Tradizionalmente si distingue, entro il medesimo genere delle persone giuridiche, fra l’associazione come universitas personarum e la fondazione, invece, come universitas bonorum: una pluralità di persone, l’una, unite per il perseguimento di uno scopo comune; un complesso di beni, l’altra, destinato al perseguimento di uno scopo. Associazione e fondazione sono, entrambe, espressione di autonomia privata: l’una e l’altra traggono vita da un atto di volontà , dal contratto di associazione l’una, dall’atto di fondazione l’altra; l’attività volta a realizzare lo scopo è attività esecutiva dei rispettivi atti costitutivi. Ciò che accomuna fra loro associazione e fondazione può essere descritto con il concetto di atto di organizzazione, ossia di atto l’esecuzione del quale implica la costituzione di una struttura organizzativa. Sono queste peculiari modalità di esecuzione dell’atto il presupposto in considerazione del quale molteplici norme (quelle, in particolare, degli artt. 14, 16 – 19, 27, 30 – 35 c.c.) hanno potuto trovare indifferenziata formulazione per le associazioni e per le fondazioni. Le differenze che intercorrono fra l’una e l’altra figura sono di duplice ordine: esse attengono, in primo luogo, alla diversa natura dei rispettivi atti costitutivi; attengono, in secondo luogo, ai diversi modi di esecuzione di questi atti. La fondazione può , a differenza dell’associazione, essere costituita da una sola persona; ma le differenze fra le due figure permangono anche nell’ipotesi in cui la fondazione sia stata costituita da più persone, da una moltitudine di persone. L’atto costitutivo dell’associazione è sempre un contratto; l’atto di fondazione ha sempre, per contro, natura di atto unilaterale: unico atto unilaterale (v. atti unilaterali), quando il fondatore sia una sola persona; pluralità di atti unilaterali, quando si tratti di fondazione costituita da più persone. Le ulteriori, più significative, differenze si manifestano nei modi di esecuzione: il fondatore non partecipa, in quanto tale, all’esecuzione dell’atto di fondazione; egli si spoglia, in modo definitivo, della disponibilità dei beni che destina allo scopo, e non concorre, come, invece concorrono le parti del contratto di associazione, nella loro amministrazione. Potranno essere diverse, nelle varie manifestazioni del fenomeno associativo e in rapporto alle varie categorie di associati, le modalità di partecipazione di questi all’attività dell’associazione: questa partecipazione potrà ridursi all’espressione di un voto nelle deliberazioni a maggioranza del gruppo e potrà , nel caso estremo, essere limitata alle sole deliberazioni che attengono alle modificazioni del contratto, alla sostituzione degli amministratori ed all’azione di responsabilità nei loro confronti; ma permarrà , in ogni caso, il potere dell’associato, se non di concorrere direttamente nella gestione, di influire indirettamente sul suo svolgimento. L’esecuzione dell’atto di fondazione è, invece, affidata a persone diverse dal fondatore: queste diverse persone, gli amministratori della fondazione, sono coloro che compongono l’elemento personale della fondazione; a costoro si allude allorche´ si avverte che anche la fondazione è , al pari dell’associazione, una organizzazione di uomini. La posizione degli amministratori della fondazione è profondamente diversa tanto dalla posizione degli associati, quanto da quella degli amministratori dell’associazione. Gli elementi che li differenziano dai primi vengono tradizionalmente riassunti nella proposizione secondo la quale l’associazione ha organi dominanti e la fondazione, invece, organi serventi. L’esecuzione dell’atto di fondazione rappresenta, per gli amministratori di questa, l’adempimento di un ufficio: essi sono vincolati, nel disporre dei beni della fondazione, al perseguimento dello scopo assegnato dal fondatore; e solo l’autorità governativa, che sull’amministrazione esercita il più penetrante controllo (art. 25 c.c.), può modificare la destinazione del patrimonio (artt. 28, 31, comma 2o, c.c.). Nell’associazione, al contrario, la destinazione del patrimonio allo scopo costituisce oggetto di un impegno contrattuale; e i membri dell’associazione fruiscono in ordine alla destinazione del patrimonio della medesima autonomia che è propria delle parti di ogni contratto: essi possono, a proprio arbitrio, modificare il contenuto del contratto, possono deliberare lo scioglimento dell’associazione, possono, in sede di estinzione, deliberare sulla devoluzione dei beni residui. La posizione degli amministratori della fondazione è altresì diversa da quella degli amministratori dell’associazione. I primi sono i soli arbitri della gestione: essi determinano a proprio piacimento i criteri che ritengono più opportuni per l’amministrazione del patrimonio e per la destinazione allo scopo; la loro carica può essere a vita; il fondatore non può , come non possono i suoi eredi, ingerirsi in alcun modo nell’amministrazione; il controllo dell’autorità governativa, per quanto penetrante, è solo un controllo di legittimità : essa non può intervenire fino a quando gli amministratori non abbiano violato lo statuto o la legge o non abbiano agito in difformità dello scopo della fondazione (art. 25 c.c.). Le attribuzioni degli amministratori delle associazioni trovano, per contro, un limite nelle attribuzioni dell’assemblea degli associati: questa è periodicamente chiamata ad approvare o disapprovare, con il bilancio redatto dagli amministratori, i criteri di gestione da essi adottati; è periodicamente chiamata ad esprimere, con la conferma degli amministratori in carica o con la loro sostituzione, il proprio gradimento del loro operato; per quanto non possa, con istruzioni su specifici affari, ingerirsi nell’amministrazione diretta dell’associazione, che è di competenza esclusiva dell’organo amministrativo, essa può tuttavia formulare, in sede di approvazione del bilancio annuale o all’atto della nomina degli amministratori, direttive di carattere generale sul modo di amministrare.
