I diritti sulle cose assumono, tradizionalmente, il nome di diritti reali (ius in re). Nel nostro sistema giuridico sono in tutto sette: la proprietà , che è il diritto fondamentale; e, inoltre, i diritti di superficie, di enfiteusi, di usufrutto, di uso, di abitazione, di servitù . Ogni diritto reale consiste di una o più facoltà che il suo titolare può esercitare sulla cosa e che, nel loro insieme, compongono il cosiddetto contenuto del diritto. La proprietà è , fra i diritti reali, il diritto che consente la più ampia sfera di facoltà che un soggetto possa esercitare su una cosa: ed una sfera di facoltà potenzialmente illimitate. Rispetto alla proprietà gli altri sei diritti reali si presentano: 1) come diritti limitati o parziari o minori, in quanto caratterizzati da un più limitato contenuto, che in alcuni casi si esaurisce in una sola facoltà ; 2) come diritto su cosa altrui, perche´ si esercitano su cose di cui altri è proprietario; essi coesistono, sulla cosa, con l’altrui diritto di proprietà , il cui contenuto si riduce per permettere che la medesima cosa formi oggetto di altri diritti reali. Qui viene esaminato il più generale concetto di diritto reale entro la più vasta categoria dei diritti soggettivi patrimoniali e in relazione alla contrapposta sottocategoria dei diritti di obbligazione, dei quali si suole parlare anche come dei diritti di credito (v. obbligazione) o, ciò che sottolinea la contrapposizione ai diritti reali, come dei diritti personali. Per distinguere fra loro diritti reali e diritti di obbligazione sono stati elaborati, a partire dalla prima metà del secolo scorso, criteri diversi: a) il criterio più antico, tuttora presente nella letteratura giuridica, è quello che concepisce i diritti reali come diritti sulle cose e, per contro, definisce i diritti di obbligazione come diritti nei confronti di una persona, aventi ad oggetto una prestazione personale. Più in particolare, l’essenza dei primi viene identificata nella relazione diretta e immediata che il diritto reale instaura fra il titolare del diritto e la cosa mentre il titolare del diritto di obbligazione, per realizzare il proprio diritto, ha bisogno della collaborazione di un altro soggetto. Questo criterio può dare ragione del fatto che esistono diritti di obbligazione, come i diritti personali di godimento (art. 1380 c.c.), che presentano forti analogie con i diritti reali: così il diritto al godimento della cosa altrui che il contratto di locazione (v.) attribuisce al locatario (art. 1571 c.c.) o il diritto di servirsi della cosa altrui che il contratto di comodato (v.) attribuisce al comodatario (art. 1803 c.c.). Qui non c’è , tuttavia, un diritto del soggetto sulla cosa: c’è solo un diritto alla prestazione personale di un altro soggetto, anche se questa prestazione, quella del locatore o del comodante, consiste nel consentire ad altri il godimento o l’uso di una cosa; b) un secondo criterio di distinzione si delinea quale sviluppo del primo. Muove dalla considerazione che ogni rapporto giuridico è rapporto fra persone e che anche i diritti reali non possono essere che diritti verso persone. Da questo punto di vista i diritti reali si presentano come diritti assoluti (v. diritti, diritti reali assoluti): sono cioè , diritti erga omnes, che spettano ad un soggetto nei confronti di tutti gli altri soggetti; i diritti di obbligazione sono, per contro, diritti relativi: spettano ad un soggetto nei confronti di uno o più soggetti determinati o determinabili. La natura di questi diritti come diritti reali si manifesta nel fatto che essi hanno per oggetto la cosa e permangono, in quanto diritti sulla cosa, nonostante il mutamento della persona del proprietario: se la cosa circola e ad un proprietario subentra un altro proprietario (perche´ il primo ha venduto la cosa al secondo, oppure perche´ il primo è morto e gli è succeduto l’erede) il diritto reale su cosa altrui segue la cosa nella sua circolazione. Si suole dire, per esprimere questo concetto, che il diritto reale su cosa altrui ha diritto di seguito (o sequela): è un diritto sulla cosa opponibile a tutti i suoi successivi proprietari, ossia un diritto che tutti i successivi proprietari della cosa sono tenuti a rispettare (salvo che, naturalmente, non l’abbiano acquistata a titolo originario). Quando il diritto reale sia stato costituito su beni immobili, la sua opponibilità ai terzi acquirenti del bene è subordinata alla avvenuta trascrizione del titolo nei registri immobiliari (artt. 2643, nn. 2, 3, 6, 2644 c.c.); altrimenti il terzo acquisterà il bene libero da diritti reali altrui. Il diritto reale non trascritto gli sarà , tuttavia, opponibile se menzionato nell’atto di trasferimento del titolo: oggetto del trasferimento è , in tal caso, un bene gravato dal diritto reale altrui. La relatività dei