Il reato omissivo è caratterizzato dalla sostituzione dell’azione con un comportamento negativo che si dice appunto omissione. Il continuo espandersi della sfera dei reati omissivi, dovuta alla progressiva affermazione del principio di solidarietà sociale (sancito nel nostro ordinamento dall’art. 2 Cost.), in base al quale tutti i soggetti di una comunità hanno certi doveri come contropartita dei diritti che vengono loro riconosciuti, ha notevolmente ampliato la rilevanza teorica e pratica dell’omissione, studiata ora come forma di reato del tutto autonoma da quella commissiva. Si distinguono tradizionalmente due forme di reati omissivi, che vanno separatamente analizzate. 1) Reati omissivi propri: per la loro esistenza è necessario e sufficiente che il soggetto non compia un’azione che gli è invece imposta ex lege (ad es.: omissione di referto, art. 365 c.p.); si tratta dunque di un reato di pura condotta, consistente in pratica nel mancato compimento di un’azione che ci si aspettava dal soggetto al quale la norma penale impone di attivarsi in un determinato modo, sempreche´ , ovviamente, esista la possibilità concreta di farlo: non risponderà mai di un reato omissivo proprio il soggetto che, pur avendo fatto di tutto per adempiere all’obbligo di agire, non vi sia riuscito per fattori esterni. In tali circostanze, l’appartenenza del reato al soggetto, e cioè la coscienza e volontà dell’omissione, devono verificarsi in base al comportamento che il soggetto ha tenuto nel momento in cui si sarebbe dovuto attivare per adempiere l’obbligo: se esiste coscienza e volontà di tale comportamento, esisterà anche coscienza e volontà dell’omissione ad esso collegata. Quanto alla causalità nei reati omissivi propri, v. nesso causale. Il dolo si configura come coscienza della situazione tipica (ad es., necessità di stendere un referto), e consapevolezza della possibilità di agire. L’ignoranza della norma penale che prescrive l’obbligo di attivarsi sarà scusabile solo se inevitabile. Per quanto attiene alla colpa, la negligenza, l’imprudenza, e l’imperizia possono riguardare sia il mancato riconoscimento della situazione tipica, sia la scelta dell’azione da compiere; poiche´ la valutazione di entrambi gli aspetti tende sostanzialmente a far sì che il soggetto possa concretamente agire, occorrerà valutare attentamente la situazione particolare: dalla riconoscibilità della situazione alla riconoscibilità dei mezzi necessari al fine di attivarsi nel senso giusto. Tale valutazione dovrà tener conto delle capacità dell’uomo medio nel caso di soggetto non qualificato, o di quelle superiori eventualmente possedute dall’agente. Sul tentativo nei reati omissivi propri, si rinvia alla voce tentativo. 2) Reati omissivi impropri (o commissivi mediante omissione): sono caratterizzati dalla integrazione di una fattispecie solitamente commissiva tramite un’omissione (ad es., un disastro ferroviario ex art. 430 c.p., determinato dal mancato compimento di manovra di uno scambio da parte del manovratore). Tali reati sono cristallizzati in linea generale nel secondo comma dell’art. 40 c.p., in base al quale non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. La condotta tipica di un reato omissivo improprio nasce dunque dalla combinazione di una fattispecie commissiva con l’art. 40, comma 2o, c.p. (al quale si riconosce quindi una funzione estensiva): in base a tale combinazione nasce non una forma di manifestazione del reato commissivo, bensì un vero e proprio reato autonomo. Si pone dunque innanzitutto il problema di individuare quali reati siano suscettibili di assumere la connotazione omissiva impropria; dato per scontato che, al contrario di quanto avviene per i reati omissivi propri, si tratta sempre di reati di evento (ex art. 40, 2o) si ritengono non convertibili in reati omissivi impropri: a) quelli che il precetto caratterizza come reati omissivi propri; b) i reati che presuppongono un intervento concreto, materiale, del soggetto attivo; c) i reati abituali, per l’integrazione dei quali si richiedono reiterati comportamenti positivi. Più in generale, si ritengono non suscettibili di assumere la connotazione omissiva impropria tutti i reati caratterizzati da comportamenti positivi. Al contrario, dunque, potranno assumere tale connotazione i reati con evento naturalistico