attività di impresa della fondazione: in mancanza di limiti statutari, le fondazioni sono libere di esercitare qualsiasi attività idonea al conseguimento degli scopi loro consentiti: potrà trattarsi, come normalmente si tratta, di attività non economiche, ma potrà altresì trattarsi, al pari che nelle società, di attività economiche, ossia organizzate per la produzione e lo scambio di beni o di servizi, sempre che siano preordinate, s’intende, al conseguimento degli scopi ideali che sono propri della fondazione. E le loro attività economiche potranno, nell’ambito di un sistema che, come quello vigente, non include lo scopo di lucro fra i connotati della figura giuridica dell’imprenditore (v.), assumere i caratteri dell’impresa in senso tecnico, determinando in capo alla fondazione le conseguenze che si ricollegano all’acquisto della qualità di imprenditore. L’impresa della fondazione può costituire l’oggetto esclusivo o, comunque, principale dell’ente: solo allora potrà dirsi, in analogia con quanto è disposto per gli enti pubblici economici dall’art. 2201 c.c., di essere in presenza di un imprenditore commerciale, sottoposto alla speciale disciplina di cui agli artt. 2188 – 2221 c.c.: si sarà , invece, di fronte ad un imprenditore senza ulteriore specificazione, sottoposto alla disciplina legislativamente formulata con generico riferimento a tale figura, e non anche di fronte ad un imprenditore commerciale, quando l’esercizio dell’impresa costituisca oggetto secondario della fondazione. V. anche fondazione holding.
atto di fondazione: la fondazione è espressione di autonomia privata retta dai principi del quarto libro del c.c.: atto costitutivo e statuto vanno interpretati secondo le norme sull’interpretazione dei contratti (v. interpretazione del contratto), applicabili agli atti unilaterali a norma dell’art. 1324 c.c.. Il vincolo di destinazione dei beni allo scopo, tradizionalmente ricollegato all’efficacia costitutiva del decreto di riconoscimento, è dalla giurisprudenza odierna riferito all’fondazione fondazione e concepito come effetto di questo. Di qui una duplice conseguenza: se l’fondazione fondazione è invalido o inefficace, il vincolo di destinazione non opera, ed i beni dovranno essere restituiti agli aventi diritto, anche se era intervenuto il decreto di riconoscimento; d’altro canto, il vincolo di destinazione cade per il solo fatto della invalidità o inefficacia dell’atto di autonomia privata che era diretta a costituirlo, indipendentemente dalla revoca dell’atto amministrativo di riconoscimento, che sarà solo un consequenziale provvedimento. Ev così superato quell’antico orientamento secondo il quale il riconoscimento della personalità giuridica copriva l’invalidità dell’fondazione fondazione, e questa si traduceva in causa di possibile revoca del riconoscimento. L’fondazione fondazione ha un duplice contenuto: è , in primo luogo, un atto di disposizione patrimoniale, mediante il quale un privato (o un ente pubblico) si spoglia, in modo definitivo e irrevocabile, della proprietà di beni che destina ad uno scopo di pubblica utilità; è , in secondo luogo, un atto di organizzazione, analogo sotto questo aspetto al contratto di associazione (v. associazione, fondazione come contratto), mediante il quale il fondatore predetermina la struttura organizzativa che dovrà provvedere alla realizzazione dello scopo. Il rapporto intercorrente, nell’fondazione fondazione, tra l’elemento patrimoniale e quello organizzativo può variamente atteggiarsi. Il patrimonio può , in talune forme di fondazione, assumere rilievo preponderante rispetto all’organizzazione: questa può ridursi, come nel caso delle fondazioni costituite per l’assegnazione di premi o di borse di studi, ad un’attività di mera erogazione, a favore dei destinatari della fondazione, delle rendite del patrimonio. In altre ipotesi può , per contro, assumere rilievo preponderante l’elemento organizzativo: il patrimonio può assolvere, come nel caso degli istituti di istruzione o dei centri di studio o degli istituti di ricerca scientifica costituiti in forma di fondazione, la funzione affatto strumentale di consentire il funzionamento di una complessa organizzazione, l’attività della quale realizzerà lo scopo perseguito dal fondatore. In questo secondo ordine di casi, che nell’epoca presente va moltiplicandosi, l’atto di disposizione patrimoniale del fondatore è solo mediatamente rivolto alla realizzazione dello scopo: questo è realizzato, in