Enciclopedia giuridica

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Autorizzazione



autorizzazione agli acquisti degli enti pubblici: per gli acquisti immobiliari e per l’accettazione di donazioni, eredità , legati da parte di enti pubblici occorre una speciale autorizzazione (art. 7 c.c.), al fine di impedire la c.d. manomorta e acquisti non convenienti. L’autorizzazione è un atto di assenso, non necessariamente preventivo, che non occorre per gli acquisti dello Stato. Nulla è stato disposto per le ragioni, alle quali è stata trasferita la potestà di autorizzare gli enti dipendenti o ausiliari. Per gli enti pubblici a carattere nazionale, l’autorizzazione è data con d.p.r., su proposta del ministero da cui dipende o è controllato l’ente, sentito il Consiglio di Stato. Per gli acquisti degli enti locali è competente il prefetto. L’acquisto senza autorizzazione resta privo di effetti, almeno fino a quando il difetto di legittimazione a negoziare dell’ente non sia sanato da una successiva autorizzazione. Deve tenersi tuttavia presente che la donazione a persona giuridica diviene irrevocabile per il donatore dal momento in cui l’ente gli abbia notificato l’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione (art. 782 c.c.: il vincolo viene peraltro meno se l’autorizzazione non intervenga entro un anno).

autorizzazione agli acquisti delle persone giuridiche: v. acquisto, autorizzazione da parte delle persone giuridiche.

autorizzazione alle liti degli enti pubblici: la autorizzazione autorizzazione è la manifestazione della volontà dell’ente di essere parte nel processo e presupposto indefettibile per l’instaurazione del rapporto processuale nei confronti dell’ente medesimo. Concettualmente, l’autorizzazione va distinta dalla rappresentanza dell’ente in giudizio (cfr. art. 75, comma 2o, c.p.c.). A volte, tuttavia, la titolarità del potere di rappresentanza e di quello di deliberare l’autorizzazione autorizzazione coincide in un unico centro di legittimazione (così nel caso del ministro); altre volte, invece, la rappresentanza dell’ente da parte di un dato organo deve essere preceduta dall’autorizzazione autorizzazione, quale atto formale proveniente da altro organo titolato a manifestare la volontà dell’ente di essere parte, ricorrente o resistente, del processo (è il caso del comune, che sta in giudizio nella persona del sindaco, il quale deve però avere l’autorizzazione dalla giunta). Nonostante l’autorizzazione autorizzazione non sia atto processuale in senso stretto, la sua mancanza, inefficacia o invalidità può essere rilevata d’ufficio dal giudice; ciò secondo un consolidato orientamento fondato sul carattere comunque endoprocessuale dei vizi predetti e sulla generale competenza del giudice amministrativo a conoscere delle questioni relative alla capacità di stare in giudizio (art. 8 l. 6 dicembre 1971, n. 1034). La giurisprudenza ritiene ammissibile che la deliberazione dell’autorizzazione intervenga anche successivamente alla proposizione del ricorso, fino a che la causa non sia passata in decisione. Per la costituzione in giudizio dell’ente che resiste al ricorso vale il deposito della delibera di autorizzazione all’udienza di trattazione. Circa l’appello, vale il principio che spetta comunque all’organo competente a deliberare l’autorizzazione autorizzazione valutare la convenienza di percorrere anche il secondo grado. Si richiede, perciò , per l’appello, un’ulteriore autorizzazione autorizzazione, quale che sia stato l’esito del primo grado, a meno che contro l’ente già legittimato a resistere in prime cure e destinatario di una sentenza favorevole sia stato presentato appello promosso dalla parte soccombente. L’organo legittimato alla presentazione del ricorso è lo stesso qualificato a deliberare e presentare la rinuncia al ricorso.

autorizzazione a stare in giudizio: l’autorizzazione autorizzazione è il provvedimento che attribuisce a soggetti talvolta diversi da quelli sostanziali il potere di compiere determinate attività processuali altrimenti non validamente spiegabili. Subordinata a valutazioni di opportunità , viene emessa dall’autorità giudiziaria competente secondo la legge (artt. 320, comma 2o, 374 n. 5; 375 n. 3, 394, comma 3o, 424 c.c.), su apposita istanza dei soggetti a ciò legittimati.

