Con tale termine si designa nella prassi il contratto preliminare (v. contratto, compromesso preliminare); in senso tecnico è l’atto con il quale si devolve una controversia in arbitrato (v.).
compromesso di Lussemburgo: accordo del 29 gennaio 1966 tra i Ministri degli esteri riuniti a Lussemburgo, con cui gli Stati membri si proposero di salvaguardare gli interessi nazionali a scapito di quelli comunitari ed a ridimensionare i poteri della Commissione. Il presupposto di questo compromesso deve essere ricercato nel dettato dell’art. 8 del Trattato Cee; ai sensi di questo articolo, il mercato comune doveva essere instaurato progressivamente nel corso di un periodo provvisorio di 12 anni, diviso in tre tappe di 4 anni; durante tale periodo il Consiglio avrebbe dovuto decidere di regola alla unanimità , mentre a partire dal 1o gennaio 1970 avrebbe, invece, dovuto decidere di regola a maggioranza qualificata. In detto contesto gli Stati membri temevano di vedere rimesse in discussione determinate loro posizioni acquisite a seguito del cambiamento del sistema di votazione. Con il compromesso del Lussemburgo, invece, si convenne che le decisioni dovessero venire adottate alla unanimità in tutti i casi in cui fossero in gioco importanti interessi nazionali. Inoltre, per limitare i poteri della Commissione, venne fissata la competenza congiunta dei presidenti della Commissione e del Consiglio, sia con riferimento all’accreditamento dei capi missione di Stati terzi sia con riferimento al mantenimento dei collegamenti con le organizzazioni internazionali. Infine, venne decisa l’istituzione del Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso la Comunità (Coreper) (rinvio). Alla luce di quanto sopra, risulta evidente che il compromesso di Lussemburgo ha costituito un punto di regresso nel processo di integrazione comunitaria.
Compossesso | | | Compromissione della dignità notarile |