modo immediato, dalla struttura organizzativa predisposta dal fondatore. La fondazione può essere costituita per atto fra vivi (v. atti unilaterali, fondazione fra vivi), per il quale è richiesta la forma dell’atto pubblico oppure per testamento (v.) (art. 14 c.c.; e in questo secondo caso l’fondazione fondazione diventerà efficace, come ogni disposizione a causa di morte (v. atti giuridici a causa di morte), solo al momento dell’apertura della successione. Nel suo assetto complessivo, l’fondazione fondazione si presenta dunque come l’atto unilaterale mediante il quale il fondatore enuncia un determinato scopo, predispone la struttura organizzativa che dovrà provvedere alla sua realizzazione e, quindi, la fornisce dei mezzi patrimoniali necessari. Questo ultimo atto di disposizione patrimoniale, il cosiddetto atto di dotazione, fa parte integrante, anche se contenuto in documento separato, dell’fondazione fondazione: la contraria opinione, ancora largamente diffusa, secondo la quale il fondatore apporta la dotazione patrimoniale sulla base di un atto giuridico distinto dall’fondazione fondazione, ed accessorio rispetto a questo, equivale a quella che, in materia di associazioni, pretendesse di qualificare il conferimento dell’associato come adempimento di un atto giuridico separato dal contratto di associazione. La dottrinale scomposizione di questa fattispecie in distinti atti giuridici è solo un artificio teorico, il quale tende a ricondurre alla comune tipologia giuridica le figure da essa difformi; a ricondurre, nella specie, l’effetto traslativo prodotto dall’fondazione fondazione a causa di morte ai prototipi dell’istituzione di erede (v. erede, istituzione di fondazione) o del legato (v.). Distinguendo, infatti, tra fondazione e atto di dotazione patrimoniale, e costruendo il primo come atto rivolto, esclusivamente, a creare un nuovo soggetto di diritto, diventa possibile qualificare l’atto di dotazione patrimoniale, se contenuto in un testamento, come istituzione di erede o come legato a favore del nuovo soggetto creato con l’fondazione fondazione. Ma questa qualificazione, e in ciò risiede l’artificio, è solo nominale, dal momento che all’atto di dotazione patrimoniale, per quanto concepito come atto a se´ stante, non si potrà applicare la maggior parte delle norme sulle successioni (v. successione) ereditarie e sui legati: la fondazione disposta per testamento non potrà , come può l’erede o il legatario, rinunciare alla dotazione patrimoniale; e neppure quando la dotazione patrimoniale della fondazione comprenda l’intero patrimonio del fondatore, o sia determinata in ragione di una quota di questo, ci sarà responsabilità della fondazione per i debiti del fondatore, come c’è responsabilità dell’erede per i debiti del de cuius: sarà, insomma, inapplicabile ogni norma che presupponga la qualificazione dei beni come eredità , o della vicenda traslativa come successione a titolo universale. L’inapplicabilità delle norme sull’istituzione di erede o sul legato si spiega, manifestamente, per il fatto che l’atto di dotazione della fondazione non ha la medesima causa (v.) di questi: esso è , a differenza dell’istituzione di erede o del legato, un’attribuzione patrimoniale che non ha in se´ una propria causa, ma la trova nell’fondazione fondazione: è , anziche´ autonomo atto giuridico, elemento integrante un più complesso atto, la disciplina del quale è preordinata alla destinazione dei beni per lo svolgimento di uno specifico scopo di pubblica utilità . Il punto è che il testamento può contenere altri atti di disposizione patrimoniale che non siano l’istituzione di erede o il legato. Questa ulteriore figura ha in comune con l’istituzione di erede e con il legato solo il fatto di essere un atto di liberalità (v. atti, fondazione di liberalità ): è soggetta solo alle norme che, come quelle che regolano l’azione di riduzione per lesione di legittima, sono dettate per l’istituzione di erede e per il legato (oltre che per la donazione) in quanto atti di liberalità . La fondazione disposta per testamento solleva il problema della conservazione dei beni di fondazione nelle more del procedimento amministrativo di riconoscimento. L’art. 3 disp. att. c.c. dispone che, su istanza del prefetto, il tribunale può nominare un amministratore provvisorio. La Cassazione ha, tuttavia, avuto occasione di precisare che il potere del prefetto, ai sensi dell’art. 3 disp. att., di promuovere gli atti conservativi