diritti di obbligazione, al confronto con l’assolutezza dei diritti reali, si manifesta nel modo più evidente nella differenza che intercorre fra una servitù negativa (v. servitù, diritti reali positive e negative), ad esempio la servitù di non edificare o di non sopraelevare, ed una obbligazione negativa (v. prestazione, diritti reali di non fare), come l’obbligazione di non fare concorrenza, assunta da un imprenditore nei confronti di un altro imprenditore (art. 2596 c.c.). Chi ha ottenuto una servitù negativa sul fondo del vicino conserva il suo diritto anche se il vicino vende il fondo: potrà sempre opporlo (qui risiede l’assolutezza del diritto) a tutti i successivi proprietari del fondo. Ma l’obbligazione di non fare concorrenza vincola solo la persona che l’ha assunta: se l’imprenditore cede l’azienda, il nuovo titolare di questa sarà libero di fare concorrenza a chiunque. Assolutezza e relatività , come ora definite, non sono però sempre sufficienti per cogliere la differenza tra diritto reale e diritto di obbligazione. Ev diritto di obbligazione, e non diritto reale, il diritto al godimento della cosa altrui che il contratto di locazione attribuisce al locatario (art. 1571 c.c.); e, tuttavia, il contratto di locazione è sottratto al principio romanistico emptio tollit locatum: oggi è opponibile dal locatario ai successivi proprietari della cosa (art. 1599 c.c.); attribuisce, sotto questo aspetto, un diritto definibile come assoluto; c) spinto più a fondo il confronto, gli interpreti hanno formulato un terzo criterio di distinzione, basato su una ulteriore specificazione del carattere dell’assolutezza dei diritti reali. Si è constatato che i diritti reali fruiscono di una difesa assoluta: non solo il proprietario, ma anche il titolare di diritti reali minori ha azione in giudizio contro chiunque contesti l’esercizio del suo diritto (art. 1079 c.c.). L’azione in giudizio a difesa dei diritti reali su cosa altrui assume, tradizionalmente, il nome di azione confessoria, che esprime l’antitesi di questa azione rispetto all’azione negatoria (v. azione, diritti reali negatoria), spettante al proprietario contro chi pretende diritti sulla sua cosa. Con l’azione confessoria (v. azione, diritti reali confessoria), che l’art. 1079 regola con riferimento alle servitù , si mira ad ottenere il riconoscimento in giudizio del proprio diritto sulla cosa altrui contro chiunque, proprietario o terzo, ne contesti l’esercizio. Si mira anche ad ottenere la cessazione delle eventuali turbative o molestie (ossia i comportamenti del proprietario o di terzi che impediscono l’esercizio del diritto) e, se necessario, la riduzione in pristino, come ad esempio l’abbattimento di una costruzione edificata in violazione di una servitù di non edificare. All’azione confessoria fa riferimento, per l’usufrutto, l’art. 1012, comma 2o, c.c.: la norma riconosce all’usufruttuario l’azione negatoria di fronte ai terzi che pretendano servitù sulla cosa; ma gli riconosce, al tempo stesso, azione confessoria per ciò che attiene alle servitù da lui pretese a favore del fondo. All’usufruttuario, pur in mancanza di una norma in tal senso, è poi riconosciuta una generale azione, talvolta definita vindicatio usufructus, contro le usurpazioni di terzi lesive al suo diritto; mentre, se il terzo offende le ragioni del proprietario, l’usufruttuario è tenuto a fargliene denuncia (art. 1012, comma 1o, c.c.). I diritti di obbligazione, invece, fruiscono di una difesa relativa: il loro titolare può difenderli, con azione in giudizio, solo nei confronti della persona dell’obbligato, mentre non può agire nei confronti dei terzi che contestino il suo diritto. Egli non può fare a meno, per la difesa del suo diritto nei confronti di costoro, della cooperazione dell’obbligato. Si è ricercata su questo terreno la differenza fra la locazione, quale diritto personale di godimento della cosa altrui, e i diritti reali su cosa altrui. Sia il locatario sia l’usufruttuario hanno diritto alla consegna della cosa; ma, se questa è detenuta da un terzo, l’usufruttuario potrà direttamente agire nei suoi confronti per ottenere la consegna; il locatario, invece, avrà azione solo verso il locatore, perche´ recuperi il possesso della cosa e, quindi, gliela consegni. Tuttavia, la giurisprudenza ha progressivamente esteso ai diritti di credito la tutela aquiliana, un tempo riservata ai diritti assoluti: il creditore, il cui diritto sia stato pregiudicato da un terzo, ha azione nei confronti di questo per il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c. (v. danno ingiusto) e, se possibile per la reintegrazione in forma specifica (art. 2058 c.c.). I diritti di credito sono così diventati diritti patrimoniali protetti nei confronti di chiunque, così come un tempo erano solo i diritti reali. Non resta allora che