Ev colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (art. 2082 c.c.). Il fine di produzione o scambio di beni o servizi distingue la figura dell’imprenditore introdotta dal codice del 1942 da quella del commerciante (v.), tipica del codice previgente, che identificava colui che compiva, per professione abituale, operazioni speculative. Ev imprenditore: a) chi esercita un’attività di produzione di beni; b) chi esercita un’attività di produzione di servizi; c) chi esercita un’attività di rivendita di beni (v. commerciante). Non tutte le attività consistenti nella produzione di beni o di servizi, anche se esercitate professionalmente, danno luogo ad un’impresa: tali sono le attività dei professionisti intellettuali (v.) e degli artisti (v. artista). Ad essi si applicano le norme dettate per l’imprenditore solo se l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma di impresa (art. 2238, comma 1o, c.c.). L’attività di produzione o scambio di beni e servizi, per dar vita ad un’impresa (v.), deve essere professionalmente esercitata, cioè essere esercitata con stabilità o, comunque, in modo non occasionale. Non deve necessariamente trattarsi di attività ininterrotta: è richiesta l’abitualità , cioè il costante ripetersi dell’attività economica, anche se ad intervalli imposti dalla natura ciclica o stagionale dell’attività concretamente esercitata. Può essere imprenditore tanto un soggetto privato quanto un soggetto pubblico: si dice, pertanto, che la nozione di imprenditore è una nozione di diritto comune (v. norma giuridica, generalità e astrattezza della imprenditore). L’imprenditore non ha necessariamente uno scopo di lucro (v. lucro, scopo di imprenditore), cioè dall’esercizio della sua attività non si ripropone, necessariamente, di ricavare un guadagno: è sufficiente che egli produca secondo criteri di economicità (v.), cioè produca in condizioni di tendenziale pareggio del bilancio (v.). L’attività produttiva dell’imprenditore deve, in altre parole, alimentarsi con i suoi stessi ricavi e non comportare erogazione a fondo perduto della dotazione patrimoniale di cui eventualmente disponga. A quanto detto consegue: a) non è imprenditore chi eroga gratuitamente, o per un prezzo politico (v.), i beni o i servizi prodotti; b) può esercitare un’attività di impresa anche un’associazione (v.) o una fondazione (v.) che non possono proporsi uno scopo di lucro; c) più persone che esercitino un’attività economica senza scopo di lucro danno vita ad un’impresa (v.) senza dar vita ad una società (v.), per costituire la quale è indispensabile uno scopo di lucro; d) una società che eserciti un’attività economica può non dar vita ad un’impresa, quando manchi il requisito, sopra indicato, della professionalità . Non è necessario accertare che l’attività produttiva concretamente si rimuneri con le proprie entrate: è sufficiente che presenti un’organizzazione di per se´ idonea a rimborsare, mediante il corrispettivo dei beni e servizi prodotti, i fattori della produzione impiegati.
imprenditore agricolo: è colui che esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo (v. fondi rustici), alla silvicoltura (v.), all’allevamento del bestiame (v.). L’imprenditore imprenditore è sottoposto alla disciplina dettata dal c.c. per l’imprenditore in generale (artt. 2082 ss. c.c.). L’imprenditore imprenditore può esercitare la propria attività su suolo proprio o altrui (v. affitto, imprenditore a coltivatore diretto; affitto, imprenditore di fondo rustico). Oltre alle attività sopra indicate, l’imprenditore imprenditore può esercitare anche attività agricole per connessione (v. attività , imprenditore agricole per connessione). L’imprenditore imprenditore non è soggetto a fallimento (v.). L’imprenditore imprenditore non è necessariamente un imprenditore individuale: è , pertanto, imprenditore imprenditore anche la società che eserciti una impresa agricola. All’imprenditore imprenditore, poi, il codice applica una disciplina speciale (artt. 2135 ss. c.c.), le cui norme sono le seguenti: a) le norme relative all’iscrizione nel registro delle imprese (v.) non si applicano alle imprese agricole (art. 2136 c.c.); b) l’imprenditore imprenditore è sottoposto agli obblighi stabiliti dalla legge in merito all’esercizio dell’agricoltura, anche se esercita l’impresa su fondo altrui (art. 2137 c.c.); c) i poteri dei dirigenti e dei fattori di campagna sono determinati per iscritto dal preponente o, in mancanza, dagli usi (art. 2138 c.c.); d) tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di manodopera o di servizi secondo gli usi (art. 2138 c.c.).