necessari per l’esecuzione delle disposizioni patrimoniali in favore di un ente da istituire deve intendersi limitato alla sola ipotesi in cui l’atto costitutivo o lo statuto dell’erigendo ente non contengano alcuna indicazione circa il soggetto cui sia demandato il compito di amministrare il patrimonio fino al riconoscimento; detta indicazione è infatti pienamente valida ed operante, anche prima dell’atto amministrativo di riconoscimento, in considerazione del fatto che la cosiddetta dotazione di beni in favore di un ente nascituro produce l’immediato effetto di destinarli al costituendo soggetto, sottraendoli ad ogni altro potere dispositivo. Da tali principi deriva che, ove lo statuto di una fondazione, in attesa del riconoscimento della personalità giuridica, devolva al suo presidente l’amministrazione del patrimonio, deve ritenersi giuridicamente inesistente il provvedimento con il quale il tribunale, su istanza del prefetto, nomini un diverso amministratore provvisorio per alcuni beni legati all’erigenda fondazione, e deve conseguentemente ritenersi affetto da invalidità assoluta, opponibile al terzo acquirente, ancorche´ in buona fede, il contratto con il quale detto amministratore, previa autorizzazione del tribunale, venda i beni legati, trattandosi di atto compiuto da un soggetto del tutto sfornito del potere di rappresentare (v. rappresentanza) il venditore. Per la fondazione disposta con atto fra vivi l’art. 15 c.c. enuncia un principio, facendolo seguire da due eccezioni: il principio è quello secondo il quale l’fondazione fondazione è revocabile fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento; le eccezioni riguardano, l’una, il caso in cui il fondatore abbia, in attesa del riconoscimento, fatto iniziare l’attività dell’opera da lui disposta e, l’altra, l’ipotesi della morte del fondatore intervenuta prima del riconoscimento. Il principio vale per il caso in cui la fondazione sia destinata, per volontà del fondatore, ad operare solo quale fondazione riconosciuta. In tale caso, l’effetto traslativo della proprietà dei beni è subordinato alla concessione del riconoscimento: questo è l’elemento perfezionativo dell’fondazione fondazione; l’atto può, fino al momento del riconoscimento, essere revocato dal fondatore. La prima eccezione al principio trova la propria giustificazione nel fatto che, una volta che l’opera abbia iniziata la sua attività , non rimane più nella sfera del fondatore, ma, interessando ormai la generalità dei cittadini, non può essere distrutta ad arbitrio dei privati. La norma si spiega, tecnicamente, per la considerazione che l’inizio dell’attività dell’opera è, da parte del fondatore, un comportamento incompatibile con la volontà di valersi della facoltà di revoca: il fondatore può dichiarare irrevocabile l’fondazione fondazione; può , successivamente, rinunciare alla facoltà di revoca sia espressamente sia tacitamente, assumendo il comportamento descritto nell’art. 15 c.c.. L’inizio dell’attività dell’opera prima del riconoscimento non produce altro effetto al di fuori di questo: l’autorità amministrativa potrà pronunciare il riconoscimento, e perfezionare, in questo modo, l’fondazione fondazione, quantunque il fondatore abbia dichiarato di volerlo revocare; ma il vincolo di irrevocabilità cadrà , ed il fondatore riacquisterà la piena disponibilità dei beni di fondazione, se l’autorità avrà negato il riconoscimento. Altri effetti non possono, invece, essere attribuiti all’inizio dell’attività dell’opera: non potrà dirsi, in particolare, che esso sia valso a perfezionare, altrimenti che non con il riconoscimento, l’fondazione fondazione ed abbia dato vita ad una fondazione non riconosciuta (v.), sia pure destinata a diventare, con il decreto di riconoscimento, una fondazione riconosciuta. L’attività dell’opera, svolta prima del riconoscimento, dà luogo ad una mera esistenza di fatto della fondazione: i beni di fondazione sono ancora nel patrimonio del fondatore ed esposti, in linea di principio, all’azione esecutiva dei suoi creditori personali. L’altra eccezione al principio della revocabilità , quella prevista dal capoverso dell’art. 15 c.c., viene solitamente giustificata con la considerazione che la facoltà di revoca ha natura personale (così la Relazione del guardasigilli). Natura di atto personale ha, piuttosto, l’fondazione fondazione: questo non passa agli eredi e, pertanto, non si trasmette agli eredi la facoltà di revoca ad esso inerente.
