indagini preliminari: la fase delle indagini indagini, in quanto attività degli organi inquirenti (p.m. e polizia giudiziaria), è destinata ad esaurirsi in se stessa ovvero, in alternativa, a proseguire. Nel primo caso, l’epilogo e rappresentato dall’archiviazione (v.), che pone termine al procedimento; nel secondo sfocia in una delle possibili forme di esercizio dell’azione penale (v.) ed il procedimento si articola in quel suo particolare modo di essere, che conduce all’udienza preliminare (v. udienza, indagini preliminare). L’archiviazione si contrappone, quindi, all’azione penale e presuppone sempre il mancato inizio di quest’ultima. La distinzione attiene al profilo formale della effettuazione o meno della incolpazione, secondo una delle tassative modalità previste dal codice. Infatti vi è esercizio dell’azione penale quanto il p.m. richiede il rinvio a giudizio, l’applicazione della pena c.d. patteggiata, il giudizio immediato o il decreto penale di condanna, ovvero presenta o cita l’imputato al giudizio direttissimo.
indagini sulle attitudini professionali, sulle opinioni, sulla vita privata: nello statuto dei lavoratori (art. 8) è previsto un peculiare divieto per il datore di lavoro di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonche´ su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale di questo; divieto sanzionato penalmente. Il comportamento vietato può essere letto, come avviene nell’interpretazione prevalente, in senso solo materiale, cioè con la necessità di un preciso comportamento attivo di ricerca; ovvero anche come inclusivo dell’utilizzazione delle notizie c.d. di dominio pubblico senza necessità di un’indagine ad hoc. Un indicatore attendibile della sfera di influenza del divieto lo si ritrova nella giurisprudenza della Suprema Corte sia in tema di c.d. requisiti estrinseci dei bandi di concorso (v. concorsi privati), specie degli enti pubblici e degli istituti di credito, quali il titolo di studio, la residenza, i vincoli di parentela ecc.; sia in tema di rilievo dei fatti estranei al rapporto di lavoro rispetto alle nozioni di giusta causa (v.) e di giustificato motivo soggettivo di licenziamento (v. licenziamento per giustificato motivo). In quest’ultima ipotesi l’orientamento prevalente afferma che, se pur in generale sono irrilevanti i comportamenti tenuti dal lavoratore nella sua vita privata e perciò estranei al rapporto in se´ considerato, possono, tuttavia, assumere eccezionalmente rilievo quei fatti della vita extralavorativa del prestatore che oggettivamente, cioè in base ad una valutazione non arbitraria ma ragionevole e verificabile, ed in relazione alla specificità del rapporto (caratteristiche dell’impresa, particolarità delle mansioni), siano idonei a far ritenere il lavoratore professionalmente inidoneo alla prosecuzione del rapporto. Il divieto di indagini opera sia nella fase iniziale che nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro. Ma il momento dell’assunzione rappresenta, oggi, forse la fase più delicata, in quanto il divieto deve fare i conti con la nuova regola legale del collocamento (v.) con semplice chiamata nominativa. La problematica si presenta in termini diversi, più flessibili, nelle c.d. organizzazioni di tendenza (v.) (partiti, sindacati ecc.). La nuova disciplina sul licenziamento individuale (l. 11 maggio 1990, n. 108) le esclude infatti dall’ambito di applicazione dell’ordine di reintegra del lavoratore licenziato, lasciando però in piedi, in caso di licenziamento ingiustificato, l’alternativa tra riassunzione e risarcimento dei danni. Le situazioni di incompatibilità e di indesiderabilità derivanti da fatti extralavorativi possono aversi non solo nei confronti del datore, ma anche dei compagni di lavoro: come nei casi di lavoratori ammalati di Aids. Proprio rispetto a questi ultimi il legislatore ha esteso il divieto di indagini e la sanzione penale (artt. 5 e 6 della l. 5 giugno 1990, n. 135).
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