autorizzazione di polizia: l’autorizzazione autorizzazione (licenze, iscrizioni in appositi registri, approvazioni e simili atti di polizia: art. 14 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, t.u. leggi di pubblica sicurezza) consente all’autorità di pubblica sicurezza (Ministro dell’interno, prefetto, questore, sindaco, ecc.) di impedire che talune attività considerate pericolose per la loro natura o per le qualità del soggetto richiedente possano costituire causa di turbamento per l’ordine e la sicurezza pubblica. L’autorizzazione autorizzazione è richiesta in materia di armi, esplosivi, industrie pericolose, mestieri pericolosi o incomodi, spettacoli, esercizi pubblici, agenzie, tipografie, mestieri girovaghi, istituti di vigilanza e di investigazione privata ecc. Le attività in questione non sono illecite in se´ , ma sono vietate in quanto si svolgano senza l’autorizzazione autorizzazione. L’autorizzazione vale esclusivamente a fini amministrativi e non può essere invocata per escludere o diminuire la responsabilità civile o penale del titolare per i danni a terzi occorsi nell’esercizio concreto dell’attività autorizzata. L’autorizzazione autorizzazione obbliga all’osservanza delle condizioni stabilite dalla legge, nonche´ alle altre prescrizioni che l’autorità di p.s. ritenga di imporre nell’interesse pubblico. Le autorizzazioni di polizia vengono rilasciate a chi abbia determinati requisiti soggettivi (assenza di precedenti penali, condanne e misure di sicurezza; buona condotta), nonche´, ove richiesto la capacità tecnica all’esercizio dell’attività oggetto di autorizzazione e dia affidamento di non svolgere l’attività in contrasto con il pubblico interesse. L’autorizzazione autorizzazione è personale, sicche´ non può essere trasmessa, ne´ dar luogo di regola a rapporti di rappresentanza; in particolare, il trasferimento dell’azienda non implica il trasferimento dell’autorizzazione al subentrante. Nei casi ammessi, il rappresentante, per conseguire l’autorizzazione, deve possedere gli stessi requisiti prescritti per il titolare ed avere l’approvazione dell’autorità di p.s.. Ev evidente il carattere latamente discrezionale dell’autorizzazione autorizzazione. Essa è pertanto revocabile, dalla stessa autorità competente al rilascio, ogni qual volta venga meno la rispondenza al pubblico interesse. Ev prevista una revoca obbligatoria (per mancanza di requisiti soggettivi) e una revoca discrezionale (per sopraggiunte circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego; per abuso). L’autorizzazione autorizzazione ha in generale la durata di un anno. In sede di rinnovo l’autorità di p.s. verifica nuovamente i requisiti per il rilascio, anche attraverso l’accesso in qualunque ora nei locali destinati all’esercizio delle attività soggette a autorizzazione per verificare il rispetto delle prescrizioni imposte dalla legge o dalla stessa autorità . L’eventuale diniego di rinnovo ha dunque finalità analoghe alla revoca. L’autorizzazione autorizzazione è prevista dal r.d. n. 773 del 1931 e dal relativo regolamento, nonche´ da varie altre leggi. Una rilevante disciplina è però contenuta anche nel d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616, con il quale sono state trasferite alle regioni e agli enti locali le funzioni di polizia amministrativa nelle materie ad essi attribuite o trasferite. Si è riservata comunque all’autorità di p.s. la facoltà di accesso nei locali destinati all’esercizio di attività soggette ad autorizzazione e si è previsto, per l’autorità comunale, l’onere di comunicare al prefetto i provvedimenti che intende adottare in materia, nonche´ l’obbligo di sospenderli, annullarli o revocarli su motivata richiesta del prefetto in relazione alle esigenze di pubblica sicurezza.