atto di dotazione della fondazione: v. atto di fondazione.
fondazione bancaria: espressione con la quale si designano, a seguito della legge Amato (d.l. 20 novembre 1990, n. 356), gli enti, già casse di risparmio (v.), che hanno conferito l’azienda bancaria in s.p.a., della quale hanno la partecipazione azionaria. Ad esse non compete tuttavia l’esercizio indiretto dell’attività bancaria e non possono essere considerate come a capo di un gruppo creditizio (v.); possono, per la citata legge, perseguire solo finalità di pubblica utilità , devolvendo ad esse gli utili conseguiti dalla banca partecipata.
fondazione di famiglia: sono le fondazioni destinate ad operare a vantaggio di una o più famiglie determinate (art. 28, comma 3o, c.c.). Anche per tali fondazioni lo scopo deve presentare caratteri di pubblica utilità , come sia pure indirettamente si desume dalla norma, legislativamente collocata fra quelle che porgono limiti alle sostituzioni fedecommissarie, dell’art. 699 c.c.: beneficiari della fondazione non potranno essere i discendenti del fondatore in quanto tali, bensì solo in quanto versino in quella particolare situazione soggettiva, di indigenza, di meritevolezza in rapporto agli studi ecc., che il fondatore abbia preso in considerazione; di modo che la conservazione del patrimonio all’interno di una data famiglia non sia lo scopo della disposizione, ma sia il mezzo per realizzare una diversa finalità socialmente utile. V. anche trasformazione della fondazione.
estinzione della fondazione: l’fondazione fondazione è disciplinata dalle stesse norme che regolano l’estinzione delle associazioni (cfr. artt. 27, 29 ss. c.c.) (v. associazione, estinzione dell’fondazione). V. anche trasformazione della fondazione.
fondazione fiduciaria: v. fondazione non riconosciuta; fiducia.
fondazione finanziaria: v. fondazione holding.
formazione indiretta della fondazione: si distingue, tradizionalmente, tra formazione diretta e formazione indiretta di una fondazione: la distinzione compare nell’art. 3 disp. att., che si riferisce agli atti fra vivi e ai testamenti con i quali si dispongono fondazioni o si fanno donazioni o lasciti in favore di enti da istituire. Il linguaggio legislativo, che si esprime in termini di donazioni o lasciti, non deve fare pensare a vere e proprie donazioni o istituzioni di erede o legati con l’onere (v. modus), per il donatario o l’erede o il legatario, di costituire una fondazione: la volontà di donare o di disporre per testamento in favore di enti da istituire è dall’art. 3 disp. att. parificata alla volontà di disporre una fondazione, essendo in ogni caso il prefetto autorizzato, su obbligatoria denuncia del notaio, a promuovere gli atti conservativi che reputa necessari per l’esecuzione della disposizione e, in particolare, a chiedere al tribunale, in caso di urgenza o di necessità , la nomina di un amministratore provvisorio dei beni. La norma non fa, dunque, riferimento all’ipotesi, che pure è ammissibile, in cui la costituzione della fondazione formi oggetto di un onere apposto ad una donazione o ad una disposizione testamentaria: non si giustificherebbero, se i beni fossero entrati, sia pure sub modo, nel patrimonio del donatario o dell’erede o del legatario, i diretti interventi consentiti su di essi dall’autorità governativa. La norma si riferisce, invece, alla diversa ipotesi in cui l’atto di disposizione è esso stesso atto di fondazione ed ha, pertanto, già impresso sui beni quel vincolo di destinazione a tutela del quale agisce, in via cautelare, l’autorità governativa; mentre il presunto donatario o erede o legatario è , in realtà, la persona incaricata dal fondatore di integrare, se necessario, l’atto di fondazione e di proporre la domanda di riconoscimento.