imprenditore agricolo a titolo principale: figura esclusa dalla conversione della mezzadria in affitto (v. mezzadria) a norma dell’art. 3 l. 14 febbraio 1990, n. 29, che richiama la nozione di cui all’art. 12 della l. 9 maggio 1975, n. 153. Ev imprenditore imprenditore il concedente che ricava dalla coltivazione del fondo i due terzi del proprio reddito globale.
ausiliari dell’imprenditore: v. ausiliari, imprenditore dell’imprenditore.
imprenditore commerciale: è l’imprenditore che esercita una o più fra le seguenti attività: 1) attività industriale (v.) diretta alla produzione di beni e servizi; 2) attività intermediaria nella circolazione dei beni (v. attività , imprenditore commerciale); 3) attività di trasporto (v.) per terra, mare, aria; 4) attività bancaria (v. attività, imprenditore bancaria) o attività assicurativa (v. attività , imprenditore assicurativa); 5) attività ausiliarie (v. attività , imprenditore ausiliarie) delle precedenti. L’imprenditore imprenditore si distingue, per le attività che svolge, dall’imprenditore agricolo: qualunque soggetto definibile come imprenditore è imprenditore imprenditore qualora la sua attività non possa definirsi come agricola (v. imprenditore agricolo). I principali obblighi dell’imprenditore imprenditore sono: a) l’obbligo di registrazione nel registro delle imprese (art. 2195 c.c.); b) gli obblighi e gli oneri connessi alla rappresentanza commerciale (v. rappresentanza, imprenditore dell’imprenditore commerciale) (artt. 2203 ss. c.c.); c) l’obbligo di tenere le scritture contabili (art. 2214 c.c.); d) la soggezione al fallimento (v.) ed alle altre procedure concorsuali (v.) (art. 2221 c.c.). L’imprenditore imprenditore deve chiedere l’iscrizione nell’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione essa ha sede entro trenta giorni dall’inizio dell’attività , indicando (art. 2196, comma 1o, c.c.): 1) il proprio cognome, nome, luogo e data di nascita, cittadinanza; 2) ditta; 3) oggetto dell’impresa; 4) sede dell’impresa; 5) cognome e nome degli institori (v.) e dei procuratori (v.). L’imprenditore imprenditore deve anche chiedere l’iscrizione delle modificazioni relative agli elementi sopra indicati (art. 2196, comma 3o, c.c.). L’imprenditore imprenditore che istituisce nello Stato sedi secondarie è sottoposto al sopraindicato obbligo di iscrizione della sede secondaria nell’ufficio del registro delle imprese (art. 2197, comma 1o, c.c.) (v. sede, imprenditore dell’impresa). L’imprenditore imprenditore deve indicare, negli atti e nella corrispondenza che si riferiscono all’impresa, il registro presso il quale è iscritto (art. 2199 c.c.). Egli è obbligato alla tenuta del libro giornale (v. libro, imprenditore giornale), del libro degli inventari (v. libro, imprenditore degli inventari) (art. 2214, comma 1o, c.c.), nonche´ tutte le scritture contabili (v.) che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa (v. libro, imprenditore mastro; libro, imprenditore cassa; libro, imprenditore magazzino), deve, altresì, conservare per ciascun affare gli originali delle lettere (v.), dei telegrammi (v.) e delle fatture (v.) spedite (art. 2214, comma 2o, c.c.). Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione; per lo stesso periodo devono essere conservati gli originali delle lettere, telegrammi e fatture (art. 2220 c.c.) anche in riproduzione fotografica (art. 25 l. n. 15 del 1965).
