Può accadere che una delle parti non adempia (v. adempimento, risoluzione del contratto dell’obbligazione; inadempimento, risoluzione del contratto dell’obbligazione) la propria prestazione; può , ancora, accadere che la prestazione di una delle parti diventi impossibile per una causa ad essa non imputabile (v. impossibilità sopravvenuta della prestazione); può , infine, accadere che la prestazione di una delle parti diventi eccessivamente onerosa rispetto alla prestazione dell’altra (v. risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta). Appare evidente che in ciascuna di esse si determina una alterazione della causa (v.) del contratto: lo scambio in cui questa consiste non può più compiersi, o non può compiersi alle condizioni economiche prestabilite. Si parla, a questo riguardo, di difetto funzionale della causa, in antitesi con la sua mancanza originaria (v. causa, mancanza di risoluzione del contratto) o con la sua illiceità (v. causa, risoluzione del contratto illecita), che è detta difetto genetico della causa. Questo investe il contratto come atto, e comporta la nullità del contratto (v.); il difetto funzionale, invece, si manifesta in sede di esecuzione del contratto: investe, anziche´ il contratto, il rapporto contrattuale, e comporta la risoluzione del contratto risoluzione del contratto altro non significa se non scioglimento del contratto: le ragioni che la rendono possibile si collocano tra quelle cause ammesse dalla legge per le quali il contratto può sciogliersi senza necessità del mutuo consenso delle parti (art. 1372 c.c.). A differenza della dichiarazione di nullità , dell’annullamento e della dichiarazione di inefficacia originaria, come nel caso della simulazione (v. simulazione del contratto), che sono vicende del contratto, la risoluzione del contratto è una vicenda del rapporto contrattuale, allo stesso modo della condizione risolutiva (v. condizione, risoluzione del contratto risolutiva) e del recesso unilaterale (v. recesso, risoluzione del contratto dal contratto): il contratto, in se´ considerato, è e resta valido, ma il rapporto contrattuale si scioglie. Il difetto funzionale della causa produce conseguenze meno drastiche del suo difetto genetico. La mancanza di causa, rendendo nullo il contratto, può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. La risoluzione del contratto si produce, invece, solo su iniziativa della parte interessata. Inoltre, se si tratta di risoluzione del contratto per inadempimento (v.), il contratto si risolve con effetto retroattivo tra le parti (art. 1458 c.c.), ossia dalla data del contratto (come accade anche per la condizione risolutiva e per il recesso unilaterale). Rispetto ai terzi, invece, l’effetto retroattivo della risoluzione del contratto non si produce, salvi gli effetti della trascrizione (v.) della domanda di risoluzione del contratto (art. 1458, comma 2o, c.c.): chi ha acquistato diritti da una parte del contratto poi risolto non è pregiudicato dalla risoluzione del contratto; ma qui, a differenza di quanto accade nel caso di annullamento del contratto (v. annullabilità ), sono irrilevanti tanto lo stato di buona o di mala fede del terzo quanto il titolo oneroso o gratuito dell’acquisto. La distinzione tra vicende del contratto e vicende del rapporto assume particolare rilievo per i contratti a esecuzione continuata (v. contratti, risoluzione del contratto a esecuzione continuata) o periodica (v. contratti, risoluzione del contratto a esecuzione periodica): in questi l’effetto della risoluzione del contratto non si estende alle prestazioni già eseguite (art. 1458 c.c.), analogamente a quando accade nei casi della condizione risolutiva (art. 1360, comma 2o, c.c.) e del recesso unilaterale (art. 1373, comma 2o, c.c.). Nei contratti plurilaterali vale la solita regola: la risoluzione del contratto rispetto ad una parte non importa scioglimento dell’intero contratto, salvo che la prestazione mancata non debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale (artt. 1459 c.c., 1466 c.c.). La legge prevede tre generali cause di risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive: risoluzione del contratto per inadempimento (v.), risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione (v.), risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta (v.). In rapporto a singoli tipi di contratto, operano figure analoghe alla risoluzione del contratto e destinate a sostituire la risoluzione del contratto, come la revoca o il recesso per giusta causa (v. giusta causa, risoluzione del contratto di recesso dal contratto), come, ad esempio, revoca del mandato (v. mandato, revoca del risoluzione del contratto), revoca degli amministratori di società (v. amministratori, revoca degli risoluzione del contratto da parte dell’assemblea) e, per i contratti plurilaterali (società , consorzio, associazione), l’esclusione dei soci o degli associati per le cause previste dalla legge o dallo statuto (v. associato, esclusione dell’risoluzione del contratto; consorzio; socio, società semplice, scioglimento del rapporto di risoluzione del contratto limitatamente ad un socio). Le tre generali figure di risoluzione del contratto valgono perciò quando la legge non preveda, nella disciplina dei singoli contratti, una diversa più specifica figura. V. anche eccezione, risoluzione del contratto di inadempimento; clausola, risoluzione del contratto penale; caparra.