senza elementi tali da poter essere accostati esclusivamente a condotte positive. In pratica si tratterà di reati di evento causalmente orientati o a forma libera, per la cui sussistenza è necessaria e sufficiente una condotta idonea a causare l’evento tipico. In quest’ambito, poi, viene operata una ulteriore specificazione, in quanto si ritiene giustificato l’obbligo di impedire l’evento soltanto per beni giuridici di particolare rilevanza, come l’incolumità pubblica o la vita e l’incolumità individuale, e non per beni dotati di rilevanza inferiore, salvo che non rivestano nel caso specifico un interesse collettivo. Come si vede, l’identificazione di una precisa sfera di operatività del reato omissivo improprio è tuttora piuttosto difficoltosa. Aspetto altrettanto fondamentale e problematico è costituito dall’individuazione dei casi in cui possa dirsi sussistente un vero e proprio obbligo giuridico di impedire l’evento, e conseguentemente dei soggetti tenuti ad impedirlo. Sul punto, v. obbligo, omissione di impedire l’evento e posizione di garanzia. Per il complesso problema relativo alla causalità nei reti omissivi impropri, v. nesso causale. L’elemento soggettivo doloso relativamente ai reati omissivi impropri, comprende, secondo la più recente dottrina, anche la conoscenza dell’obbligo giuridico extrapenale di impedire l’evento, trattato come un qualunque altro elemento normativo della fattispecie, la cui mancata od erronea conoscenza escluderebbe il dolo ex art. 47, comma 3o, c.p.: in altre parole, l’errore sulla consapevolezza di rivestire una posizione di garanzia costituisce un errore sui presupposti del fatto; diversamente, invece, il dolo non deve ricomprendere anche la coscienza dell’obbligo giuridico penale di impedire, e dunque l’errore sull’esistenza della posizione di garanzia si converte in errore sulla legge penale, come tale scusabile, anche alla luce della sentenza 364/88 della Corte Costituzionale, solo se inevitabile. Per quanto attiene alla colpa, si è spesso sostenuto che il dovere di diligenza coincide con l’obbligo di impedire l’evento; se può ritenersi tale affermazione sostanzialmente vera, tuttavia i due concetti sono molto diversi tra loro, tanto che l’obbligo di diligenza deve essere modulato sulla concreta posizione di garanzia dell’omittente. Per il tentativo nei reati omissivi impropri, v. tentativo; nonche´ colpa; dolo; nesso causale; norma giuridica penale; obbligo, omissione di impedire l’evento e posizione di garanzia.
omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro: tra i delitti contro la pubblica incolumità , il c.p. prevede all’art. 451 il reato in oggetto, consistente nella condotta di chiunque, colposamente, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati all’estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro; la pena prevista è quella della reclusione fino ad un anno o della multa da lire duecentomila ad un milione. Non sfugga la sostanziale differenza tra questa figura e quella prevista dall’art. 437 c.p. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro): se là il legislatore ha inteso prevenire disastri o infortuni, con l’art. 451 c.p. si vogliono limitare i danni di un incendio, un disastro o un infortunio già verificatisi. Inoltre, la prima figura è esclusivamente dolosa, la seconda esclusivamente colposa. L’interesse tutelato è sempre quello dell’incolumità pubblica, che investe dunque un numero indeterminato di persone. Quanto al soggetto attivo, il reato può essere commesso da chiunque; l’elemento oggettivo si sostanzia anche in questo caso in una serie di situazioni specifiche numerosissime. La colpa in questo caso investirà l’azione omissiva, essendosi il disastro già verificatosi.
omissione di atti d’ufficio: v. rifiuto, omissione di atti d’ufficio.
omissione di avviamento dei minori al lavoro: il libro terzo, titolo I, capo II del c.p. prevede, all’art. 732 la contravvenzione consistente nella condotta di chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza su un minore che ha compiuto i quattordici anni e che deve trarre dal lavoro il suo sostentamento, omette senza giusto motivo di avviarlo al lavoro. La pena è dell’ammenda fino a sessantamila lire. Inutile sottolineare la marginalità di questo reato, caduto quasi in una sorta di consuetudine abrogativa.