ente pubblico come imprenditore: è l’imprenditore che abbia natura di ente pubblico secondo la legge. Il concetto legislativo di imprenditore (cfr. art. 2082 c.c.) comprende tanto l’imprenditore privato quanto l’imprenditore pubblico. L’ente pubblico è imprenditore commerciale quando: a) svolga un’attività definibile come commerciale (art. 2195 c.c.) (v. attività, imprenditore commerciale); b) l’esercizio di detta attività costituisca l’oggetto esclusivo o principale dell’ente (art. 2201 c.c.). Sono, pertanto, commerciali gli enti pubblici economici (v. enti pubblici, imprenditore economici): ne restano esclusi quegli enti pubblici che esercitano attività commerciali in via solo accessoria rispetto ad altre attività , di natura non economica, che ne costituiscono l’oggetto principale. Così lo Stato e gli enti pubblici territoriali: le attività commerciali da essi esercitate si presentano sempre come attività accessorie rispetto ai loro compiti istituzionali, per cui essi assumono la qualità di imprenditore, ma non quella di imprenditore commerciale. Gli enti pubblici economici sono soggetti all’obbligo di iscrizione nell’ufficio del registro delle imprese (v.), nonche´ all’obbligo di tenere le scritture contabili (v.); tutti gli enti pubblici sono sottratti al fallimento ed alle altre procedure concorsuali (art. 2221 c.c. e art. 1 l. fall.).
imprenditore e proprietà dei beni aziendali: l’imprenditore non è necessariamente proprietario dei beni che destina all’esercizio dell’impresa (v.) (v. azienda) (art. 2555 c.c.). Ev infatti sufficiente che egli ne disponga in base ad un titolo che gli permetta di utilizzarlo per l’esercizio dell’impresa, titolo anche meramente obbligatorio. Può , perciò , accadere che l’imprenditore non sia proprietario di nessuno dei beni aziendali (v.).
imprenditore e società di capitali: nelle società di capitali (v.) imprenditori non sono le singole persone socie, ma l’impersonale organizzazione collettiva. Pertanto la prerogativa di capo dell’impresa non spetta, come nelle società di persone (v.), a ciascun socio, ne´ spetta per intero ai soci: essa è ripartita tra l’assemblea (v.) dei soci e il consiglio di amministrazione (v.) che la esercitano nei limiti della loro competenza.
fallimento dell’imprenditore: v. fallimento.
imprenditore incapace di agire: è l’ipotesi nella quale il titolare di un’attività di impresa (v.) è persona incapace di agire (v. incapacità legale). Il c.c. dispone che il tribunale, su parere del giudice tutelare, può autorizzare il genitore del minore (v.) (art. 320, comma 5o, c.c.), il tutore (v.) dell’interdetto (v.) (art. 371 n. 3 e ultimo comma c.c.) e l’inabilitato (v.) (art. 425 c.c.) a continuare l’esercizio d’impresa commerciale, da altri iniziata. Pertanto l’incapace di agire può essere imprenditore solo nel caso in cui abbia ricevuto, per successione ereditaria o per donazione, un’azienda commerciale (v.) già da altri utilizzata per l’esercizio di impresa commerciale: si vuole evitare che l’azienda commerciale pervenuta all’incapace per atto di liberalità , debba essere venduta o data in affitto per l’impossibilità , per l’incapace, di esercitarla. Nel caso del minore (non emancipato) e dell’interdetto, la legge opera una dissociazione tra titolarità dell’impresa ed esercizio della stessa: l’impresa è esercitata dai genitori o dal tutore, ma in rappresentanza del figlio o dell’interdetto cui l’attività è giuridicamente imputata. I genitori ed il tutore, pertanto, esercitano le prerogative di capo dell’impresa, mentre il figlio e l’interdetto assumono la qualità di imprenditore e ne subiscono ogni conseguenza, compresa la soggezione al fallimento (v.). I genitori, poi, oltre a dirigere l’impresa del figlio, ne fanno propri i profitti, in forza dell’usufrutto legale (v. usufrutto, imprenditore legale) su tutti i beni del figlio. Per il minore emancipato v. minore emancipato come imprenditore.
