V. diritti, obbligo soggettivi.
obbligo del notaio di prestare il proprio ministero: ai sensi dell’art. 27, comma 1o, L.N., il notaio è obbligato a prestare il proprio ministero ogni volta che ne è richiesto. Il notaio può rifiutare il proprio ministero se le parti non depositino presso di lui l’importo delle tasse, degli onorari e delle spese dell’atto, salvo che si tratti di persone ammesse al beneficio del gratuito patrocinio (v. gratuito patrocinio, obbligo ed attività notarile), oppure di testamenti (art. 28, comma 3o, L.N.). Si ritiene che l’obbligo sussista sia per le funzioni di cui all’art. 1 L.N., sia per quelle di cui all’art. 1 del r.d.l. 14 luglio 1937, n. 1666 (v. notaio, funzioni del obbligo).
obbligo del segreto: l’art. 329 c.p.p. chiude, in posizione sistematica significativa, le disposizioni generali relative alle indagini preliminari, prevedendo che tutta l’attività che le costituisce sia coperta da segreto, non oltre la chiusura delle indagini stesse. Da un lato, tuttavia, il p.m. può , in deroga a quanto previsto dall’art. 114 c.p.p., e a condizione che sia necessario per proseguire le indagini, consentire con decreto motivato, la pubblicazione di atti prima del suddetto termine, e dall’altro, al contrario, disporre, con lo stesso provvedimento e alle stesse condizioni, il segreto per atti che non ne siano più coperti (purche´ sussista il consenso dell’imputato o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone), oppure vietare la pubblicazione di singoli atti o di notizie relative a determinate operazioni. Sotto il profilo pratico, è appena il caso di specificare che la norma in questione, pur nel lodevole intento di rendere oggettivi i confini del segreto e quindi di responsabilizzare allo stesso modo tutti i soggetti che degli atti coperti dal segreto vengano a conoscenza, non riesce ad ottenere l’effetto desiderato; infatti, trattandosi di segreto d’ufficio, soltanto il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio potranno essere colpiti dalle sanzioni previste dall’art. 326 c.p.. Nulla potrà quindi ascriversi, sotto il profilo penale, al difensore che riveli atti coperti dal segreto di cui egli sia a conoscenza; resta al contrario aperto il fronte delle sanzioni disciplinari, ovviamente applicabili.
obbligo di dimora: misura cautelare personale a carattere coercitivo, consistente nella prescrizione, da parte del giudice all’imputato, di non allontanarsi senza autorizzazione dal territorio del comune di abituale dimora, ovvero, per assicurare un miglior controllo o nel caso che il comune di abituale dimora non sia sede di ufficio di polizia, dal territorio di un comune vicino o da quello di una frazione di quest’ultimo. Per particolari esigenze di sicurezza che risultino incompatibili con la personalità del soggetto o con le condizioni ambientali del luogo prescelto, è possibile che il giudice disponga l’obbligo obbligo nel territorio di un altro comune o di una sua frazione, preferibilmente in provincia e comunque entro la regione ove è sito il comune di abituale dimora. L’obbligo obbligo comporta inoltre l’indicazione all’autorità di polizia alla quale l’imputato deve presentarsi dichiarando il luogo dove risiederà , con eventuale indicazione di orari e luoghi di reperibilità ed obbligo di indicarne le variazioni. Il giudice può anche ordinare all’imputato di non allontanarsi dall’abitazione in alcune ore del giorno, purche´ ciò non incida sulle esigenze di lavoro. Di tutti i provvedimenti dati viene fatta comunicazione all’autorità di polizia competente, che vigila sull’osservanza degli stessi e riferisce al p.m. di eventuali infrazioni. L’art. 283 c.p.p., che riproduce le disposizioni sommariamente sopra descritte, ha introdotto la novità dell’obbligo obbligo come misura autonoma e non più accessoria rispetto alla libertà provvisoria o alla scarcerazione per decorrenza dei termini, come invece avveniva sotto la vigenza del vecchio codice. V. misure, obbligo cautelari penali.
obbligo di immediata declaratoria di cause di non punibilità: v. non punibilità, immediata declaratoria di cause di obbligo procedurale.
