azione nei confronti della Pubblica Amministrazione cautelare: nei confronti delle P.A. la legge prevede uno strumento specifico di tutela cautelare: ai sensi dell’art. 21 della l. Tar (n. 1034 del 1971) il giudice amministrativo può concedere al ricorrente la sospensione del provvedimento impugnato (c.d. sospensiva) in attesa della definizione nel merito della controversia, onde evitare che le sue ragioni siano irrimediabilmente frustrate. Ev infatti requisito necessario dell’azione, ex art. 21, il c.d. periculum in mora, cioè il rischio che, nelle more del processo, la situazione di fatto si evolva in modo tale che, alla fine, la sentenza giunga inutiliter data. Possono essere sospesi sia gli atti espliciti lesivi di interessi dei privati, che anche, secondo la giurisprudenza più recente, i c.d. atti negativi, ossia i provvedimenti espliciti o impliciti di rifiuto. Ev considerata ammissibile, ad esempio, la sospensione di un provvedimento di esclusione di un candidato da un concorso pubblico, nel qual caso il giudice dispone la misura cautelare provvisoria della ammissione con riserva (sino all’esito del concorso). La sospensione è disposta dal giudice amministrativo con ordinanza. Tale ordinanza può essere impugnata davanti al Consiglio di Stato e per Cassazione (in seguito ad intervento della Corte Costituzionale, che nel 1982 ha dichiarato illegittima la norma che escludeva l’appellabilità delle ordinanze di sospensione). Non è ritenuta ammissibile, invece, l’esperibilità del rimedio cautelare previsto dall’art. 700 c.p.c. (v. provvedimenti d’urgenza), poiche´ la legge impedisce al giudice ordinario, che è competente per i provvedimenti d’urgenza, di emanare pronunzie costitutive o di condanna nei confronti della P.A.. L’esperibilità dei provvedimenti d’urgenza può essere ammessa, quindi, soltanto ove la P.A. operi jure privatorum, cioè con attività di diritto privato, ovvero in carenza di potere. Inoltre, la Corte Costituzionale (1985), in omaggio al principio di eguaglianza, ha esteso la tutela offerta dallo strumento ex art. 700 alla sospensiva prevista dall’art. 21 l. Tar, limitatamente alle controversie in materia di pubblico impiego. La tutela offerta dall’art. 700 è , infatti, decisamente più ampia di quella data dalla sospensiva, poiche´ non agisce soltanto in funzione conservativa, ma anche in funzione anticipatoria della decisione finale, ciò che è precluso al giudice amministrativo dall’art. 21 l. Tar.
azione nei confronti della Pubblica Amministrazione costitutiva: sono tipicamente costitutive, ossia costituiscono, modificano od estinguono un rapporto giuridico, le azioni esperibili davanti al giudice amministrativo nei confronti di una P.A.. Il processo amministrativo è infatti un processo sull’atto (v. giudizio, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione sull’atto). La sentenza che ne scaturisce è quindi una sentenza che annulla o modifica il provvedimento impugnato, con efficacia costitutiva. Non sono invece ritenute ammissibili azioni costitutive nei confronti della P.A. davanti al giudice ordinario. Ciò perche´ la legge vieta al giudice ordinario l’emanazione di sentenza che disponga in alcun modo della sorte dell’atto, annullandolo o modificandolo: egli lo può soltanto disapplicare (v. disapplicazione dell’atto amministrativo) ove lo ritenga in contrasto con la legge. Tuttavia, tale divieto, stabilito per l’attività jure imperii, cioè autoritativa, della P.A., non vale anche per quella jure privatorum, cioè di diritto privato. Di conseguenza, sono ritenute ammissibili azioni costitutive in materia contrattuale, ivi compresa, per la giurisprudenza più recente, l’azione di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, nell’ipotesi in cui un’amministrazione non esegua, senza peraltro un esplicito atto amministrativo di revoca, un contratto preliminare (v. contratto, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione preliminare).