autorizzazione in generale: con il termine autorizzazione si individua comunemente una serie di provvedimenti amministrativi che condizionano, in funzione permissiva, l’esercizio di determinate attività inerenti a preesistenti diritti dei soggetti interessati consentendole o meno sulla base di una valutazione di carattere (non tecnico, ma) discrezionale investente la rispondenza, nei singoli casi, delle condizioni richieste dalla legge per l’esercizio dell’attività ai particolari interessi pubblici salvaguardati attraverso la potestà autorizzatoria. Oggetto dell’autorizzazione può essere non solamente una attività , da qualificarsi illecita ove non autorizzata, ma altresì un atto, la cui emanazione può essere condizionata da una previa autorizzazione, in assenza della quale l’atto sarà illegittimo per mancanza di un presupposto necessario. Oggetto dell’autorizzazione può essere, in particolare, anche l’esercizio di una potestà da parte di un organo e quindi il relativo atto amministrativo esplicativo di quella potestà . L’autorizzazione è il tipico strumento amministrativo mediante il quale la realizzazione dell’interesse privato è subordinata all’interesse pubblico. Con l’autorizzazione può ottenersi dunque un effetto regolativo molto penetrante per la tutela di qualsiasi interesse pubblico. In questo quadro, i procedimenti autorizzativi possono essere in funzione di controllo o in funzione di programmazione. Mentre i primi corrispondono precisamente allo schema generale del controllo, i secondi costituiscono uno strumento di amministrazione pubblica dell’economia. Quanto alla tipologia degli atti, il termine autorizzazione, indica in modo indistinto parecchi atti autorizzatori: dispense, esoneri, permessi, licenze, patenti, approvazioni, visti, ammissioni, nullaosta, nonche´ autorizzazioni costitutive (di legittimazioni o di diritti soggettivi, nuovi ed autonomi da altre situazioni giuridiche soggettive preesistenti) e permissive (dell’esercizio di situazioni giuridiche soggettive di altro soggetto). Tutti i predetti atti sono accomunati, secondo l’orientamento tradizionale, dall’effetto di eliminare un ostacolo giuridico che impedisce l’esercizio di una preesistente situazione giuridica soggettiva del privato. Per una tesi più moderna, invece, l’autorizzazione va ricostruita come elemento integrativo di una fattispecie complessa (data dall’insieme delle circostanze necessarie, oltre all’autorizzazione, ad attribuire al soggetto il diritto o il potere), già parzialmente realizzata, da cui derivano il diritto o il potere. La l. 7 agosto 1990, n. 241, ha previsto (artt. 19 e 20) meccanismi di sostanziale liberalizzazione di talune attività economiche private attraverso la semplificazione del relativo regime autorizzatorio. L’art. 19 dispone la sostituzione dell’ordinario procedimento autorizzatorio con un regime alternativo che consente l’attività privata sulla base della sola denuncia di inizio dell’attività stessa da parte dell’interessato all’amministrazione competente. Ciò in tutti i casi in cui il rilascio dell’atto di consenso da parte dell’amministrazione dipenda esclusivamente dal mero accertamento dei presupposti e dei requisiti prescritti attraverso un’istruttoria condotta esclusivamente sui documenti, senza necessità di acclaramenti di fatto che comportino valutazioni tecniche discrezionali e senza che siano previsti limiti o contingenti complessivi per il rilascio dell’autorizzazione. Si tratta di un ambito coincidente con i casi in cui l’amministrazione autorizzante non ha margini apprezzabili di valutazione discrezionale. Con la denuncia di inizio dell’attività di privato attesta l’esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, ed eventualmente autocertifica l’avvenuto esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. L’amministrazione competente può , entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, verificare d’ufficio, allo stato degli atti, la sussistenza dei presupposti e requisiti di legge. L’accertamento dell’insussistenza dei presupposti e requisiti dà luogo all’apertura di un procedimento di autotutela con il quale l’amministrazione motiva le specifiche ragioni di interesse pubblico che la inducono ad assumere un provvedimento repressivo, consistente nel divieto della prosecuzione dell’attività e nella rimozione dei suoi effetti, a meno che non sia possibile in concreto assegnare un termine al privato per la conformazione dell’attività e dei suoi effetti alla normativa vigente. A sua volta, l’art. 20 della l. n. 241 del 1990 estende l’applicazione dell’istituto del silenzioautorizzazioneassenso nell’ambito dei procedimenti autorizzatori. In particolare, si demanda alla fonte regolamentare (v. ora il d.p.r. 26 aprile 1992, n. 300) la determinazione dei casi in cui la domanda di rilascio di un atto di consenso (autorizzazione, licenza, deliberazione, nullaosta, permesso ecc.), cui sia subordinato lo svolgimento di un’attività privata, si considera accolta ove non sia comunicato al privato il provvedimento di diniego entro un dato termine, fissato dal regolamento per categorie di atti in relazione alla complessità del rispettivo procedimento. In caso di diniego motivato l’amministrazione può annullare l’assenso illegittimamente formato, salvo che l’interessato provveda a sanare, ove possibile, i vizi entro un termine dato dall’amministrazione stessa.


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