arbitrato amministrato: è l’arbitrato, rituale o irrituale (v. arbitrato rituale; arbitrato irrituale), organizzato da apposite camere arbitrali, in conformità di regolamenti da esse stesse adottati, che predeterminano le forme del procedimento e che vincolano le parti che, con il comportamento o con la clausola compromissoria, si siano ad essi assoggettate.
arbitrato fra Stati: modo di soluzione delle controversie internazionali mediante decisione obbligatoria per le parti, resa da un giudice al quale le parti hanno attribuito tale potere. Riposa quindi sulla concorde volontà delle parti di risolvere la propria controversia innanzi ad un arbitro espressa nel c.d. compromesso arbitrale. Allorquando l’arbitro cui si ricorre è costituito da una organo a carattere permanente, come ad esempio la Corte internazionale di giustizia, si parla di giurisdizione internazionale, pur mantenendo la funzione il carattere volontario proprio dell’arbitrato. Gli elementi costitutivi dell’istituto sono pertanto: il mutuo consenso degli Stati di sottoporre la controversia ad un arbitro; l’interposizione di un organo internazionale arbitrale; il reciproco impegno degli Stati a rispettare la sentenza internazionale. Nasce come arbitrato isolato, allorquando, a seguito dell’insorgere di una controversia, le parti in causa stipulano un compromesso arbitrale con il quale si impegnano a nominare e rispettare le decisioni di un arbitro, che in passato era sovente o il Papa o l’Imperatore. Subisce successivamente una evoluzione in senso procedimentale ed in senso istituzionale. In senso procedimentale, emerge la prassi dell’inserimento nei trattati della clausola compromissoria incompleta o della stipulazione di un trattato generale di arbitrato incompleto, atti che impongono unicamente un obbligo de contrahendo agli Stati in causa, cioè un obbligo di stipulare il compromesso arbitrale al nascere della controversia. Con la clausola compromissoria completa e con il trattato generale di arbitrato completo, le parti in causa intendono, per contro, preventivamente obbligarsi alla risoluzione di una eventuale controversia tra essi insorgente, nominando a priori un arbitro ed impegnandosi a rispettarne la sentenza. In senso istituzionale, si assiste alla creazione di organi permanenti di giustizia internazionale (Corte permanente di arbitrato; Corte permanente di giustizia internazionale; Corte internazionale di giustizia) ai quali gli Stati ricorrono, mediante sempre la stipulazione di un compromesso arbitrale o la sottoscrizione di una clausola facoltativa revocabile, per risolvere le loro controversie.
arbitrato internazionale: è l’arbitrato che si instaura fra le parti che appartengono a paesi diversi, generalmente organizzato da apposite camere arbitrali internazionali, i cui regolamenti attribuiscono agli arbitri il potere di scegliere il diritto nazionale più congeniale alla controversia, ove la scelta non sia stata fatta dalle stesse parti con il compromesso o con la clausola compromissoria. All’arbitrato arbitrato il c.p.c. rivolge le norme degli artt. 832 – 38: si segnala la norma che impone agli arbitri di applicare, in ogni caso, gli usi del commercio (v. lex mercatoria, nuova arbitrato), nonche´ quella che consente di deliberare il lodo in conferenza personale anche videotelefonica.
arbitrato irrituale: figura atipica, detta anche arbitrato libero e diversa dall’arbitrato rituale, regolato dal c.p.c., ma la cui validità non è messa in discussione. Può nascere da un compromesso, con il quale le parti deferiscono ad arbitri una già insorta controversia, oppure da clausola compromissoria: le parti di un contratto, con apposita clausola, deferiscono ad uno o più arbitri la definizione di controversie che possono insorgere circa l’interpretazione, l’applicazione o l’esecuzione del contratto, vincolandosi ad osservare la decisione (il lodo) che sarà da essi adottata. A differenza dell’arbitratore, cui le parti di un contratto ancora in formazione chiedono di determinarne l’oggetto, gli arbitri sono chiamati ad intervenire su un contratto già formato, ed il compito ad essi demandato è di sostituirsi al giudice nella definizione della controversia, sicche´ l’efficacia vincolante del contratto (la forza di legge di cui all’art. 1372 c.c.) sostituisce l’autorità di cosa giudicata, propria della sentenza (art. 2909 c.c.). Le distanze fra arbitrato arbitrato e arbitrato rituale si sono ridotte a seguito della riforma dell’arbitrato: la residua differenza è che solo il lodo reso in sede di arbitrato rituale può , con l’exequatur del pretore, assumere valore di sentenza (art. 825, comma 5o c.p.c.); ma anche questo lodo, in difetto di exequatur, vincola le parti (art. 823, comma 4o, c.p.c.). L’arbitrato arbitrato può essere, come l’arbitrato rituale, sia di diritto sia di equità. Ev discutibile la qualificazione come mandato che la Cassazione suole applicare al rapporto che lega fra loro i contraenti e gli arbitri: a costoro non si chiede di compiere un atto giuridico, ne´ tanto meno, di emettere una dichiarazione di volontà, destinata a produrre effetti giuridici per i contraenti. Si chiede, piuttosto, di eseguire una operazione intellettiva, qualificabile come prestazione d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.): la decisione degli arbitri è , per i contraenti, null’altro che un fatto giuridico, cui essi hanno, con propria dichiarazione di volontà , attribuito effetti giuridici. Il lodo arbitrale irrituale è impugnabile davanti all’autorità giudiziaria allo stesso modo di un contratto e quindi davanti al tribunale.
arbitrato rituale: è il procedimento mediante il quale le parti, con atto di autonomia contrattuale, deferiscono ad arbitri, ossia a giudici privati da esse stesse scelti, la definizione di controversie già insorte o che possono fra esse insorgere. Nel primo caso l’arbitrato arbitrato nasce da un compromesso, nel secondo da una clausola compromissoria inserita in un contratto. Gli arbitri (arbitro unico o, più frequentemente, collegio arbitrale) sono liberi di scegliere le forme del procedimento, ma sono sempre vincolati dal principio del contraddittorio. La decisione da essi emessa, detta lodo, può su istanza di parte essere resa esecutiva dal pretore (cosiddetto exequatur) ed acquistare così efficacia di sentenza, impugnabile davanti alla corte d’appello. Anche in difetto di exequatur il lodo è , comunque, vincolante per le parti. Gli arbitri giudicano secondo diritto; ma le parti possono chiedere loro di decidere secondo equità , ossia di derogare alle norme di diritto positivo e di risolvere la controversia secondo norme da essi stessi create come le più adatte al caso concreto. Più esattamente, come anche la Cassazione ha ammesso, gli arbitri chiamati a decidere secondo equità traducono in norme, da applicare al caso concreto, valori della civiltà giuridica del tempo non ancora diventate norme di diritto positivo. E del resto l’equità , come è accaduto per il diritto romano e poi nel common law, ha sempre anticipato le innovazioni del diritto positivo. In ogni caso il lodo deve essere motivato (salvo che le parti non abbiano dispensato dalla motivazione), e la motivazione deve indicare la ragione della decisione (ratio decidendi). Ovviamente il lodo reso secondo equità non è impugnabile per violazione di norme di diritto; tuttavia è impugnabile per difetto di motivazione (e cioè per error in procedendo) il lodo che non riveli la ratio decidendi o il lodo che abbia ritenuto di dovere derogare, per ragioni di equità , alle norme di diritto sulla base di una errata interpretazione di queste ultime.
trattato generale di arbitrato: v. trattato generale di arbitrato.
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