danno per la risoluzione del contratto: la parte inadempiente è tenuta a risarcire il danno cagionato alla controparte: il danno per l’inadempimento o il danno per il ritardo, se la parte esegue con ritardo la prestazione; il risoluzione del contratto risoluzione del contratto, se a causa del suo inadempimento il contratto è risolto (art. 1453, comma 1o, c.c.). Si intende che il risarcimento del danno per inadempimento o per il ritardo non è legato ai presupposti della risoluzione del contratto: può essere ottenuto anche se l’inadempimento non rivesta il requisito dell’importanza di cui all’art. 1455 c.c. o, in caso di ritardo, anche se il termine non fosse qualificabile come essenziale ai sensi dell’art. 1457 c.c.. L’offerta del debitore di un adempimento tardivo non impedisce al creditore di ottenere la risoluzione del contratto; non è, tuttavia, priva di effetti sul risarcimento del danno, valendo ad impedire la maturazione degli interessi ulteriori e degli ulteriori danni. La parte che chiede il risarcimento del danno ha l’onere di provare di avere subito un danno per l’altrui inadempimento o per il ritardo nell’adempimento e di provare, altresì, l’ammontare del danno subito. V. anche clausola, risoluzione del contratto penale; caparra.
risoluzione del contratto di appalto: v. appalto, risoluzione dell’risoluzione del contratto.
risoluzione del contratto di vendita: v. vendita, risoluzione del contratto di risoluzione del contratto.
risoluzione del contratto giudiziale: se una delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive non adempie la propria obbligazione, l’altra parte ha una scelta (art. 1453, comma 1o, c.c.): a) può agire in giudizio per l’adempimento, chiedendo al giudice di condannare l’inadempiente ad eseguire la prestazione mancata (ed offrendosi di eseguire la propria, se già non l’ha eseguita); b) può agire per la risoluzione del contratto, chiedendo al giudice di sciogliere il contratto. Otterrà , in questo secondo caso, di essere esonerato dall’eseguire la propria prestazione: risolto il contratto, viene meno la fonte della sua obbligazione (v. fonti, risoluzione del contratto delle obbligazioni); o, se l’aveva già eseguita, chiederà al giudice di pronunciare, oltre alla risoluzione del contratto, anche la condanna dell’altra parte alla restituzione della prestazione ricevuta. Se opta per la prima strada, potrà sempre domandare, finche´ non ha ottenuto (in modo spontaneo o coattivo) la controprestazione dovutagli, la risoluzione del contratto; ma, se ha optato per la seconda, non può più chiedere l’adempimento (art. 1453, comma 2o, c.c.), ne´ la controparte può , dalla data della domanda di risoluzione del contratto, adempiere più la propria obbligazione (art. 1453, comma 3o, c.c.). La giurisprudenza ammette però che nel medesimo giudizio possano essere proposte entrambe le domande; e ciò per dare al contraente adempiente la possibilità di ottenere, ove venga rigettata la domanda di risoluzione del contratto, l’adempimento tardivo della prestazione. V. anche risoluzione del contratto per inadempimento.
risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta: la risoluzione del contratto risoluzione del contratto riguarda i contratti la cui esecuzione è destinata a protrarsi nel tempo, siano essi contratti a esecuzione differita (v. contratti, risoluzione del contratto a esecuzione differita) oppure a esecuzione continuata (v. contratti, risoluzione del contratto a esecuzione continuata) o periodica (v. contratti, risoluzione del contratto a esecuzione periodica): può accadere che, nel tempo intercorrente fra il momento della conclusione del contratto e quello della esecuzione di una delle prestazioni, sopraggiungano avvenimenti straordinari e imprevedibili, come un abnorme tasso di inflazione monetaria, per effetto dei quali la prestazione di una delle parti diventi eccessivamente onerosa rispetto al valore della prestazione dell’altra. In questi casi la parte che deve la prestazione diventata eccessivamente onerosa può domandare la risoluzione del contratto risoluzione del contratto giudiziale (art. 1467, comma 1o, c.c.); e l’altra parte, se vuole evitare la risoluzione del contratto, può offrire di modificare equamente le condizioni contrattuali (art. 1467, comma 3o, c.c.): a seconda dei casi, di ridurre l’ammontare della prestazione diventata eccessivamente onerosa oppure di accrescere l’ammontare della propria prestazione. L’onerosità sopravvenuta deve essere eccessiva: deve cioè consistere in un forte squilibrio tra il valore economico delle due prestazioni, che abbia reso il contratto sensibilmente iniquo per una delle parti. Ev il caso di precisare che, per poter risolvere il contratto, occorre che questo non sia ancora stato eseguito quando sopraggiunge l’evento straordinario e imprevedibile (la risoluzione del contratto può essere domandata, per l’art. 1467, comma 1o, c.c., dalla parte che deve, e quindi non ha ancora eseguito, la prestazione diventata eccessivamente onerosa): se l’evento interviene quando il prezzo della vendita è già stato pagato, il venditore subisce le conseguenze dell’inflazione su una somma di danaro che ormai non è più in rapporto con la vendita del bene, avendo il contratto già esaurito la propria funzione. Lo squilibrio fra le prestazioni, determinatosi nel corso dell’esecuzione del contratto, deve dipendere da un evento straordinario e imprevedibile: non sono tali quegli eventi che rientrano negli ordinari limiti di oscillazione dei prezzi di mercato, come un forte rincaro del costo del petrolio dovuto ad un aumento delle tariffe deliberato dalle organizzazioni dei paesi produttori (si sa che, periodicamente, queste aggiornano i prezzi), oppure una inflazione monetaria che, per quanto elevata, appare contenuta nella cosiddetta alea normale del contratto, e non permettono di domandare la risoluzione contrattuale (art. 1467, comma 2o, c.c.): sono, cioè , rischi che ogni contraente sa di assumere al momento della conclusione di un contratto. Chi vuole sottrarsi ad essi deve ottenere l’inserimento nel contratto di una apposita clausola che preveda l’aggiornamento delle condizioni contrattuali con il variare delle condizioni di mercato (il che spesso, nella pratica, viene fatto). Le norme sulla risoluzione del contratto risoluzione del contratto non si applicano ai contratti aleatori o di sorte (art. 1469 c.c.). Sono i contratti nei quali un contraente si obbliga ad una prestazione, ma è incerto, al momento della conclusione del contratto, se gli sarà dovuta la controprestazione; accetta, perciò , il rischio di dover eseguire la propria prestazione senza ricevere nulla in cambio. Il contratto può essere aleatorio per sua natura, come il contratto di assicurazione (v.) (art. 1882 c.c.), o per volontà delle parti, come può essere la vendita di cosa futura (v. vendita, risoluzione del contratto di cosa futura) (art. 1472, comma 2o, c.c.). Nell’assicurazione una parte, l’assicurato, si obbliga a pagare somme periodiche all’assicuratore, dette premi; ma l’assicuratore gli dovrà la controprestazione, ossia l’indennizzo, solo se si verificherà l’evento coperto dall’assicurazione, ossia il sinistro. La vendita di cosa futura può essere voluta dalle parti come vendita commutativa o emptio rei speratae (v. vendita, risoluzione del contratto di cose future) oppure come vendita aleatoria o emptio spei (v. vendita, risoluzione del contratto della speranza): il compratore, nel secondo caso, si obbliga a pagare il prezzo anche nell’eventualità che la cosa non venga ad esistenza. I contratti aleatori sono contratti a prestazioni corrispettive, e ad essi si applicano le norme sulla risoluzione per inadempimento e per impossibilità sopravvenuta della prestazione; si distinguono, tuttavia, dai contratti commutativi (v. contratti, risoluzione del contratto commutativi) e, a differenza di questi, non sono sottoposti alle norme sulla risoluzione del contratto risoluzione del contratto, ne´ a quelle sulla rescissione per lesione (v. rescissione, risoluzione del contratto del contratto).
risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione: l’impossibilità sopravvenuta della prestazione (v.) per causa non imputabile al debitore comporta l’estinzione dell’obbligazione. Qui si deve considerare l’ipotesi che l’obbligazione estinta derivasse da un contratto a prestazioni corrispettive: l’impossibilità sopravvenuta di una prestazione rende, in tal caso, priva di ogni giustificazione la controprestazione. Essa comporta, perciò , la risoluzione del contratto, dal quale l’obbligazione estinta derivava, e comporta, quindi, anche l’estinzione della obbligazione dell’altra parte. Ne consegue che la parte liberata dall’obbligazione per la sopravvenuta impossibilità della propria prestazione non può chiedere la controprestazione e, se l’ha già ricevuta, deve restituirla (art. 1463 c.c.). La risoluzione del contratto opera qui di diritto: la controparte non ha bisogno, per rifiutare la propria prestazione, di promuovere un giudizio che accerti preliminarmente la legittimità del rifiuto; lo dovrà promuovere, naturalmente, se aveva già eseguito la sua prestazione e l’altra parte si rifiuti di restituirla. Ma, anche in questo caso, non chiederà al giudice la risoluzione del contratto, che è già risolto di diritto, bensì solo la restituzione di una prestazione ad essa non dovuta (v. indebito, risoluzione del contratto oggettivo). L’impossibilità sopravvenuta della prestazione può essere solo parziale: il contratto, in tal caso, non si risolve, ma l’altra parte ha diritto ad una corrispondente riduzione della controprestazione dovuta; e potrà recedere dal contratto, si tratta di un’ipotesi di recesso per giusta causa (v. recesso, risoluzione del contratto per giusta causa), se non abbia interesse ad una esecuzione solo parziale della prestazione (art. 1464 c.c.). Norma corrispondente non è invece concepibile in caso di inadempimento. La disciplina della sopravvenuta impossibilità di una delle prestazioni fa emergere un altro carattere che è , di regola, presente nei contratti a prestazioni corrispettive: non c’è solo un rapporto di corrispettività fra le prestazioni; c’è anche un più specifico rapporto di corrispettività fra il valore economico dell’una e quello dell’altra. Se, per la sopraggiunta impossibilità parziale della sua prestazione, una parte esegue a favore dell’altra una prestazione minore di quella originariamente pattuita (e, quindi, di minore valore economico), perde correlativamente la propria giustificazione l’ammontare del corrispettivo pattuito, il quale si ridurrà in misura corrispondente al minor valore economico della prestazione eseguita. Alle norme generali ora considerate vanno aggiunte quelle relative a singoli contratti, come la riduzione del prezzo della vendita, se la cosa venduta presenti vizi che ne diminuiscano notevolmente il valore (art. 1492 c.c.) (v. azione, risoluzione del contratto estimatoria); come la riduzione del prezzo o, all’opposto, il suo aumento nei casi considerati dagli artt. 1537 e 1538 c.c. in rapporto alla vendita a misura (v. vendita, risoluzione del contratto a misura) e a corpo (v. vendita, risoluzione del contratto a corpo); come la revisione del corrispettivo nell’appalto (art. 1664 c.c.) (v. appaltatore, rischio dell’risoluzione del contratto). Si parla, per descrivere questo specifico rapporto di equivalenza economica fra le prestazioni, di contratti commutativi: sono tali quei contratti a prestazioni corrispettive che hanno la funzione di attuare uno scambio fra prestazioni economicamente equivalenti; onde le vicende, successive alla formazione del contratto, che modificano il valore di una prestazione e provocano uno squilibrio economico fra le prestazioni, influiscono sulla misura della controprestazione o, addirittura, sulla sorte del contratto.