omissione di avviso all’autorità dell’evasione o fuga di minori: il libro terzo, titolo I, capo I, sez. III del c.p. prevede, all’art. 716 la contravvenzione consistente nel comportamento del pubblico ufficiale o dell’addetto ad uno stabilimento destinato all’esecuzione di pene o di misure di sicurezza, ovvero ad un riformatorio pubblico, che omette di dare immediato avviso all’Autorità dell’evasione o della fuga di persona ivi detenuta o ricoverata. La sanzione prevista è quella dell’ammenda da ventimila a quattrocentomila lire. La medesima disposizione si applica nel caso di chi per legge o per provvedimento dell’Autorità si veda affidata una persona a scopo di custodia o di vigilanza. Anche in questo caso si sottolinea lo scarso rilievo pratico della contravvenzione in oggetto.
omissione di collocamento o rimozione di segnali o ripari: il terzo libro del c.p., titolo I, capo I, prevede all’art. 673 la contravvenzione consistente nel comportamento di chiunque omette di collocare i segnali o i ripari prescritti dalla legge o dall’Autorità per impedire pericoli alle persone in un luogo di pubblico transito, ovvero rimuove i segnali o i ripari suddetti, o spegne i fanali posti come segnali; altra condotta prevista è quella della rimozione di apparecchi o segnali diversi da quelli sopra indicati e destinati ad un servizio pubblico o di pubblica necessità , ovvero dello spegnimento dei fanali dell’illuminazione pubblica. La pena prevista e quella dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda fino ad un milione di lire, per tutte le ipotesi. Anche in questo caso il bene tutelato è quello dell’incolumità pubblica, vista nell’ottica della sicurezza della viabilità .
omissione di custodia di armi: il terzo libro del c.p., titolo I, capo I, prevede all’art. 702 la contravvenzione in oggetto, che consiste nella condotta di chiunque, anche se munito di porto d’armi: 1) consegna o lascia portare un’arma a persona di età minore di quattordici anni, o a qualsiasi persona incapace o inesperta nel maneggio di essa; 2) trascura di adoperare, nella custodia di armi, le cautele necessarie ad impedire che alcuna delle persone indicate sub 1) giunga ad impossessarsene agevolmente; 3) porta un fucile carico in un luogo ove sia adunanza o concorso di persone. La pena prevista è quella dell’ammenda fino a duecentoquarantamila lire.
omissione di denuncia di cose provenienti da delitto: il libro terzo del c.p., titolo I, capo I, prevede all’art. 709 questa contravvenzione, integrata dalla condotta di chiunque, avendo ricevuto denaro o acquistato o comunque avuto cose provenienti da delitto, senza conoscerne la provenienza, omette, dopo averla conosciuta, di darne immediato avviso all’Autorità . La pena prevista è quella dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda fino ad un milione.
omissione di denuncia di materie esplodenti: il libro terzo del c.p., titolo I, capo I, prevede all’art. 679 la contravvenzione in oggetto, consistente nella condotta di chiunque omette di denunciare all’Autorità la detenzione, da parte sua, di materie esplodenti di qualsiasi specie; ovvero di materie infiammabili, pericolose per la loro qualità o quantità ; la sanzione è costituita dall’arresto fino a dodici mesi o dall’ammenda fino a settecentoventimila lire. Ev prevista inoltre un’ipotesi attenuata (ammenda fino a quattrocentottantamila lire), nel caso che il soggetto abbia notizia che nel luogo da lui abitato si trovano materiali esplodenti, ed ometta di farne denuncia all’Autorità . Al contrario, l’ipotesi aggravata si verifica nel caso di trasgressione all’ordine, legalmente dato dall’Autorità , di consegnare, nei termini prescritti, le materie esplodenti; la pena prevista è dell’arresto da tre mesi a tre anni, o dell’ammenda da settantaduemila ad un milioneduecentomila lire. Sotto l’aspetto squisitamente pratico, si tenga presente che 1) la denuncia di cui alla contravvenzione in esame va effettuata in tutti i luoghi in cui l’esplosivo viene trasportato; 2) il reato coinvolge, oltre agli esplosivi tradizionali, (munizioni vere e proprie), tutta la vastissima gamma delle cd. castagnole, bombeomissionecarta, girandole, ecc..