minore emancipato come imprenditore: il minore emancipato (v.) può ottenere dal tribunale l’autorizzazione ad esercitare un’impresa commerciale (art. 397 c.c.). A differenza del minore assolutamente incapace di agire, il minore emancipato può essere autorizzato, oltre che a continuare un’impresa già iniziata da altri, anche a intraprendere un’impresa nuova. Il minore emancipato, autorizzato dal tribunale ad esercitare un’impresa commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, anche se estranei all’esercizio dell’impresa (art. 397, comma 3o, c.c.).
imprenditore occulto: è l’imprenditore che esercita un’attività di impresa non in nome proprio, ma attraverso un prestanome che spende, con i terzi, il proprio nome come se fosse l’effettivo titolare dell’impresa. Conseguenza fondamentale è l’irresponsabilità dell’imprenditore imprenditore, anche se imprenditore effettivo, per i debiti contratti per l’esercizio dell’attività di impresa, in quanto questa appare formalmente esercitata da altra persona. L’utilità di tale situazione per l’imprenditore imprenditore è evidente: finche´ l’attività di impresa è fonte di guadagno, l’imprenditore imprenditore fornisce al prestanome, solitamente nullatenente, tutti i mezzi patrimoniali necessari all’esercizio dell’impresa; quando, invece, l’attività di impresa cessa di essere un buon affare, l’imprenditore imprenditore cessa ogni erogazione, provocando l’insolvenza dell’imprenditore apparente e il suo fallimento (v.). In tal modo il rischio d’impresa (v.) viene trasferito dall’imprenditore effettivo sui creditori che non trovano, ne´ nell’impresa ne´ nel patrimonio personale dell’imprenditore apparente, di che soddisfare le loro ragioni di credito. La giurisprudenza prevalente esclude la responsabilità dell’imprenditore imprenditore per i debiti dell’impresa, considerando la spendita del proprio nome requisito necessario per l’assunzione della qualità di imprenditore; e ciò sulla base delle norme sul mandato senza rappresentanza (v. mandato, imprenditore con e senza rappresentanza).
piccolo imprenditore: è imprenditore imprenditore il coltivatore diretto (v.) di un fondo (v. fondi rustici), l’artigiano (v.), i piccoli commercianti (v.) e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Il imprenditore imprenditore è caratterizzato dalle seguenti circostanze: a) presta il proprio lavoro manuale nell’ambito dell’impresa; b) tale lavoro deve essere prevalente non solo rispetto al lavoro altrui, ma anche rispetto al capitale investito nell’impresa. Pertanto non è imprenditore imprenditore chi utilizza, nel processo produttivo, macchine molto costose oppure effettui ingenti investimenti di capitale. La disciplina cui è sottoposto il imprenditore imprenditore è la seguente: a) è sottoposta all’applicazione delle norme formulate per l’imprenditore in generale (art. 2082 c.c.); b) è sottratto alle norme che riguardano l’imprenditore commerciale (artt. 2195 ss. c.c.). Pertanto, anche se esercita un’attività definibile come commerciale, il imprenditore imprenditore: a) non è soggetto all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese (v.) (art. 2202 c.c.); b) è esonerato dalla tenuta di scritture contabili (art. 2214, ult. comma, c.c.); c) non è sottoposto, in caso di insolvenza, al fallimento (v.) ed alle altre procedure concorsuali (v.).