ripiegare su un ultimo, estremo, criterio di distinzione: d) i diritti reali, e solo i diritti reali, sono suscettibili di possesso (v.); essi, e soltanto essi, sono suscettibili di acquisto a titolo originario (v. acquisto, diritti reali a titolo originario). A questo modo, la differenza fra diritti reali e diritti di obbligazione si rivela una differenza meno rilevante che in passato, ma tuttora rilevante. La differenza attiene non alla struttura, ma alla legge di circolazione dei diritti: i diritti reali si possono acquistare, in quanto suscettibili di possesso, anche a titolo originario; i diritti di credito, per contro, si possono acquistare solo a titolo derivativo. Ev una differenza di non poco momento; tant’è che, per rendere possibile l’acquisto a titolo originario di un diritto di credito lo si incorpora in un documento, il titolo di credito (v.), suscettibile in quanto bene mobile di possesso e di acquisto della proprietà mediante il possesso. Con il diritto di proprietà possono coesistere, sulla medesima cosa, altri diritti, appartenenti a soggetti diversi dal proprietario: sono il diritto di superficie (v.), l’usufrutto (v.), l’uso (v.) e l’abitazione (v.), l’enfiteusi (v.), la servitù (v.). Hanno, come la proprietà , il sopra definito carattere di diritti reali; assumono tradizionalmente, il nome di diritti reali su cosa altrui (iura in re aliena) perche´ presuppongono, necessariamente, che altri sia il proprietario della cosa sulla quale si esercitano. Ma di essi si parla anche come di diritti reali minori o parziari. Si è già fatto cenno del modo con il quale si attua la coesistenza, su una medesima cosa, del diritto di proprietà di un soggetto con i diritti reali spettanti ad altri soggetti: la costituzione di questi diritti riduce il contenuto del diritto di proprietà , limita cioè le facoltà spettanti sulla cosa al proprietario; permette, di conseguenza, che determinate facoltà possano essere esercitate da persona diversa dal proprietario. Possono coesistere su una medesima cosa più diritti reali minori: ciò è reso possibile dal fatto che ciascuno di essi ha un proprio contenuto, diverso dal contenuto degli altri. L’usufruttuario, ad esempio, ha il diritto di usare la cosa altrui e di farne propri i frutti e questo suo diritto può coesistere con il diritto di servitù spettante ad un terzo, per esempio con la servitù di passaggio sul fondo. I diritti reali su cosa altrui formano un numero chiuso: sono soltanto i sei diritti previsti come tali dalla legge; i privati non possono crearne di altri. Con il principio del numerus clausus si coordina quello della tipicità dei diritti reali: la funzione caratteristica di ciascuno di essi è quella fissata dalla legge. Il titolo dal quale traggono origine, il contratto (v.), il testamento (v.), può integrarne il contenuto, non piegarli ad assolvere una funzione diversa da quella che li caratterizza. Il favore legislativo è per la piena proprietà : ogni diritto altrui, che riduca le facoltà del proprietario, è considerato un’eccezione alla regola, da contenere entro precisi limiti di legge. La ragione di questo favore per la piena proprietà è nell’esigenza di politica economica di assicurare il più intenso sfruttamento della ricchezza e la sua massima circolazione, considerata anch’essa un determinante fattore di sviluppo economico. Lo sfruttamento più intenso della ricchezza richiede la sua piena disponibilità , la possibilità di modificare in ogni momento la destinazione economica dei beni. D’altra parte, l’esistenza di diritti reali altrui sulla cosa, se non è un ostacolo giuridico alla sua circolazione (potendo ugualmente la cosa essere venduta), ne costituisce tuttavia una remora economica, essendo un bene gravato da diritti altrui assai meno vendibile di un bene in piena proprietà . Questo favore per la piena proprietà è anche la ragione per la quale a determinati diritti reali, come l’usufrutto, la legge impone una durata temporanea, mentre favorisce, come accade con l’affrancazione dell’enfiteusi, il superamento della situazione di coesistenza di più diritti sulla stessa cosa. I diritti reali su cosa altrui, a differenza della proprietà , che è imprescrittibile, salvi gli effetti dell’usucapione (v.) altrui, si estinguono per non uso: il termine di prescrizione (v.) è di venti anni (artt. 954, 970, 1015, 1073 c.c.). Anche in questa loro soggezione alla prescrizione (e sia pure con termine doppio rispetto al termine decennale di prescrizione ordinaria dei diritti, previsto dall’art. 2946 c.c.) si manifesta il favore legislativo per il ristabilimento della piena proprietà . Quando, per qualsiasi causa, il diritto reale su cosa altrui si estingue, il diritto del proprietario si riespande, assumendo automaticamente il carattere di piena proprietà. Ev la cosiddetta consolidazione (v.).
