Obbligo di astenersi da un determinato comportamento, che può essere imposto da una pubblica autorità (ad es. divieto di circolazione automobilistica) o anche da privati, previa autorizzazione dell’autorità competente (ad es. divieto di caccia). I divieti possono essere previsti sia da norme di diritto privato, sia da norme di diritto pubblico. I divieti di diritto privato possono essere legali (ad es. il divieto di compiere atti di emulazione previsto dall’art. 833 c.c. o il divieto di concorrenza previsto dagli artt. 2105, 2301 e 2390 c.c.) o contrattuali (ad es. il divieto di alienazione contemplato dall’art. 1379 c.c.). La loro inosservanza costituisce illecito civile e dà luogo all’obbligo di risarcimento del danno o alla nullità degli atti compiuti in contrasto con la norma (ad es. contro il divieto di testimoniare stabilito dall’art. 247 c.p.c.). L’inosservanza dei divieti stabiliti da norme di diritto pubblico, invece, può costituire sia un illecito amministrativo, punito da sanzioni amministrative (come nel caso di numerosi divieti previsti dal codice della circolazione stradale), sia un reato punito da una sanzione penale. Tali divieti possono avere carattere generale, operando nei confronti di tutti i soggetti, ovvero possono essere imposti con provvedimento della competente autorità nei confronti di determinati soggetti (ad es. i divieti di soggiorno e di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche previsti dagli artt. 233 s. c.p. o il divieto di dimora previsto dall’art. 283, comma 1o, c.p.p.).
divieto dell’uso della forza: sancito in modo assoluto dall’art. 2, comma 4o, della Carta Onu, ha ormai acquisito valore di norma consuetudinaria cogente riconosciuta anche dalla giurisprudenza internazionale (v. da ultima sentenza Corte internazionale di giustizia, Stati Uniti c. Nicaragua, 1986). Per rientrare nel divieto, deve trattarsi di uso della forza armata (con esclusione quindi della coercizione economica) esercitata dagli Stati nelle loro relazioni internazionali, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle N.U.. La violazione del divieto configura una ipotesi di crimine internazionale prevista dall’art. 19 del Progetto di articoli della Commissione del diritto internazionale sulla responsabilità degli Stati che giustifica, sul piano del diritto generale, l’applicazione dell’istituto dell’intervento e nell’ambito delle N.U., l’applicazione dell’art. 51 della Carta, che prevede l’autotutela individuale e collettiva, in caso di attacco armato contro un membro delle N.U.. V. anche autotutela; jus cogens; uso della forza.
divieto di alienazione: v. divieto testamentario di alienazione; patto, divieto di non alienare.
divieto di concorrenza: v. concorrenza, divieto di divieto.
divieto di mandato imperativo: il divieto divieto è un principio costituzionale antico: esso venne affermato per la prima volta nella Costituzione francese del 1791; anche se, da un punto di vista della storia costituzionale, il principio del divieto era presente nel diritto inglese già in un Bill del 1571. La Costituzione italiana ha regolamentato il divieto divieto all’art. 67. Infatti il membro delle Camere, in quanto rappresentante dell’intera nazione e non degli elettori del suo collegio, non può ricevere da quest’ultimi disposizioni vincolanti circa il modo in cui deve svolgere il suo mandato; ma se ciò dovesse accadere, vi è difficoltà nell’individuare giuridicamente gli eventuali meccanismi sanzionatori da attivare nei confronti del parlamentare che avesse violato il divieto. In particolare il problema si pone nel rapporto con il partito politico nelle cui liste il parlamentare è stato eletto: la questione può essere risolta, se ci si rimette alla coscienza del singolo parlamentare il quale è libero di votare secondo gli indirizzi del suo partito, ma è anche libero di sottrarsene, senza dover subire per questo conseguenze di sanzioni giuridiche (ma non disciplinari: come l’eventuale espulsione dal partito di appartenenza). In un sistema come il nostro in cui la rappresentanza politica viene mediata dai partiti, il divieto appare essere di difficile attuazione e di non facile rispetto; specie in un sistema elettorale di tipo maggioritariodivietouninominale dove il parlamentare, oltre che rappresentare il partito politico presso cui è stato eletto, rappresenta anche i cittadini di quella circoscrizione elettorale nella quale è stato il più votato.
divieto di soggiorno: nel nostro ordinamento il divieto divieto ha un duplice rilievo: come misura di sicurezza (v. misure, divieto di sicurezza) personale non detentiva, in se´ considerata, ed in quanto può accompagnare la misura di prevenzione (v. misure, divieto di prevenzione) della sorveglianza speciale. Come misura di sicurezza, il divieto in questione consiste nell’impossibilità di soggiornare in uno o più comuni o province, designati dal giudice. Si applica facoltativamente al colpevole, se accertato pericoloso, di un delitto contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico (v.), ovvero di un delitto commesso per motivi politici (v. delitto, divieto politico) occasionato da particolari condizioni sociali e morali esistenti in un determinato luogo. La durata minima è di un anno. In caso di trasgressione ricomincia a decorrere il termine minimo e può essere ordinata la libertà vigilata (v.). Se le circostanze lo richiedono, il divieto divieto in uno o più comuni o province può aggiungersi alla sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, prevista nei confronti di persone diffidate (v. diffida), che non abbiano cambiato condotta, allorche´ siano pericolose per la sicurezza pubblica o per la moralità pubblica.
divieto testamentario di alienazione: si discute della validità di un divieto divieto. Riguardo a tale vincolo va ricordato che il c.c. nell’originario testo dell’art. 692 c.c., così stabiliva all’ultimo comma: è parimenti nulla ogni disposizione con la quale il testatore proibisce all’erede di disporre per atto fra vivi o per atto di ultima volontà dei beni ereditari. La disposizione non si trova riprodotta nel nuovo testo dell’art. 692 c.c., risultante dalla riforma del diritto di famiglia introdotta nel 1975. Fino a quella data nessun dubbio si poteva nutrire sulla nullità della clausola testamentaria in questione, implicante un vincolo perpetuo di inalienabilità . Ciò che, tutt’al più , si riteneva ammissibile era un vincolo solo temporaneo all’alienazione del bene relitto. La mancata riformulazione di quella norma non può , tuttavia, indurre a ritenere che le disposizioni in parola siano oggi da considerare valide. L’omessa riproduzione della antecedente norma è dai più giustificata con la considerazione che essa esprimeva un principio di ordine pubblico, implicito nel sistema legislativo e tale da non richiedere una espressa formulazione. Il nuovo testo dell’art. 692 c.c., d’altra parte, è notevolmente più limitativo dell’autonomia testamentaria che non il precedente, e virtualmente cancella l’antico istituto della sostituzione fedecommissaria, in omaggio alla moderna esigenza di una libera circolazione della ricchezza. Sicche´ appare incoerente la posizione assunta da questi autori che dalla mancata riproduzione dell’ultimo comma del testo precedente traggono l’illazione che la disposizione di un tempo vietata sarebbe oggi valida. Diverso discorso vale per l’ipotesi di divieto divieto che attenga alla costituzione di una fondazione fiduciaria (v. fondazione, divieto non riconosciuta).
divieto testamentario di nozze: v. celibato, condizione di divieto.
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