regolamenti comunali e provinciali: sono l’espressione della potestà normativa di comuni e province, fatta implicitamente discendere dal combinato disposto degli artt. 5 e 128 Cost., come espressione del principio di decentramento e di valorizzazione delle autonomie locali. Tale previsione trova conferma nella l. n. 142 del 1990, il cui art. 5 prevede la possibilità per comuni e province di adottare da parte dei rispettivi consigli, nel rispetto della legge e dello statuto, regolamenti per l’organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni.
regolamenti comunitari: costituiscono gli atti di diritto derivato più importanti e più completi. Essi sono previsti dagli artt. 189 del Trattato Cee e 161 Trattato Euratom (nel Trattato Ceca essi corrispondono alle decisioni e più in particolare alle decisioni generali (rinvio), art. 14) i quali recitano che i regolamenti hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri. Pertanto, tre sono le caratteristiche fondamentali dei regolamenti regolamenti: la portata generale, l’obbligatorietà e la portata diretta. Per portata generale si intende che essi hanno efficacia per un numero indeterminato ed indeterminabile di destinatari (gli Stati membri e le persone fisiche e giuridiche degli Stati medesimi) e che sono dotati del requisito dell’astrattezza, nel senso che prescindono dal caso concreto e possono applicarsi a qualsiasi fattispecie che possa rientrare nella loro previsione. Per obbligatorietà si intende invece la loro idoneità a prendere direttamente in considerazione ed a disciplinare i rapporti cui si riferiscono. Questo però non comporta che i regolamenti regolamenti debbano necessariamente essere completi: ogni regolamento può essere completato con misure di esecuzione che possono essere adottate sia dalle istituzioni comunitarie (principalmente la Commissione cui il Consiglio delega tale competenza) che dalla autorità nazionali. Per applicabilità diretta, infine, si intende che, senza la necessità di un intervento del potere normativo nazionale, essi sono automaticamente validi negli Stati membri ed in quanto tali, sono atti a conferire diritti ed imporre obblighi agli Stati membri ed ai privati come le leggi nazionali. Conseguenza dell’applicabilità diretta dei regolamenti regolamenti è l’impossibilità di trasformazione degli atti in questione da parte degli Stati membri. Al riguardo, molte teorie sono state avanzate per giustificare questa efficacia diretta nell’ordinamento italiano; tra le varie, la più plausibile è quella che fonda l’automatica validità all’interno degli Stati membri nello stesso art. 189 del Trattato Cee, attraverso il quale gli Stati si sono impegnati a recepire i regolamenti regolamenti privandosi del potere di intervenire sul loro contenuto con atti statali. I regolamenti regolamenti vengono emanati dal Consiglio su proposta della Commissione (con parere del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale), oppure dalla Commissione della Cee (v.), la quale emana regolamenti di esecuzione di altri regolamenti nei limiti di una delega da parte del Consiglio i cui principi sono contenuti nella decisione adottata il 13 luglio 1987. Gli atti in questione, adeguatamente motivati sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Comunità europea (Guce) e sono in generale irretroattivi salvo non lo esiga lo scopo da raggiungere e purche´ sia rispettato il principio del legittimo affidamento degli interessati.
regolamenti quali fonti di diritto penale: sono fonti del diritto (art. 1 prel.) (v. riserva di legge, regolamenti nel diritto penale). Non può essere fonte autonoma di norme incriminatrici (v. norma giuridica, regolamenti penale). Nelle norme penali in bianco (v. norma giuridica, regolamenti penale) può costituire norma integratrice del precetto, alla quale la norma penale rinvia, contribuendo in tal modo alla determinazione della condotta vietata.
regolamenti regionali: sotto il profilo formale, si distinguono dalle leggi regionali perche´ non vanno sottoposti al visto del commissario del governo e, sotto il profilo dei contenuti, per il fatto che i regolamenti regolamenti hanno solitamente carattere esecutivo o, tutt’al più , organizzatorio. La potestà regolamentare è esercitata per le regioni di diritto comune, e per la Valle d’Aosta e la Sardegna, dal consiglio regionale, mentre gli statuti delle rimanenti regioni ad autonomia speciale attribuiscono tale potestà alla giunta regionale. .
regolamenti statali: atti normativi del Governo, sottordinati alla legge, ossia collocati nella gerarchia delle fonti ad un livello inferiore. Si distingue, tradizionalmente, fra regolamenti di esecuzione, emanati per regolare nei particolari materie già regolate dalla legge, e regolamenti indipendenti, destinati a regolare materie non regolate da alcuna legge. Oggi si dubita dai più della legittimità del potere regolamentare indipendente, che si traduce in virtuale potere legislativo del governo, in violazione delle prerogative costituzionali del parlamento (oltre che della Corte Costituzionale); e si dubita, altresì, che regolamenti di esecuzione possano essere emanati fuori dei casi in cui la legge stessa abbia previsto, per la propria esecuzione, l’emanazione di un apposito regolamento. Certo è , comunque, che i regolamenti indipendenti non possono essere emanati nelle materie per le quali la Costituzione formula una riserva di legge (v.), ossia esige che la materia sia regolata con legge. Ma le riserve di legge sono tali e tante nella nostra Costituzione, come esigono i moderni principi dello Stato di diritto, da togliere virtualmente ogni spazio ai regolamenti indipendenti. Ma v. delegificazione. Dal punto di vista formale i regolamenti assumono la forma del decreto (la materia è regolata dall’art. 17 l. n. 400/’88); ed al riguardo si deve distinguere: a) di norma i regolamenti sono deliberati dal Consiglio dei ministri ed emanati con d.p.r.; b) possono assumere la forma del d.m., emanato cioè da un singolo ministro, nell’ambito della sua specifica competenza, quando la legge lo consenta. Così una data legge, regolante una determinata materia, può stabilire che una più analitica disciplina di questa verrà emanata con d.m. (ad esempio, del Ministro dei trasporti, della pubblica istruzioni ecc.).
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