fondazione holding: l’esercizio dell’impresa, svolto dalle fondazioni in concorso con altre attività non economiche, potrà essere definito come oggetto principale quante volte esso si riveli idoneo, di per se´ solo, all’integrale realizzazione dello scopo dell’ente. Non assurge, in linea di principio, al rango di oggetto principale l’impresa esercitata dalla fondazione con generici fini lucrativi: essa realizza solo in via mediata lo scopo dell’ente; implica lo svolgimento, con gli utili dell’impresa, di un’attività ulteriore che, a sua volta, realizzerà in via immediata lo scopo della fondazione. C’è , tuttavia, un’ipotesi nella quale anche un’impresa di tal genere si presenta quale oggetto principale: è l’ipotesi dell’impresa esercitata dalla cosiddetta fondazione fondazione. Normalmente accade che la fondazione attenda, con i medesimi organi, tanto all’amministrazione del proprio patrimonio quanto alla destinazione delle rendite allo scopo: è però largamente sentita l’esigenza di tenere distinta, sotto l’aspetto organizzativo, l’una e l’altra attività ; e tale esigenza è ancora più acuta quando la fondazione tragga dall’esercizio di un’impresa i mezzi finanziari necessari per svolgere la propria azione. Può accadere che si dia vita, all’interno della medesima fondazione, a separati organi di gestione; ma può , altresì, accadere che si costituiscano distinte fondazioni: l’una ha per oggetto l’amministrazione del patrimonio o la gestione dell’impresa, con l’obbligo, impostole dallo statuto, di devolvere le rendite del patrimonio o gli utili dell’impresa all’altra fondazione, o eventualmente ad una pluralità di altre fondazioni, a loro volta distinte fra loro in ragione dei diversi settori di attività ; queste ultime utilizzano le rendite o gli utili ricevuti per la diretta realizzazione degli scopi di fondazione. La prima fondazione prende il nome di fondazione fondazione o finanziaria: essa può avere funzioni di mero finanziamento, ma può anche avere funzioni direttive sulle fondazioni finanziate, lo statuto delle quali recherà la clausola che impone loro di seguire le direttive impartite dalla holding. fondazione fondazione e fondazioni operanti possono essere costituite simultaneamente; ma può anche accadere che una fondazione originariamente costituita come unitaria dia vita ad altre fondazioni, riservando a se stessa le funzioni di holding. L’autonomia giuridica della fondazione fondazione rispetto alle fondazioni da essa finanziate fa sì che la prima si presenti come una fondazione priva in se´ considerata, di uno scopo rientrante fra quelli perseguibili nelle forme giuridiche della fondazione: essa agisce per ricavare rendite da un patrimonio o, addirittura, per ritrarre utili dall’esercizio di un’impresa; mentre le forme giuridiche della fondazione sono, nel nostro sistema, utilizzabili solo per il perseguimento di uno scopo di pubblica utilità . Ciò non potrà , tuttavia, sollevare perplessità ; decisiva è la circostanza che la fondazione fondazione debba, a norma di statuto, devolvere le rendite del proprio patrimonio, o gli utili della propria impresa, ad altre fondazioni: lo scopo di pubblica utilità è qui perseguito in via mediata; esso è enunciato nello stesso statuto della holding: solo che la sua attuazione è rimessa ad altre fondazioni. Il fatto, tuttavia, che la fondazione fondazione svolga, in se´ considerata, solo attività di gestione patrimoniale produrrà conseguenze normativamente rilevanti nell’ipotesi in cui essa non si limiti ad amministrare il patrimonio di fondazione, ma lo utilizzi per l’esercizio di un’impresa commerciale: si sarà , allora, in presenza di un ente che ha per oggetto esclusivo l’esercizio di un’impresa e, perciò , sottoposto allo statuto dell’imprenditore commerciale (v. imprenditore, fondazione commerciale), in analogia con quanto disposto per gli enti pubblici economici dall’art. 2201 c.c..
impresa della fondazione: v. attività di impresa della fondazione; fondazione holding.
invalidità dell’atto di fondazione: v. atto di fondazione.
fondazione non riconosciuta: in linea di pura tecnica giuridica fondazioni non riconosciute sono concepibili, e la tradizione le conosce sotto il nome di fondazioni fiduciarie (i beni venivano trasferiti in proprietà agli amministratori, ma con un vincolo reale, opponibile ai loro eredi, di destinazione allo scopo). Sennonche´ l’immutabilità del vincolo di destinazione, che la fondazione imprime sui beni, ha indotto il legislatore moderno ad escludere che simili vincoli perpetui si possano liberamente costituire per volontà privata, ed a limitare i casi e le forme di costituzione della fondazione. Questo non significa che fondazioni non riconosciute siano sempre e comunque inammissibili per il nostro ordinamento; piuttosto significa: a) che nel nostro ordinamento manca un principio di generale ammissibilità di fondazioni non riconosciute, così come è presente un principio di generale ammissibilità di associazioni non riconosciute; b) che fondazioni non riconosciute risultano