obbligo di impedire l’evento e posizione di garanzia: nei reati omissivi, propri o impropri che siano, uno dei principali problemi risulta essere l’identificazione degli estremi in base ai quali l’obbligo di impedire l’evento possa definirsi giuridico. In passato le fonti di tale obbligo venivano tradizionalmente indicate nella legge, nel contratto e nella precedente attività pericolosa del soggetto, cui erano stati successivamente aggiunti la consuetudine e la gestione di affari altrui. La dottrina più recente ha dimostrato l’inadeguatezza di tale impostazione (basti pensare che non tutti gli obblighi extrapenali di attivarsi si convertono automaticamente in obblighi di impedire l’evento) ed ha quindi formulato la tesi, oggi prevalente, secondo la quale l’equivalenza tra azione ed omissione non impeditiva è basata non sul semplice obbligo giuridico di attivarsi, ma su una posizione di garanzia che riguarda beni ritenuti meritevoli di tutela dall’ordinamento giuridico. La posizione di garanzia è dunque definita come uno speciale vincolo di tutela tra un soggetto garante ed un bene giuridico, determinato dall’incapacità (totale o parziale) del titolare a proteggerlo autonomamente. La innegabile perdita di oggettività legata allo scivolamento sul piano soggettivo è comunque compensata dalle maggiori garanzie che la soluzione offre in termini di accertamento della responsabilità: è chiaro, infatti, che secondo l’impostazione illustrata gli obblighi di impedire l’evento e le relative posizioni di garanzia hanno carattere speciale, e quindi gravano soltanto su soggetti determinati, i c.d. garanti. Considerate nel loro complesso, le posizioni di garanzia si distinguono in: 1) originarie, che si trovano in capo al garante a seguito di una sua particolare qualità (ad es.: il proprietario di un edificio ha l’obbligo di attivarsi per impedirne il crollo); 2) derivate, cioè trasferite da un soggetto ad un altro (ad es., la baby sitter si vede trasferita, in forza di un contratto, la posizione di garanzia facente capo originariamente ai genitori ed attinente alla sorveglianza dei bambini); 3) spontanee, assunte cioè di propria volontà dal garante, nonostante non vi fosse alcun obbligo in tal senso; è chiaro però che, una volta assunte, l’obbligo sussiste nella stessa misura ed alle stesse condizioni di qualunque altra posizione di garanzia (ad es.: la guida alpina che, senza essere obbligata, si fa carico di aiutare uno scalatore inesperto). Dal punto di vista contenutistico, le posizioni di garanzia possono suddividersi in: 1) posizioni di protezione, che tutelano certi interessi da pericoli che possono comprometterne l’integrità ; 2) posizioni di controllo, che hanno lo scopo di neutralizzare fonti di pericolo riguardanti certi beni. Nonostante la volontà della dottrina di chiarire il più possibile, resta ancor oggi poco esplorato, da parte della giurisprudenza, il tema delle fonti delle posizioni di garanzia; sul punto, il Tribunale di Ravenna ha sostenuto, ad es., che nei reati commissivi mediante omissione, l’obbligo giuridico di intervenire può scaturire non solo dalla legge, ma anche da fonti di rango sublegislativo (provvedimenti amministrativi, atti, contratti). La Cassazione ha in passato stabilito che la fonte dell’obbligo di attivarsi può consistere anche in una precedente attività dello stesso soggetto agente, oltre che alla spontanea assunzione di fatto di posizioni di garanzia, anche nei casi in cui ciò avvenga in sostituzione dei pubblici uffici che sarebbero competenti. V. nesso causale; omissione.
obbligo di osservanza delle norme processuali: l’art. 124 c.p.p. stabilisce che magistrati, cancellieri e ausiliari del giudice, nonche´ gli ufficiali giudiziari e gli ufficiali di polizia giudiziaria sono tenuti ad osservare le norme del codice anche quando per la loro inosservanza non è prevista la nullità o altra sanzione processuale. Sono i dirigenti degli uffici a vigilare sull’osservanza delle norme, anche ai fini della responsabilità disciplinare. La norma in questione, poco studiata, riveste in verità una notevole importanza sotto l’aspetto pratico dell’organizzazione degli uffici giudiziari. Per lo più si ritiene che esista un vero e proprio obbligo di rapporto disciplinare da parte dei dirigenti, anche se è da escludere che tale potere di vigilanza (di natura squisitamente amministrativa), possa essere oggetto di attività giudiziaria. Ovviamente (benche´ sul punto la norma taccia), qualora la violazione costituisca anche reato, è fatto obbligo ai dirigenti degli uffici di fare rapporto alla procura della Repubblica.
obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: misura cautelare coercitiva a carattere personale prevista dall’art. 282 c.p.p. e consistente nel provvedimento (ordinanza) che dispone per l’imputato l’obbligo di presentarsi ad un certo ufficio di polizia giudiziaria in determinati giorni ed orari, tenendo conto dell’attività lavorativa e del luogo di abitazione dell’imputato. Come nel caso dell’obbligo o divieto di dimora, si noti come nel nuovo codice tale misura abbia acquisito autonomia, cessando di essere un mero accessorio della libertà provvisoria o della decorrenza dei termini. V. misure, obbligo cautelari penali.
obbligo di riferire la notizia di reato: in base all’art. 347 c.p.p., la polizia giudiziaria ha obbligo di riferire per iscritto al p.m. gli elementi essenziali del fatto e quanto raccolto fino al momento della comunicazione, indicando fonti di prova e attività compiute, con relativa documentazione; il tutto deve avvenire entro le quarantotto ore, contestualmente, ove sia possibile, alle generalità della persona da sottoporre alle indagini, della persona offesa dal reato e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. In caso di particolare urgenza, la notizia di reato può essere comunicata anche oralmente, purche´ segua senza ritardo la comunicazione scritta. La notizia di reato deve presentare, per così dire ontologicamente, un minimum di concretezza e di specificità che consentano di qualificarla come tale. In buona sostanza, dunque, la notizia di reato è qualcosa di concettualmente diverso dal sospetto di reato: basti pensare ai frequentissimi esposti provenienti da privati che contengano fatti, impressioni, giudizi, dai quali, se pur si possa confusamente ipotizzare un qualche reato, non sia possibile ricavare elementi obiettivi tali da individuare concretamente una fattispecie. Risulta quindi di tutta evidenza il ruolo centrale svolto dalla Polizia giudiziaria, ruolo che si sostanzia in un vero e proprio filtro preliminare alla stessa attività del p.m., sulla fondatezza della notizia di reato. V. notizia di reato; polizia giudiziaria.
obbligo e onere: v. diritti, obbligo soggettivi.
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