omissione di denuncia di reato: sotto tale generica definizione sono ricomprese diverse previsioni legislative, segnatamente gli artt. 361 – €“ 365 e 384 c.p.. Si tratta in pratica delle c.d. violazioni di obblighi concernenti la notizia di reato, poste genericamente a tutela dell’attività giudiziaria, e in particolare del delicato momento relativo alla notitia criminis; le figure di reato che vengono in considerazione sono tre, e verranno separatamente analizzate. 1) omissione di rapporto (artt. 361 e 362 c.p.): consiste nel fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che omette o ritarda di fare il rapporto di cui all’art. 331 c.p.p.; è prevista anche un’ipotesi aggravata (art. 363 c.p.) se l’omessa o ritardata denuncia attiene ad un delitto contro la personalità dello Stato. Condizione del delitto è che il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio abbiano avuto notizia del reato nell’esercizio o a causa delle proprie funzioni o del proprio servizio. Deve comunque trattarsi di reato non perseguibile a querela della persona offesa; sugli estremi che la notizia di reato deve rivestire, si rinvia alla voce specifica. L’elemento oggettivo consiste nell’omettere o ritardare il rapporto sulla notitia criminis da inviare all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che deva riferire a quella giudiziaria. Ev chiaro, poi, che il contenuto del rapporto deve essere veritiero, in caso contrario il reato sussisterà nonostante la tempestività . L’elemento soggettivo (doloso) è costituito dalla coscienza e volontà di ritardare od omettere il rapporto, sapendo che si tratta di reato perseguibile senza querela. Il carattere specifico della disposizione comporta che non possa applicarsi l’incriminazione ex art. 328 c.p. (rifiuto od omissione di atti d’ufficio). Sotto il profilo sanzionatorio, se il delitto è commesso da un ufficiale o da un agente di Polizia giudiziaria, la pena è quella della reclusione fino ad un anno; se si tratta di altri pubblici ufficiali, la sanzione è limitata alla multa da lire sessantamila ad un milione, e se si tratta di incaricati di un pubblico servizio, fino a duecentomila lire. Nella forma aggravata, la pena prevista è la reclusione da uno a cinque anni per ufficiali ed agenti di Polizia giudiziaria; per gli altri soggetti tenuti al rapporto la sanzione è limitata alla reclusione da sei mesi a tre anni. 2) omissione di denuncia di reato da parte del cittadino: l’art. 364 c.p. incrimina il cittadino che, avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, per il quale la legge stabilisce l’ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all’Autorità giudiziaria o alla Polizia giudiziaria. Il legislatore ha ritenuto opportuno estendere la portata dell’omessa denuncia di reato anche al semplice cittadino, solo per i casi di reati particolarmente gravi come quelli contro la personalità dello Stato. La notizia oggetto della denuncia deve rivestire caratteri di serietà e verosimiglianza, non essendo sufficiente una mera voce non verificabile. L’elemento soggettivo è costituito dalla coscienza e volontà di non fare immediata denuncia di un delitto contro la personalità dello Stato punibile con la pena dell’ergastolo. La sanzione prevista è quella della reclusione fino ad un anno, oppure della multa da lire duecentomila a due milioni. 3) omissione di referto: l’art. 365 c.p. punisce con la multa fino ad un milione di lire chiunque, avendo prestato la propria assistenza od opera nell’esercizio di una professione sanitaria in casi che possano presentare caratteri di un delitto per il quale si deva procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’Autorità giudiziaria o di Polizia giudiziaria. Nonostante il dato letterale (chiunque), si tratta evidentemente di un reato proprio, come tale ascrivibile soltanto a chi esercita una professione sanitaria; inoltre, per il combinato disposto della norma in esame con l’art. 334 c.p., risulta che il referto deve pervenire all’Autorità sopra indicata entro quarantotto ore, trascorse le quali il reato verrà ritenuto sussistente (salvo, ovviamente, legittimo impedimento); si deve infine tener presente che lo stesso art. 365 c.p. prevede un’esimente speciale costituita dal referto che esporrebbe la persona assistita a procedimento penale. L’elemento oggettivo viene integrato non semplicemente se il soggetto qualificato viene a conoscenza di un delitto con le caratteristiche indicate ed omette di fare referto; l’omissione deve essere infatti ulteriormente qualificata dal fatto di esserne venuto a conoscenza in occasione di una propria prestazione professionale eseguita a qualunque titolo. Considerando il soggetto attivo, le sue conoscenze non specifiche in tema di diritto, la vasta gamma di reati contemplata (tutti quelli per i quali si deva procedere d’ufficio) e la possibilità richiesta, consegue che all’esercente una professione sanitaria conviene, in situazioni dubbie, stendere sempre referto; d’altro canto deve essere chiaro che il giudizio sulla possibilità che il fatto rivesta gli estremi richiesti deve essere fatto in concreto. Ciò , oltre che l’elemento oggettivo, finisce per riguardare anche l’elemento soggettivo, perche´ per la sussistenza del dolo è necessario che il soggetto attivo abbia coscienza, oltre che dell’omissione o del ritardo del referto, anche dei caratteri del fatto in occasione del quale egli presta la propria assistenza. Sotto il profilo sanzionatorio, la condanna per il delitto in esame comporterà , oltre alla multa fino ad un milione, la pena accessoria della interdizione temporanea dalla professione. Si ricordi che per effetto dell’art. 384 c.p., non è punibile chi, operando quale soggetto attivo dei reati sopra contemplati (artt. 361, 362, 363, 364, 365 c.p.) ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se´ medesimo o un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore. Trattasi ovviamente di esimente speciale.