ammissibili, secondo un principio di tipicità , nei casi espressamente previsti dall’ordinamento giuridico. Un caso del genere non ricorre nella fondazione in attesa del riconoscimento, sebbene non manchino propensioni giurisprudenziali in tal senso. Ricorre, invece, nell’ipotesi contemplata dall’art. 32 c.c. ed è presente nel fenomeno regolato dagli artt. 39 – 42 c.c., come la giurisprudenza ha più volte riconosciuto. L’art. 32 c.c. si riferisce ad un’ipotesi frequente di fondazione. L’impreciso linguaggio legislativo si esprime in termini di donazioni o lasciti laddove si tratta, in realtà , di atti che imprimono sui beni donati o lasciati un vincolo reale, e non solo personale, di destinazione; vincolo che permane, a differenza di quanto accade per le donazioni e le disposizioni testamentarie con onere, perfino nell’ipotesi di estinzione dell’ente cui i beni sono stati affidati, dovendo in tal caso l’autorità governativa devolvere tali beni, con lo stesso onere, ad altre persone giuridiche che hanno fini analoghi. Si noti, inoltre, che l’art. 32 c.c. sottrae, e questa è , anzi, la sua specifica funzione, i beni con destinazione particolare all’applicazione delle clausole dell’atto costitutivo o dello statuto circa la devoluzione del patrimonio residuo dell’ente: questo è considerato come donatario o come destinatario di un lascito e, perciò, come proprietario dei beni ricevuti con destinazione a scopo diverso da quello proprio dell’ente; e, tuttavia, si tratta di una proprietà diversa da quella di diritto comune, dal momento che l’ente proprietario non può servirsi di questi beni se non per realizzare lo scopo al quale sono, immutabilmente, destinati e non può disporne, come può disporre del suo restante patrimonio ai sensi degli artt. 16, comma 2o, c.c., 21, comma 3o, c.c., e 31 c.c., per l’epoca in cui avrà cessato di esistere. Questi beni formano, dunque, un patrimonio separato rispetto al restante patrimonio dell’ente; la loro amministrazione deve essere tenuta distinta dall’amministrazione del restante patrimonio dell’ente; ne risulterà la possibilità di distinguere una duplice serie di creditori: i comuni creditori dell’ente non potranno soddisfarsi sui beni vincolati alla destinazione particolare; su questi potranno soddisfarsi coloro che hanno acquistato ragioni di credito in relazione all’attività di gestione dei beni con destinazione particolare. Diventa, allora, evidente come il presunto lascito o la presunta donazione sia, in realtà , un vero e proprio atto di fondazione; che l’ente presunto destinatario del lascito o presunto donatario è , in realtà , null’altro che l’amministratore della fondazione: di una fondazione amministrata da una persona giuridica anziche´ da una o più persone fisiche; di una fondazione che differisce dalle altre fondazioni regolate nel capo II del titolo II del libro I del c.c., solo perche´ si tratta di una fondazione come persona giuridica.
organizzazione della fondazione: v. atto di fondazione.
patrimonio della fondazione: v. atto di fondazione.
fondazione per atto fra vivi: v. atto di fondazione.
persona giuridica amministratore di fondazione: v. fondazione non riconosciuta.
personalità giuridica della fondazione: la fondazione consegue la personalità giuridica con il riconoscimento per decreto, allo stesso modo dell’associazione (art. 12 c.c.). Per effetto del riconoscimento si determina, anche qui, un fenomeno analogo al sorgere di un nuovo soggetto di diritto: il patrimonio destinato allo scopo si presenta come patrimonio della fondazione quale persona giuridica: gli amministratori che provvedono alla realizzazione dello scopo agiscono quali organi dell’ente e così via. C’è , sotto questo aspetto, identità di situazioni con l’associazione riconosciuta (v. associazione, fondazione riconosciuta), tant’è che il c.c. regola associazioni riconosciute e fondazioni entro un medesimo capo e pone molte norme comuni alle une e alle altre: così sono comuni le norme sulle modalità del riconoscimento (artt. 12 c.c., 2 disp. att.), sulle autorizzazioni agli acquisti (art. 17 c.c.), sulla responsabilità degli amministratori (art. 18 c.c.), sull’iscrizione nel registro delle persone giuridiche (artt. 33 ss. c.c.) e sui relativi effetti (art. 19 c.c.), sulla estinzione dell’ente (artt. 27, 29 ss. c.c.). Rispetto alle associazioni c’è , tuttavia, una rilevante differenza, anche sotto questo riguardo: le associazioni possono, indifferentemente, operare tanto come associazioni riconosciute quanto come associazioni non riconosciute, e la mancanza del riconoscimento comporta solo una parziale diversità di condizione giuridica; per le fondazioni, al contrario, non è prevista dalla legge una altrettanto generale possibilità di operare quali fondazioni non riconosciute (v. fondazione non riconosciuta).
pubblica utilità della fondazione: v. fondazione di famiglia; scopo della fondazione.
revocabilità dell’atto di fondazione: v. atto di fondazione.
fondazione riconosciuta: v. personalità giuridica della fondazione; fondazione non riconosciuta.