potere direttivo dell’imprenditore: ai sensi dell’art. 2104 c.c. il prestatore di lavoro deve osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende. Assieme alla norma definitoria di cui all’art. 2094 c.c., che espressamente individua la subordinazione (v.) del lavoratore nella collaborazione alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, la disposizione si riferisce al imprenditore imprenditore quale potere di eterodirezione del creditore della prestazione. Più precisamente il imprenditore imprenditore si configura come situazione soggettiva attiva del creditore nella obbligazione di lavoro e, al contempo, quale manifestazione di un’autonomia gerarchica che dall’imprenditore capo dell’impresa (art. 2086 c.c.) discende verso i collaboratori di grado inferiore. In effetti i comandi dell’imprenditore si riferiscono essenzialmente all’organizzazione del lavoro, cioè alle modalità di utilizzazione della prestazione lavorativa in un contesto socioimprenditoretecnico; da questo punto di vista il imprenditore imprenditore è tradizionalmente considerato un potere di conformazione della prestazione, necessario a specificare l’oggetto della prestazione esigibile (funzione, questa, interna al contratto). Tuttavia, tale funzione viene superata, sconfinando il imprenditore imprenditore in una serie di prerogative necessarie per il mantenimento dei ruoli di comando tipici della realtà sociologica dell’organizzazione del lavoro industriale. In un’accezione lata nel imprenditore imprenditore rientra il c.d. ius variandi, da intendersi quale potere di modificazione unilaterale delle mansioni (v. mansioni e qualifica nel rapporto di lavoro privato e in quello con amministrazioni pubbliche) allo scopo di realizzare l’utilizzo ottimale della capacità ed esperienza del dipendente. Strettamente collegato al imprenditore imprenditore sono poi l’attività di controllo sull’adempimento della prestazione di lavoro e il potere disciplinare dell’imprenditore (v.). Il imprenditore imprenditore ha conosciuto una parabola evolutiva che ha visto declinare il modello legato alla concezione gerarchica dell’impresa, secondo cui le decisioni datoriali dovevano essere garantite come assolutamente intangibili, ed espandersi il concetto di legalità aziendale, in cui l’amministrazione del rapporto non deve ledere le situazioni soggettive attive del lavoratore. Operano in questo senso una serie di limiti, interni ed esterni, del imprenditore imprenditore: i primi introdotti a protezione dell’interesse per cui viene conferito il potere (interesse dell’impresa), i secondi posti a tutela di interessi diversi da quelli per i quali il potere è attribuito. La progressiva estensione dei limiti al imprenditore imprenditore si è sviluppata specie ad opera della contrattazione collettiva (v.), mediante l’introduzione di una serie di procedure volte a condizionarne e a controllarne ex ante l’esercizio: si tratta della c.d. procedimentalizzazione dei poteri, consistente nel vincolo di rispettare, nell’esercizio delle prerogative imprenditoriali, procedimenti in cui intervengono i destinatari dell’atto finale, o i loro rappresentanti, allo scopo di costringerne l’autore a tener conto dei loro interessi. Il sindacato giudiziale è volto invece, di norma, all’accertamento dell’esistenza di motivi antisindacali (v. comportamento antisindacale) o di discriminazione (v.) o di illeciti in senso lato (art. 1345 c.c.), nonche´ di violazioni delle regole di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.).