omissione di doveri d’ufficio in occasione di abbandono di un pubblico ufficio o di interruzione di un pubblico servizio: l’art. 332 c.p. punisce con la multa fino ad un milione di lire il pubblico ufficiale o il dirigente di un servizio pubblico o di pubblica necessità che, in occasione di alcuno dei delitti previsti agli artt. 330 e 331 c.p. ai quali non abbia preso parte, rifiuta od omette di adoperarsi per la ripresa del servizio a cui è addetto o preposto, ovvero di compiere ciò che è necessario per la regolare continuazione del servizio. Per quanto attiene all’elemento oggettivo, si deve tener presente che la l. 12 giugno 1990, n. 146 (norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati), ha abrogato l’art. 330 c.p., per cui il delitto in esame è attualmente riferibile al solo art. 331 c.p. (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità ).
omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina: il libro terzo capo I del c.p. prevede all’art. 677 la contravvenzione in oggetto, consistente nel comportamento del proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero di chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza degli stessi che omettono di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo. La contravvenzione è integrata anche nel caso che, a rovina di edificio già avvenuta, i soggetti obbligati non rimuovano il pericolo determinato dalla rovina medesima. Per queste due ipotesi la sanzione prevista è l’ammenda non inferiore a duecentomila lire. Il terzo comma dell’art. 677 c.p. contempla la fattispecie aggravata della stessa contravvenzione, che si verifica nel caso che dai fatti sopra descritti derivi pericolo per le persone: la sanzione prevista è allora l’arresto fino a sei mesi o, in alternativa, l’ammenda non inferiore a seicentomila lire.
omissione di rapporto: fattispecie criminosa realizzata dal pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio (v. Pubblica Amministrazione, reati contro la omissione) che omette o ritarda di denunciare all’Autorità competente un reato di cui abbia avuto notizia nell’esercizio delle proprie funzioni (art. 361 c.p.).
omissione di referto: il referto è una comunicazione proveniente da un soggetto che eserciti una professione sanitaria (medico, veterinario, farmacista) diretta all’Autorità giudiziaria, od a altra autorità che a questa abbia l’obbligo di riferire, avente ad oggetto casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio (art. 365 c.p.). Colui che esercita una professione sanitaria ed abbia prestata la propria assistenza ad opera nei casi anzidetti, ha l’obbligo di presentare referto. In caso di omissione o ritardo da parte del sanitario, questi incorre nella contravvenzione in esame. L’elemento oggettivo è costituito dalla omissione o ritardo nella presentazione del referto. L’obbligo sorge nel momento in cui il sanitario scorge anche solo la possibilità concreta che un delitto sia commesso. Ev un reato di pericolo (v. reato, omissione di pericolo). In ordine all’elemento soggettivo, trattandosi di una contravvenzione è sufficiente l’accertamento, quantomeno della colpa (v. contravvenzioni).
