i diritti e le azioni spettanti al debitore. Sono però esclusi i diritti e le azioni di natura non patrimoniale, come i diritti della personalità e le relative azioni o quelli nascenti dai rapporti di famiglia e i diritti e le azioni che, quantunque di natura patrimoniale, non possono essere esercitati se non dal loro titolare (art. 2900, comma 1o, c.c.). Quest’ultima espressione legislativa è da riferire a quei diritti patrimoniali, l’esercizio dei quali è rimesso all’autonomia del suo titolare, come il diritto di recedere dal contratto, il diritto di chiedere lo scioglimento della comunione, la scelta fra azione redibitoria e azione estimatoria nella vendita, e così via. C’è rispetto all’azione revocatoria, questa rilevante differenza: il creditore che agisce in revocatoria agisce solo a proprio vantaggio; gli atti del debitore dichiarati inefficaci sono inefficaci solo nei confronti del creditore che ha agito, mentre restano efficaci rispetto agli altri creditori. Chi agisce in surrogatoria, invece, reintegra il patrimonio del debitore a vantaggio di tutti i creditori: una volta che, per effetto dell’azione azione esercitata da un creditore, il bene è entrato nel patrimonio del debitore, ciascun altro creditore può concorrere su di esso secondo le regole generali. Quando esercita in giudizio le azioni spettanti al debitore, il creditore dovrà citare anche il debitore al quale intende surrogarsi (art. 2900, comma 2o, c.c.), perche´ il giudicato possa produrre effetto nei suoi confronti. In ogni caso, sia che agisca in giudizio oppure stragiudizialmente, il creditore agisce in nome del debitore al quale si sostituisce, analogamente ad un rappresentante (ed il terzo potrà opporgli tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al debitore); ma il creditore che agisca utendo iuribus del debitore, a differenza del rappresentante, agisce nel proprio interesse, e non nell’interesse altrui; e si legittima all’azione azione, anziche´ in forza di procura dell’interessato, sulla dimostrazione degli specifici presupposti dell’azione azione, ossia della propria qualità di creditore del debitore sostituito, dell’inerzia di quest’ultimo e del pregiudizio che questa inerzia arreca alle sue ragioni, che è presupposto imprescindibile perche´ il debitore possa subire l’altrui ingerenza nella propria sfera giuridica.
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