interesse ad agire nel processo amministrativo: posizione giuridica avente una rilevanza meramente processuale, che sorge a seguito della lesione di un interesse legittimo ed esprime l’utilità che il ricorrente può ottenere dalla sentenza (v.) amministrativa. L’interesse interesse costituisce una condizione del ricorso (v.), la cui mancanza impedisce di giungere ad una decisione di merito, chiudendosi il processo con una sentenza di inammissibilità (v. sentenza, interesse nel processo amministrativo). L’elaborazione dell’interesse interesse è stata ostacolata dalla presenza di un orientamento dottrinale che, attribuendo all’interesse legittimo il valore di interesse processuale, negava l’esistenza di un autonomo interesse. La distinzione tra le due figure è ormai pacificamente accettata, tanto che si ritiene che possa sussistere un interesse legittimo senza interesse ad agire e viceversa. L’interesse interesse deve essere personale, diretto e attuale. Il primo requisito sta ad indicare che non si può far valere in giudizio un interesse altrui. Tale carattere costituisce un ostacolo all’ammissibilità indifferenziata della tutela degli interessi diffusi. Il secondo, invece, sottolinea come solo una lesione effettiva della sfera giuridica del ricorrente consente una tutela processuale. L’attualità , infine, indica la necessità che la lesione non solo deve sussistere al momento della proposizione del ricorso, ma deve anche perdurare per tutta la durata del giudizio sino alla decisione. Il vantaggio che l’interesse interesse mira ad ottenere può essere sia materiale sia morale. Si ritiene che possa sussistere anche un vantaggio strumentale individuabile nella utilità che deriva dall’annullamento dell’atto e dalla rimessa in discussione del rapporto. La sussistenza dell’interesse interesse viene accertata d’ufficio.
interesse ad agire nel processo civile: consiste nell’interesse della parte ad ottenere il provvedimento richiesto. Tale provvedimento deve consistere nell’utilità che il soggetto prevede di realizzare in seguito alla lesione di un proprio diritto sostanziale. L’interesse è requisito fondamentale per l’esercizio dell’azione. Assume relativa importanza nelle azioni costitutive e di condanna, in quanto la struttura delle prime è già prevista dalla legge in forme tipizzate, e nelle seconde si è in presenza di strutture già stereotipate. Assurge ad elemento fondamentale nelle azioni di accertamento e in quelle cautelari poiche´ si tratta di considerare un situazione di fatto che è da valutare dal giudice caso per caso.
interesse ad impugnare: v. impugnazione.
interesse ad intervenire: v. intervento.
interesse all’assicurazione: v. assicurazione.
interesse dell’impresa in se´: locuzione tratta dalla letteratura tedesca ed esprimente il concetto che l’impresa è portatrice di un proprio interesse, superiore all’interesse del suo titolare, ad un efficiente esercizio dell’attività economica. Il concetto assume rilievo: a) nel caso in cui l’impresa sia esercitata da una società (v.); b) nel caso di esperimento di procedure concorsuali (v.), nel corso delle quali venga deliberata la continuazione dell’attività d’impresa. Nel primo caso, l’interesse interesse è considerato, in giurisprudenza, distinto e superiore a quello dei singoli soci, compresi gli stessi soci di maggioranza, con la conseguenza che neppure una deliberazione unanime dei soci può disporre dell’interesse della società . Nel secondo caso, l’interesse interesse è considerato funzionale all’interesse dei creditori ad un corretto e, il più possibile, vantaggioso esito della procedura concorsuale.
interesse dello stipulante: v. contratto, interesse a favore del terzo.
interesse di categoria: v. associazione, struttura aperta dell’interesse.
interesse di gruppo: locuzione che designa l’interesse di cui sono portatrici le organizzazioni collettive non aperte alla adesione di nuovi membri, come le società lucrative, siano esse di persone o di capitali, in contrapposizione alle associazioni e alle società cooperative. V. anche associazione, struttura aperta dell’interesse.