omissione di soccorso: tra i delitti contro la vita e l’incolumità individuale previsti dal capo I, titolo XII del primo libro del c.p., figura anche quello in esame, all’art. 593; l’omissione omissione consiste nella condotta di chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore di dieci anni o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o altra causa, omette di darne immediato avviso all’Autorità . Il delitto è integrato anche da chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità . In entrambi i casi descritti la pena prevista è quella della reclusione fino a tre mesi o, in alternativa, della multa fino a seicentomila lire. L’art. 593, comma 3o, c.p. prevede inoltre due aggravanti, la prima per il caso che dalla condotta sia derivata lesione personale, e la seconda se dalla condotta sia derivata la morte; le pene previste sono rispettivamente un generico aumento e il raddoppio della pena base. Soggetto attivo del reato può essere chiunque, indipendentemente da ogni rapporto con la persona che versa in pericolo; essendo infatti il bene giuridico tutelato quello statale riguardante la sicurezza della persona fisica, soprattutto se versante in stato di presunto o accertato pericolo, è chiaro che la legge impone a tutti i consociati quel dovere di solidarietà umana, il cui inadempimento costituisce appunto reato. Questo delitto ha indubbiamente, sotto il profilo pratico, le caratteristiche del reato di pericolo, benche´ , se si considera la violazione del dovere di assistenza, assuma la connotazione del vero e proprio reato di danno. L’omissione omissione presenta due presupposti indefettibili, e cioè il pericolo per la persona ed il fatto non incriminato ad altro titolo: in base a quest’ultimo requisito, occorre dunque che si tratti della violazione del generico dovere di assistenza senza ulteriore specificazione, ricorrendo altrimenti una diversa ipotesi di reato, a seconda dei casi. L’elemento oggettivo dell’omissione omissione può essere costituito da due diverse situazioni. 1) Noncuranza verso incapaci abbandonati e smarriti: in pratica la legge presume che queste persone, per la loro particolare condizione, siano comunque esposte al pericolo per l’incolumità psicofisica; d’altro canto è ovvio che si richiede perlomeno la possibilità di un pericolo per i beni giuridici tutelati. L’elenco delle persone (fanciulli, incapaci di provvedere a se stessi per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa), si ritiene tassativo; esse devono poi trovarsi in situazione di abbandono o di smarrimento. Inoltre l’art. 593 c.p. prima parte prevede che l’omittente trovi una delle suddette persone nelle condizioni descritte; trovare significa comunque un contatto sensoriale, non integrando il reato il semplice venire a conoscenza del fatto. Ricorrendo tutte queste condizioni, si considera violato il dovere di soccorso se il soggetto non dà immediato avviso all’Autorità . 2) Noncuranza verso persone in pericolo: in tal caso il pericolo è già scontato, perche´ il soggetto attivo trova un corpo umano che sia o sembri inanimato; è chiaro, dunque, che il corpo deve essere vivo, non rilevando ai fini dell’art. 593 c.p. l’omissione omissione che si riferisca ad un cadavere; è altrettanto evidente, però , che per chi versi in tale situazione conviene, nel dubbio, provvedere comunque all’assistenza immediata. Sempre in base alla seconda parte dell’art. 593 c.p., il soggetto può trovare un ferito, e dovrà trattarsi di un ferito tale da essere in stato di pericolo. Infine, con formula di chiusura, l’ultima ipotesi prevista dalla seconda parte dell’art. 593 c.p. parla di ritrovamento di una persona altrimenti in pericolo; a tal proposito si ricordi che non rileva la causa della situazione di pericolo medesima. Quanto al significato di trovare, si è ritenuto che per questo secondo gruppo di ipotesi debba darsi all’espressione un significato più ampio di quello descritto sub 1, benche´ nella pratica non sia facile individuare la differenza. Si ricordi inoltre che questa seconda serie di ipotesi si ritiene integrata non solo nel caso di mancato immediato avviso all’Autorità (come avviene per i casi sub 1), ma anche se il soggetto attivo ometta di prestare l’assistenza occorrente; resta inteso che il pericolo per il ritrovatore non costituisce esimente (dunque il soggetto è sempre tenuto a prestare soccorso), salvo che ricorrano gli estremi del vero e proprio stato di necessità (art. 54 c.p.); per assistenza occorrente deve intendersi il tipo di soccorso che appare necessario in rapporto alla situazione concreta, sia sotto il profilo del pericolo cui la persona si trova esposta, sia sotto quello delle conoscenze specifiche del soggetto attivo (ad es., si richiederà un’assistenza qualitativamente migliore ad un medico che a un ingegnere); infine, l’assistenza andrà prestata tempestivamente. Il momento consumativo del delitto si verifica quando ricorre l’inadempimento del dovere imposto, nelle sue varie forme, dall’art. 593 c.p. L’elemento soggettivo, costituito esclusivamente dal dolo, consiste nella volontarietà dell’omissione, unita alla consapevolezza delle condizioni indicate nell’art. 593 c.p.. Trattandosi di reato tipicamente omissivo proprio, il tentativo non è configurabile. Sulle circostanze aggravanti di cui all’art. 593, comma 3o, si è già detto, così come delle sanzioni relative al delitto semplice ed aggravato.
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