acquisto a titolo originario dei diritti reali: v. acquisto, diritti reali a titolo originario.
acquisto mediante possesso di diritti reali: v. usucapione; acquisto, diritti reali di diritti reali mediante il possesso.
confusione come causa di estinzione dei diritti reali: v. confusione, estinzione dei diritti reali per diritti reali.
danno ingiusto e lesione di diritti reali: v. danno, diritti reali ingiusto.
diritti reali di garanzia: il patrimonio del debitore è la garanzia del creditore, a norma dell’art. 2740 c.c., ma ne è solo una garanzia generica. L’espressione designa, tradizionalmente, la condizione nella quale versa il patrimonio del debitore: la garanzia è solo generica perche´ al creditore non è data la certezza di potersi soddisfare, in caso di inadempimento, su un dato bene del debitore, quantunque su di esso il creditore avesse fatto affidamento. Quel bene può nel frattempo essere venduto ad un terzo, e così sottratto alla garanzia del creditore, oppure può essere nel frattempo sottoposto ad esecuzione forzata (v.) da parte di altri creditori, che abbiano acquistato ragioni di credito anche in epoca successiva. Il creditore ha solo (e questo è , in ultima analisi, il contenuto della garanzia generica) la possibilità di sperimentare, a salvaguardia del proprio diritto, i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale e di avvalersi delle altre misure di tutela preventiva del credito. Una garanzia specifica, che dia al creditore la certezza di potersi soddisfare su un dato bene, è invece rappresentata dalla costituzione del pegno (v.) o dell’ipoteca (v.). Questi hanno tra loro in comune la funzione di vincolare un dato bene a garanzia di un dato credito: il bene può essere dello stesso debitore oppure di un terzo (cosiddetto terzo datore di pegno o di ipoteca), che acconsenta di garantire per un debito altrui. Tra pegno e ipoteca c’è , quanto all’oggetto, questa differenza: il pegno si costituisce su cose mobili, o universalità di mobili, oppure su diritti di credito (art. 2784 c.c.) o su altri diritti (art. 2806 c.c.); l’ipoteca si costituisce, invece su beni immobili, su diritti reali immobiliari e su beni mobili registrati (art. 2810 c.c.). Pegno e ipoteca sono garanzie reali; tradizionalmente, li si definisce come diritti reali su cosa altrui: il bene resta di proprietà di chi, debitore o terzo, lo ha dato in pegno o in ipoteca, e può essere dal proprietario liberamente alienato. Ma il creditore, che è il creditore pignoratizio nel caso del pegno e il creditore ipotecario nel caso dell’ipoteca, acquista sul bene un duplice diritto: a) il diritto di procedere ad esecuzione forzata sul bene anche nei confronti del terzo acquirente. Il pegno o l’ipoteca, in altre parole, segue la cosa in tutti i suoi successivi passaggi di proprietà (cosiddetto diritto di seguito), fino a quando il credito non sia stato estinto. Questa opponibilità del pegno e dell’ipoteca a tutti i successivi proprietari della cosa ha evocato l’idea del diritto reale; ha, in particolare, richiamato l’assolutezza di questa categoria di diritti. Va qui ricordato che il pegno di cose è suscettibile di possesso: si può acquistare, a titolo originario, da non proprietario, mediante il possesso di buona fede, a norma dell’art. 1153, comma 3o; è , inoltre, suscettibile di tutela possessoria (art. 2789 c.c.); e, sotto questo aspetto, esso presenta quel carattere che, al di là della non decisiva assolutezza, riassume l’essenza ultima del diritto reale. Ma il discorso vale per il pegno di cose, e non anche per il pegno di crediti, che non sono suscettibili di possesso, come non è suscettibile di possesso l’ipoteca. Ne´ il pegno, ne l’ipoteca possono formare oggetto di usucapione, che per l’art. 1158 c.c. è modo di acquisto della proprietà e dei diritti reali di godimento. Pegno e ipoteca sono, all’opposto, descritti come diritti reali diritti reali (e così contrapposti ai diritti reali di godimento) perche´ la loro funzione non è di attribuire al loro titolare forme di godimento della cosa, bensì di offrirgli la garanzia di un loro credito; b) il diritto di soddisfarsi sul prezzo ricavato dalla vendita forzata (v.) del bene con preferenza rispetto agli altri eventuali creditori del medesimo debitore. Ev il diritto di prelazione, che pegno e ipoteca hanno in comune con altre cause legittime di prelazione, quali i privilegi (art. 2741 c.c.): se la cosa data in pegno o in ipoteca consente, in sede di vendita forzata, di realizzare un prezzo pari all’importo del credito garantito o un prezzo inferiore, l’intera somma andrà al creditore pignoratizio o ipotecario, con totale esclusione degli altri eventuali creditori. Se dalla vendita forzata, invece, si ricava una somma superiore, ciò che residua dopo il soddisfacimento del creditore pignoratizio o ipotecario sarà distribuito fra gli altri eventuali creditori. Se, infine, dopo il soddisfacimento di tutti i creditori, residua ancora una somma, questa va ovviamente al proprietario della cosa data in pegno o in ipoteca, debitore o terzo che sia. La cosa oggetto di pegno o di ipoteca può perire o può deteriorarsi, in modo da essere insufficiente alla sicurezza del creditore: questi può esigere che gli sia prestata altra garanzia o, in mancanza, può chiedere l’immediato pagamento del credito (art. 2743 c.c.). La norma solleva problemi di coordinamento con l’art. 1186 c.c., per la quale il debitore decade dal beneficio del termine (v. termine, decadenza dal beneficio del diritti reali) se ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva dato; ma il coordinamento è agevole: il creditore può senz’altro avvalersi della decadenza dal beneficio del termine se prova che la cosa oggetto della garanzia è perita o si è deteriorata per fatto del debitore; deve, preliminarmente, chiedere che gli sia prestata altra garanzia se il perimento o il deterioramento è dipeso da caso fortuito o, comunque, se il creditore non è in grado di provare il fatto del debitore. Se l’oggetto della garanzia era assicurato, il diritto di pegno o di ipoteca sulle cose perite o deteriorate si converte in pegno sul credito dell’assicurato nei confronti dell’assicuratore; ed analoga conversione in pegno di credito si attua nelle ipotesi di costituzione sulla cosa di servitù coattive (v. servitù , diritti reali coattive) o di comunione forzosa (v. comunione, diritti reali forzosa) o nell’ipotesi di espropriazione per pubblica utilità (v.) (art. 2742 c.c.). La cosa data in pegno o sottoposta a ipoteca può avere, e normalmente ha, un valore superiore all’ammontare del credito che garantisce. Di questo maggior valore il creditore non può profittare, a danno del debitore e degli altri creditori: è nullo, perciò , il cosiddetto patto commissorio (v.), ossia il patto con il quale creditore e debitore convengono che, in caso di mancato pagamento, la cosa data in pegno o in ipoteca passi in proprietà del creditore (art. 2744 c.c.). Il divieto del patto commissorio non può essere eluso con la vendita a scopo di garanzia, a sua volta nulla a norma dell’art. 1344 c.c., perche´ contratto in frode al divieto di patto commissorio. Sul creditore con garanzia reale incombe un onere (v.): egli non può sottoporre ad esecuzione forzata altri beni del debitore se non sottopone ad esecuzione i beni gravati da pegno o da ipoteca (art. 2911 c.c.).
diritti reali di godimento: sono i diritti reali diversi dai diritti reali di garanzia.
diritti reali in comunione: v. comunione.
diritti reali parziari: espressione equivalente a diritti reali minori.
prescrizione dei diritti reali: v. prescrizione, diritti reali dei diritti reali.
successione nei diritti reali: la proprietà e gli altri diritti reali di godimento e le garanzie reali del de cuius (v.) si trasmettono, per regola generale, ai suoi successori, salvo che non si tratti di quei diritti reali che, per loro essenza, non possono durare oltre la vita del loro primo titolare, come l’usufrutto (v.), l’uso (v.) e l’abitazione (v.). Ugualmente si trasmettono le correlative situazioni passive: morto il proprietario di un bene gravato da diritti reali o dall’onere reale (v.) altrui, questo sarà esercitato dal suo titolare nei confronti del successore del defunto.
usucapione dei diritti reali: v. usucapione.
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