risoluzione del contratto per inadempimento: l’inadempimento (v. inadempimento, risoluzione del contratto dell’obbligazione) di una parte, che permette la risoluzione del contratto, deve presentare anzitutto i requisiti inerenti al comune concetto di inadempimento: è la mancata o la inesatta esecuzione della prestazione dovuta. Anche la risoluzione del contratto risoluzione del contratto, al pari della responsabilità del debitore (art. 1218 c.c.), è esclusa quando la parte inadempiente provi che la prestazione è diventata impossibile per causa ad essa non imputabile. Con una tale prova essa consegue la propria liberazione, a norma dell’art. 1256 c.c. (v. impossibilità sopravvenuta della prestazione); ed il contratto si risolve, anziche´ per inadempimento, per quella ulteriore causa di risoluzione del contratto, prevista dall’art. 1463 c.c., che è la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione (v. risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione). Ai requisiti propri dell’inadempimento si aggiunge, ai fini della risoluzione del contratto, l’ulteriore requisito della importanza dell’inadempimento. Si deve trattare di un inadempimento di non scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte (art. 1455 c.c.): occorre, cioè , che l’inadempimento di una parte sia tale da rendere non più giustificata la controprestazione dell’altra. Qui è pertinente rilevare come dalla disciplina della risoluzione del contratto emerga un principio di proporzionalità fra le prestazioni contrattuali. La giurisprudenza lo ha più volte desunto dall’art. 1455 c.c.: la norma soddisfa l’esigenza di mantenere l’equilibrio fra le prestazioni di uguale importanza; impone al giudice una valutazione comparativa del comportamento dei contraenti con riferimento ai rapporti di causalità risoluzione del contrattoproporzionalità dei medesimi rispetto alla funzione economicorisoluzione del contrattosociale del contratto. In alcuni casi è la stessa legge a stabilire quando l’inadempimento di una parte è di scarsa importanza e non legittima la risoluzione del contratto: così, nella vendita a rate (v. vendita, risoluzione del contratto a rate con riserva di proprietà ), non basta il mancato pagamento di una sola rata, a meno che questa superi l’ottava parte del prezzo (art. 1525 c.c.). Bisogna anche distinguere tra inadempimento delle obbligazioni principali e inadempimento delle obbligazioni accessorie: nella locazione di case per abitazione (v. case per abitazione, locazione di risoluzione del contratto), ad esempio, il mancato pagamento di una mensilità del canone (obbligazione principale) giustifica la risoluzione del contratto; ma il mancato pagamento degli oneri accessori (rimborso delle spese di riscaldamento, di portineria, ascensore ecc.) giustifica la risoluzione del contratto se ammonta ad una somma pari a due mensilità del canone (art. 5 l. n. 392 del 1978). In mancanza di criteri di legge, sarà il giudice a stabilire, caso per caso, quando l’inadempimento debba considerarsi, secondo la regola generale dell’art. 1455 c.c., di importanza non scarsa. Può però accadere che lo stesso contratto ricolleghi alla mancata o alla inesatta esecuzione di una data prestazione contrattuale la conseguenza della risoluzione del contratto. In tal caso sarà al giudice sottratta ogni valutazione sulla importanza dell’inadempimento. La risoluzione del contratto risoluzione del contratto può avere due forme: 1) risoluzione del contratto giudiziale (v.); 2) risoluzione del contratto stragiudiziale (v.). In nessun caso la risoluzione del contratto può essere fatta valere dalla parte che, anche per fatti concludenti, abbia prestato acquiescenza all’altrui inadempimento ed abbia, in tal modo, tacitamente rinunciato al rimedio della risoluzione del contratto.
