Nel processo civile è un provvedimento tipico contenente una dichiarazione del giudice. La disciplina generale prevede che non debba essere motivato. Solitamente viene impiegato nei casi in cui il giudice deve pronunciarsi inaudita altera parte (ad es. nei procedimenti cautelari) o in Camera di consiglio (ad es. nei provvedimenti di volontaria giurisdizione). Viene pronunciato d’ufficio o su istanza della parte. Se l’istanza è orale se ne redige processo verbale ed il decreto è inserito nello stesso. Se l’istanza è costituita da ricorso il decreto viene scritto in calce al medesimo. Deve essere sottoscritto dal giudice, e quando è collegiale dal presidente. La disciplina generale del decreto civile non ne ammette la revocabilità o l’impugnabilità , salvo particolari tipi di decreto, come ad es. quelli pronunciati in Camera di consiglio per i quali è ammesso una forma specifica di reclamo, e i decreti ingiuntivi, per i quali è prevista l’opposizione.
decreto ingiuntivo: v. ingiunzione.
motivazione del decreto: per effetto del comma 4o dell’art. 135 c.p.c., il decreto generalmente non è motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge tanto che per tali provvedimenti si parla di natura amministrativa. Le ipotesi di decreto motivato sono quelle relative al decreto ingiuntivo (artt. 641 ss. c.p.c.) e quelle relative ai decreti emessi in Camera di consiglio (artt. 737 ss. c.p.c., quali ad esempio quelli relativi ai provvedimenti di interdizione, inabilitazione rapporti patrimoniali tra coniugi, dichiarazione di morte presunta, apertura di successione, e via dicendo. In tali casi, i criteri (sufficienza, non contraddittorietà , logicità)
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