potere disciplinare dell’imprenditore: ai sensi dell’art. 2106 c.c. l’imprenditore ha il potere di adottare, secondo la gravità dell’infrazione e in conformità alle norme corporative (collettive), provvedimenti disciplinari contro i lavoratori che vengano meno all’obbligo di diligenza, obbedienza e di fedeltà (v.) (cfr. artt. 2104 – 2105 c.c.). Per la prevalente dottrina il imprenditore imprenditore non trae fondamento da una posizione autoritativa del datore di lavoro, essendo l’espressione, al pari del potere direttivo dell’imprenditore (v.), di prerogative essenzialmente contrattuali, volte non già a finalità afflittive, bensì dirette ad assicurare la continuità dell’attività d’impresa e l’ordinato svolgimento del rapporto di lavoro. Il imprenditore imprenditore è comunque sottoposto ad una serie di limiti di carattere sostanziale e procedimentale, tesi a garantirne un esercizio corretto e non arbitrario. Sotto il primo profilo (limiti sostanziali) l’art. 7, comma 1o, statuto dei lavoratori stabilisce che le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Con ciò si presuppone che le ipotesi di illecito (e le relative pene), previste nel codice disciplinare, siano predeterminate nelle loro caratteristiche essenziali, sia oggettive che soggettive, con un grado di specificità sufficiente ad escludere una valutazione discrezionale del datore di lavoro circa la collocazione della condotta del lavoratore nella fattispecie astratta. La norma fonda un onere di pubblicità avente natura costitutiva, che non ammette forme equipollenti pena la nullità delle sanzioni eventualmente irrogate. Lo stesso art. 7, comma 4o, stabilisce che le sanzioni disciplinari non possono comportare mutamenti definitivi del rapporto di lavoro, quali la modifica di mansioni, retrocessioni o trasferimenti, fermo restando quanto disposto in tema di licenziamento (v. licenziamento disciplinare); la multa non può essere disposta per un periodo superiore a quattro ore; la sospensione dal servizio e dalla retribuzione non può protrarsi per più di dieci giorni. Inoltre non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione: quindi l’eventuale recidiva ha rilievo ai fini della determinazione della sanzione applicabile solo nell’ambito di un biennio. I limiti del imprenditore imprenditore attengono invece alle modalità di esercizio del potere (art. 7, commi 2o, 3o, 5o, 6o, statuto dei lavoratori). Ogni sanzione (salvo il rimprovero verbale) non può essere inflitta senza previa contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa ne´ può essere applicata prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione medesima; al lavoratore dev’essere data la possibilità di discolparsi con l’assistenza, se richiesta, di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Nella prevalente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale la contestazione dell’addebito deve avvenire nel rispetto dei principi di immediatezza e immodificabilità , con l’indicazione precisa del fatto addebitato e delle circostanze di tempo e di luogo in cui esso si è verificato. L’inosservanza dell’obbligo di preventiva contestazione comporta la nullità della sanzione comminata. Esaurita la fase del contraddittorio tra le parti, il datore di lavoro può applicare la sanzione, comunicandola al lavoratore; ma questi ha facoltà , entro il termine perentorio di venti giorni, di ricorrere ad un collegio di conciliazione e arbitrato, costituito presso l’Ufficio del lavoro e composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo (e in difetto di accordo nominato dall’Ufficio), sospendendo in tal modo la sanzione fino alla pronuncia del collegio.
proposta contrattuale dell’imprenditore: v. proposta contrattuale, imprenditore dell’imprenditore.
qualità di imprenditore della holding: v. holding.
qualità di imprenditore del socio illimitatamente responsabile: la legge riconosce la qualità di imprenditore sia ai soci illimitatamente responsabili singolarmente considerati, sia al gruppo collettivamente considerato. Tra le norme dettate per l’imprenditore alcune si applicano al gruppo degli imprenditori: così le norme relative alle scritture contabili (v.). Altre norme, invece, si applicano ai singoli membri componenti il gruppo, come le norme relative al fallimento (v). V. socio illimitatamente responsabile.
rappresentanza dell’imprenditore commerciale: v. rappresentanza, imprenditore dell’imprenditore commerciale.
responsabilità diretta dell’imprenditore: v. responsabilità , imprenditore dell’esercente attività pericolose.
rischio d’impresa dell’imprenditore: v. rischio, imprenditore di impresa.
statuto dell’imprenditore commerciale: voce che indica, nel loro complesso, le norme destinate agli imprenditori commerciali (v. imprenditore commerciale).
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