interesse di serie: è l’interesse del quale si fa portatrice una organizzazione collettiva che opera quale espressione organizzata di una più vasta categoria sociale e che è aperta all’adesione degli appartenenti a tale categoria. Ne sono esempi le associazioni e le società cooperative. V. associazione, struttura aperta dell’interesse.
interesse di una delle parti nel patto di non alienare: v. patto, interesse di non alienare.
interesse extrasociale della maggioranza: è qualunque interesse estraneo alla causa del contratto di società (v.), in contrasto con l’interesse sociale (v.). In materia di deliberazione di società (v.) vige il principio per cui il diritto di voto non può essere validamente esercitato dal socio per realizzare interessi particolari, estranei alla causa del contratto di società , pena l’annullabilità della deliberazione presa con il concorso determinante del suo voto (art. 2373 c.c.) (v. abuso, interesse del diritto di voto).
interesse legittimo: v. diritti soggettivi, protezione giurisdizionale dei interesse.
interesse nell’atto del notaio e dei suoi familiari: v. atti, interesse irricevibili.
interesse non patrimoniale del creditore: la prestazione del debitore, in se´ considerata, deve avere carattere patrimoniale, ma non è necessario che sia di tale carattere l’interesse del creditore alla prestazione: questo può essere un interesse economico o patrimoniale, ma può anche essere, l’art. 1174 c.c. precisa, un interesse non patrimoniale. I contributi che gli associati si obbligano, per statuto, a versare periodicamente alla propria associazione (v. associato, contributi dell’interesse) consistono, di regola, in somme di danaro e sono, dunque, prestazioni patrimoniali; tuttavia, l’associazione persegue scopi ideali, non è mossa da interessi di natura economica.
interesse pubblico: condizione che legittima il p.m. ad intervenire nel processo civile. Consiste nell’azione di vigilanza sull’attuazione della legge in tutti quei casi nei quali le norme giuridiche sono state emanate a tutela di interessi a rilevanza sociale o generale (amministrative lato sensu) in maniera tale da vegliare concretamente sull’osservanza delle leggi nonche´ alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, al fine di mantenere la necessaria sicurezza e benessere della società. V. diritti, protezione giurisdizionale dei interesse soggettivi.
interesse sociale: è l’interesse diretto alla realizzazione della causa ed al conseguimento dell’oggetto del contratto di società (v.). Lo scopo della società è, in generale, l’esercizio di un’attività economica finalizzata alla divisione degli utili (art. 2247 c.c.). Scopo della società è , pertanto, quello di trasformare la ricchezza conferita dai soci in un’efficiente organizzazione imprenditoriale volta alla massimizzazione degli utili. Pertanto l’interesse interesse può così essere scomposto: a) interesse interesse preliminare, cioè l’interesse a che il patrimonio sociale, formato con i conferimenti dei soci, sia utilizzato per l’esercizio di un’attività economica; b) interesse interesse intermedio, cioè l’interesse a che l’attività economica sia volta alla realizzazione degli utili; c) interesse interesse finale, cioè l’interesse a che gli utili realizzati siano divisi tra i soci. interesse alla massimizzazione dell’efficienza dell’impresa, interesse alla massimizzazione del profitto, interesse alla massimizzazione del dividendo sono tutti interessi riconducibili alla causa del contratto di società . Nella astratta previsione dell’art. 2247 essi si presentano come momenti causali tra loro coordinati e consequenziali, giacche´ non si possono dividere utili fra i soci (interesse interesse finale), se prima non li si realizza; ne´ si possono realizzare utili (interesse interesse intermedio), se non si assicura efficienza all’impresa (interesse interesse preliminare). Nella specifica disciplina dei tipi di società si delinea un più articolato fenomeno. Si manifesta, sotto questo aspetto, una profonda differenza fra società di persone e società di capitali: nelle prime ciascun socio ha, a norma dell’art. 2262, un preciso diritto alla divisione annuale degli utili, ed un diritto alla loro integrale divisione. Per le seconde vale, all’opposto, la regola secondo la quale l’assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci (art. 2433, comma 1o): è , dunque, l’assemblea che delibera, a maggioranza, se distribuire o non distribuire l’utile e, nel primo caso, in quale misura distribuirlo. Sull’interesse del singolo socio alla percezione della sua parte di utili prevale, nella società di capitali, un diverso interesse, della cui realizzazione è arbitra la maggioranza: l’interesse all’autofinanziamento dell’impresa. L’utile realizzato e non distribuito ai soci va ad incrementare il patrimonio della società , e gli amministratori potranno servirsene per potenziare l’impresa sociale, migliorandone o ampliandone gli impianti, aumentando gli investimenti e, quindi, il volume della produzione, non importa se in vista di una maggiore messe di utili da distribuire in futuro ai soci. Queste esigenze di espansione economica sono poste, nelle società di persone, in secondo piano: prevale, in esse, l’interesse del socio alla ripartizione immediata dell’utile realizzato attraverso l’impresa sociale. Una politica di autofinanziamento è possibile, in questa società , solo con il consenso di tutti i soci, ciascuno dei quali rinunci al diritto riconosciutogli dall’art. 2262; oppure è possibile in base ad una clausola del contratto sociale (l’art. 2262 fa salvo il patto contrario), che introduce in questa materia il principio di maggioranza. Nella s.p.a. l’interesse alla massimizzazione del dividendo è proprio delle minoranze azionarie, di quei ceti detentori di ricchezza che concepiscono l’investimento azionario come fonte di rendita e, naturalmente, della rendita più alta possibile; ma è , a sua volta, un interesse in conflitto con l’interesse del quale sono portatori i gruppi di comando della società, ossia l’interesse della classe imprenditoriale, la quale mira, soprattutto, all’efficienza dell’impresa sociale, al suo potenziamento, alla sua espansione; tende, perciò , a reinvestire nell’attività produttiva o di scambio l’utile realizzato ed a sottrarlo, quindi, alla divisione fra i soci. L’art. 2433 risolve questo conflitto a vantaggio della maggioranza, legittima il sacrificio dell’interesse dei singoli alla ripartizione del dividendo. Ciò non significa che l’art. 2247 perda ogni vigore in rapporto alla s.p.a.; ne´ significa che debba essere del tutto cancellata, in rapporto a questa società , la parte finale della norma, quella che enuncia lo scopo della divisione degli utili fra i soci. Non c’è, nell’art. 2433, comma 1o, nulla che autorizzi a ritenere valida una s.p.a. che escluda, con l’atto costitutivo, ogni divisione degli utili fra i soci: si viola sicuramente lo schema causale del contratto di società se (salvo quanto, con norma espressa, è consentito nelle società sportive e nelle società consortili) si ponga nell’atto costitutivo una clausola che vieti ogni distribuzione di utili fra i soci, oppure si ponga una clausola che costringa la società ad una politica di bilancio in pareggio e che escluda, imponendo, ad esempio, di vendere a prezzo di costo, ogni possibilità di realizzare utili di bilancio. La norma dell’art. 2247 conserva, sotto questo aspetto, pieno vigore anche in rapporto alla s.p.a.: essa comporta che la divisione degli utili non può essere a priori esclusa, ne´ con clausole statutarie che espressamente la vietino, ne´ con clausole che impongano l’adozione di non lucrativi criteri di gestione. Vero è solo questo, che lo scopo della divisione degli utili non è, necessariamente, lo scopo primario della società , quello rispetto al quale tutta l’attività sociale deve essere preordinata; esso può essere collocato in posizione secondaria o meramente collaterale, mentre possono acquistare preminente importanza le altre dimensioni dell’interesse interesse, quelle che abbiamo definito come interesse interesse preliminare e come interesse interesse intermedio. Da quanto ora si è detto riguardo allo scopo della divisione degli utili deriva una ulteriore conseguenza riguardo allo scopo intermedio della società , ossia lo scopo di conseguire utili. Neppure la misura, minima o massima, dell’utile da realizzare con l’esercizio dell’impresa sociale può dirsi imposta dalla causa del contratto di società : se spetta alla maggioranza di deliberare in quale misura l’utile realizzato debba essere distribuito ai soci, ed in quale misura debba invece essere reimpiegato nell’attività