scopo della fondazione: la gamma di scopi perseguibili attraverso la fondazione è più ristretta di quella dell’associazione (v.): questa può perseguire qualsiasi scopo di natura non economica, purche´ non vietato ai singoli dalla legge penale (art. 18 Cost.); la fondazione può , invece, essere costituita solo per scopi nei quali sia riconoscibile una pubblica utilità . Assume rilievo la circostanza che le forme giuridiche della fondazione implicano, a differenza di quelle dell’associazione, il prodursi di un fenomeno al quale gli ordinamenti moderni guardano con sfavore: esse comportano che determinati beni vengono assoggettati ad un vincolo di destinazione, assegnato loro dal fondatore, immutabile e potenzialmente perpetuo, in contrasto con quei principi di politica economica, cui sono informate le codificazioni moderne, che esigono la libera circolazione e il libero sfruttamento delle risorse economiche. Il vincolo di destinazione non può cessare ne´ per volontà del fondatore ne´ per deliberazione degli amministratori ne´ , fino a quando lo scopo sia attuabile, per provvedimento dell’autorità governativa: il che spiega perche´ l’autonomia privata soffra, quanto all’utilizzabilità delle forme giuridiche della fondazione, di limitazioni che non hanno, per contro, ragion d’essere in rapporto alle organizzazioni di tipo associativo, caratterizzate dagli opposti principi della modificabilità , per deliberazione degli associati, dello scopo originario e della risolubilità , ad arbitrio degli stessi associati, del vincolo associativo; spiega perche´ il ricorso alle forme giuridiche della fondazione sia ammissibile, e gli inconvenienti economici che esse comportano siano accettabili, solo in presenza di uno scopo di pubblica utilità . V. anche attività di impresa della fondazione; fondazione holding.
fondazione testamentaria: v. atto di fondazione.
trasformazione della fondazione: la trasformazione è una modificazione dell’atto di fondazione attuata con provvedimento dell’autorità governativa: oggetto di modificazione è , di regola, lo scopo della fondazione; ma è del pari ammissibile che venga modificata la sede o che la trasformazione venga attuata attraverso la fusione con altra analoga fondazione. La competenza a deliberare la fondazione fondazione è dell’autorità amministrativa: l’eventuale deliberazione degli amministratori della fondazione o del commissario governativo nominato a norma dell’art. 25 c.c. vale solo come proposta. L’ammissibilità del provvedimento è subordinata alla condizione, posta dal primo comma dell’art. 28 c.c., che si sia verificata una causa di estinzione della fondazione (o di revoca del riconoscimento): la sua specifica funzione è , perciò , di evitare l’operatività di tali cause e la conseguente disgregazione della struttura organizzativa e finanziaria dell’ente. L’art. 28 c.c. prende in considerazione l’esaurimento dello scopo e la sua sopravvenuta impossibilità (vicende estintive comuni ad ogni persona giuridica); prende in considerazione, inoltre, il fatto che lo scopo sia divenuto di scarsa utilità : vicenda estintiva specifica della fondazione, alla quale è richiesto il perseguimento di uno scopo di pubblica utilità . Occorre che la trasformazione non risulti esclusa dall’atto di fondazione con clausole che impongano, al verificarsi di una causa di estinzione o di revoca del riconoscimento, la devoluzione dei beni a terze persone; occorre, infine, che non si tratti di fondazione di famiglia, ipotesi per la quale l’art. 28, comma 3o, c.c., esclude la trasformabilità . La norma denota lo sfavore del legislatore per le fondazioni di famiglia: a differenza delle altre fondazioni che, in virtù dell’intervento dei pubblici poteri, possono sopravvivere al verificarsi di una causa estintiva, esse sono condannate all’estinzione: il patrimonio residuo sarà, a norma dell’art. 31 c.c., devoluto ad enti che hanno fini analoghi e sarà, in tal modo, definitivamente sottratto al vantaggio della famiglia. Quando la trasformazione risulta ammissibile, l’autorità amministrativa la disporrà allontanandosi il meno possibile dalla volontà del fondatore: prescrizione, questa, dalla quale si desume il criterio, cui l’autorità governativa dovrà attenersi, secondo il quale il diverso scopo da questa assegnato alla fondazione dovrà essere il più possibile affine a quello originariamente fissato dal fondatore. L’autorità governativa dovrà , inoltre, attenersi alle specifiche clausole statutarie relative alla trasformazione quando lo statuto abbia, come è consentito dall’art. 16, comma 2o, c.c., regolato l’eventualità della trasformazione. La fondazione fondazione non interrompe la continuità del rapporto di fondazione, neppure quando venga attuata mediante le fusioni con altra fondazione; come non interrompe la continuità del rapporto di associazione la deliberazione assembleare di modificazione dello scopo.
vincolo di destinazione dei beni della fondazione: v. scopo della fondazione.
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