risoluzione del contratto stragiudiziale: il contratto può essere risolto per inadempimento senza necessità di un provvedimento giudiziario nelle forme, anzitutto, della diffida ad adempiere: la parte adempiente può intimare per iscritto all’altra parte di adempiere entro un dato termine, che non può però essere inferiore a quindici giorni, con l’avvertenza che, altrimenti, il contratto si intenderà senz’altro risolto (art. 1454 c.c.). La diffida produce l’effetto di rimettere il debitore in termini fino alla data fissata; allo spirare del termine il contratto è risolto di diritto (art. 1454, comma 3o, c.c.), senza necessità per la parte adempiente di domandare al giudice di pronunciare la risoluzione del contratto. Si intende che la diffida ad adempiere non elimina il requisito della importanza dell’inadempimento: perciò , il debitore potrà neutralizzare l’effetto risolutivo della diffida assumendo l’iniziativa di un accertamento giudiziale della scarsa importanza del suo inadempimento. Altra forma di risoluzione del contratto risoluzione del contratto può essere prevista dallo stesso contratto: è la clausola risolutiva espressa. Le parti possono convenire che, se una di esse sarà inadempiente, il contratto si risolverà di diritto, senza necessità di rivolgersi al giudice. Non basta però il solo fatto dell’inadempimento: occorre anche che la parte adempiente dichiari all’altra che intende valersi della clausola risolutiva (art. 1456 c.c.). Sarà , perciò , questa dichiarazione a provocare la risoluzione del contratto, anche se la provocherà con effetto dalla data dell’inadempimento. Vale anche in questo caso la prova liberatoria di cui all’art. 1218 c.c. (v. inadempimento, risoluzione del contratto dell’obbligazione): se il debitore prova che la mancata esecuzione della prestazione è dipesa da impossibilità sopravvenuta per causa a lui non imputabile, la risoluzione del contratto sarà effetto di questa, a norma dell’art. 1463 c.c. (v. risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione), non della clausola risolutiva. Ev frequente la clausola secondo la quale la mancata esecuzione di una qualsiasi delle obbligazioni previste dal contratto provoca la risoluzione del contratto automatica di questa. Una simile clausola è considerata clausola di stile (v. clausola, risoluzione del contratto di stile); ove risulti, tuttavia, che le parti abbiano inteso escludere il requisito della importanza dell’inadempimento, quella clausola produrrà i propri effetti. Infine, il contratto è di diritto risolto per inadempimento, se per la prestazione di una parte era fissato un termine, da considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra. Questa può ancora richiedere la prestazione entro tre giorni dalla scadenza del termine; ma, in mancanza di richiesta, il contratto è risolto di diritto (art. 1457 c.c.). La giurisprudenza mitiga il rigore della norma ammettendo che il creditore possa, pur dopo la scadenza dei tre giorni, ancora esigere l’adempimento quando risulti, anche per fatti concludenti, che egli abbia rinunciato all’essenzialità del termine. La risoluzione del contratto risoluzione del contratto consente di risolvere rapidamente il contratto, senza necessità di un preliminare giudizio e di un provvedimento giudiziario che accerti l’effettiva sussistenza dell’inadempimento e la sua non scarsa importanza. Chi ricorre alle forme della risoluzione del contratto risoluzione del contratto lo fa però a proprio rischio: l’altra parte può successivamente assumere l’iniziativa di un giudizio e dimostrare che il lamentato inadempimento non sussisteva o che era di scarsa importanza o che il termine non era essenziale, con la conseguenza che il giudice dichiarerà inefficace la risoluzione del contratto risoluzione del contratto, e la parte che se ne era illegittimamente avvalsa verrà essa a trovarsi nella condizione di parte inadempiente, tenuta a risarcire il danno. In nessun caso la risoluzione del contratto può essere fatta valere dalla parte che, anche per fatti concludenti, abbia prestato acquiescenza all’altrui inadempimento ed abbia, in tal modo, tacitamente rinunciato al rimedio della risoluzione del contratto. V. anche risoluzione del contratto per inadempimento.
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