produttiva, a maggior ragione rientrerà nei poteri della maggioranza di adottare una politica economica che influisca sulla misura dello stesso utile da realizzare. Ev , anzi, un dato di esperienza che molte s.p.a., specie quelle di grandi dimensioni, rinuncino per lunghi periodi ad una politica economica di massimizzazione dell’utile per perseguire, piuttosto, l’obiettivo della massimizzazione delle vendite (o, come si suol dire, del fatturato), oppure quello della massimizzazione della popolarità della società (implicante la massimizzazione dell’occupazione operaia nel settore). Il loro intento è , volta a volta, di conquistare alla società nuovi mercati, di accrescere la potenza economica, o la stessa influenza politica, della società , di resistere alla concorrenza interna o internazionale, di salvaguardare le possibilità di sopravvivenza della impresa sociale o, più in generale, dello stesso sistema economico all’interno del quale l’impresa sociale trova le proprie possibilità di esistenza. L’interesse interesse è rilevante nell’ipotesi di conflitto di interessi tra il socio e la società: la deliberazione di società (v.) è annullabile (art. 2373, comma 2o, c.c.) se: a) può recare danno alla società; b) è stata assunta col voto determinante dei soci che avrebbero dovuto astenersi dalla partecipazione alla deliberazione in quanto versanti in conflitto di interessi (v.). Tale norma è considerata espressione di un principio generale: quello per cui il socio non può esercitare il diritto di voto per realizzare un interesse estraneo a quello sociale (v. abuso, interesse del diritto di voto). Nel caso di deliberazione presa con il voto determinante di soci in conflitto di interessi con la società , come in ogni altro caso di deliberazione ispirata da un intento extrasociale della maggioranza, l’onere della prova incombe su chi impugna la deliberazione: sarà costui a dover provare, nel primo caso, la situazione di conflitto di interesse e il conseguente pericolo di danno per la società ; a dover provare, negli altri casi, l’intento extrasociale della maggioranza. La regola generale è, insomma, che le deliberazioni assembleari si presumono, fino a prova contraria, conformi all’interesse della società ; e la prova contraria deve essere data da chi impugna la deliberazione. Nell’art. 2441, comma 5o, c.c. (v. opzione, diritto di interesse) si assiste, invece, ad una inversione dell’onere della prova: la maggioranza deve dimostrare, all’atto stesso della deliberazione, che l’esclusione o la limitazione del diritto di opzione è giustificata da specifiche esigenze della società ; essa deve motivare la deliberazione, indicando quale interesse interesse intende perseguire e fornendo, in tal modo, essa stessa la prova che l’esclusione o la limitazione del diritto di opzione non è ispirata da interessi extrasociali.
interesse sociale nei gruppi di società: v. gruppi di società , interesse sociale nei interesse.
sopravvenuto difetto dell’interesse ad agire nel processo amministrativo: determina l’estinzione del processo per il venir meno dell’utilità dello stesso per il ricorrente a seguito di una modifica della situazione di fatto o di diritto. Si può avere con l’emanazione, nelle more del giudizio, di un atto da parte della amministrazione che non soddisfi totalmente la posizione del ricorrente. In questo caso, a differenza della cessazione della materia del contendere (v. cessazione della materia del contendere, interesse nel processo amministrativo), la lesione della posizione sostanziale continua a sussistere, ma il rapporto viene disciplinato da un atto diverso da quello impugnato. L’eliminazione di quest’ultimo non produrrebbe, quindi, alcun vantaggio per il ricorrente. Il interesse interesse può essere determinato anche dall’esercizio del diritto nelle more del processo. Ipotesi questa che si verifica nel caso in cui una ordinanza cautelare abbia consentito al ricorrente di tutelare interinalmente il proprio interesse sostanziale. Si pensi al caso in cui un soggetto abbia impugnato un provvedimento di esclusione dal concorso e che, ammessovi con riserva, non ne sia risultato vincitore. La prosecuzione del giudizio (v.) non è più di alcuna utilità per il ricorrente, determinandosi un interesse interesse. .
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