azione nei confronti della Pubblica Amministrazione di accertamento: sono generalmente ammissibili davanti al giudice ordinario, il quale può accertare la legittimità o meno della condotta della P.A. e dichiarare in sentenza il risultato dell’accertamento, con efficacia dichiarativa. Il processo di accertamento è un processo sul fatto, come tale improponibile davanti al giudice amministrativo (ma v. giudizio, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione sul rapporto), quantomeno in sede di giurisdizione di legittimità (v. giurisdizione amministrativa, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione di legittimità ). Sono invece ammissibili azioni di accertamento in sede di giurisdizione esclusiva (v. giurisdizione amministrativa, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione esclusiva) e di giurisdizione di merito (v. giurisdizione amministrativa, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione di merito), dove il giudice amministrativo è giudice del fatto e del rapporto.
azione nei confronti della Pubblica Amministrazione di condanna: davanti al giudice amministrativo, le azioni di condanna sono ammissibili, limitatamente alla condanna al pagamento delle somme di cui la P.A. risulti debitrice, soltanto in sede di giurisdizione esclusiva (v. giurisdizione amministrativa, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione esclusiva) e di giurisdizione di merito (v. giurisdizione amministrativa, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione di merito). Per quanto concerne le azioni di condanna ammissibili davanti al giudice ordinario, bisogna distinguere fra azioni risarcitorie ed azioni reintegratorie. Le prime, tendenti ad ottenere la condanna della P.A. al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, sono ammissibili, purche´ il privato sia stato leso in un suo diritto soggettivo. Nel caso in cui il privato abbia subito la lesione di un interesse legittimo (v. diritti soggettivi, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione e interessi legittimi), dovrà prima ottenere l’annullamento dell’atto lesivo da parte del giudice amministrativo e quindi, riespanso il proprio interesse a dimensioni di vero e proprio diritto, ma soltanto nel caso in cui l’interesse sia un c.d. diritto affievolito, potrà conseguire la condanna al risarcimento del danno. Non sono invece ammissibili le azioni reintegratorie, tendenti ad ottenere la condanna della P.A. ad un determinato comportamento, poiche´ la legge nega al giudice ordinario il potere di obbligare la P.A. ad un facere, salvo il caso in cui l’attività dell’amministrazione non sia di diritto pubblico ma di diritto privato, oppure sia stata posta in essere in carenza di potere. In ipotesi siffatte non è necessaria l’emanazione di un provvedimento amministrativo in adempimento dell’obbligo di facere, e di conseguenza il giudice ordinario può condannare la P.A. a reintegrare le posizioni giuridiche lese mediante un proprio comportamento (ad esempio, sono ammissibili condanne al rilascio di immobili per finita locazione o alla consegna di cose detenute senza titolo).
azione nei confronti della Pubblica Amministrazione esecutiva: azione esecutiva di portata generale nei confronti della P.A. è quella introduttiva del giudizio di ottemperanza (v.). Per quanto concerne le azioni esecutive ammissibili davanti al giudice ordinario, bisogna distinguere fra espropriazione forzata (v.) ed esecuzione in forma specifica (v. esecuzione forzata, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione in forma specifica). Nel primo caso non si pongono problemi sulla possibilità teorica dell’esecuzione, essendo in linea di principio ammissibile che il giudice proceda ad espropriazione forzata in caso di inadempimento di obblighi da parte della P.A.. Piuttosto, si pone la questione relativa ai beni appartenenti ad enti pubblici concretamente assoggettabili a pignoramento. Si ritiene tradizionalmente che siano pignorabili soltanto i beni patrimoniali disponibili, poiche´ i beni patrimoniali indisponibili (v. beni, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione patrimoniali indisponibili dello Stato) ed i beni demaniali (v. beni, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione demaniali) sono sottoposti ad un vincolo di destinazione pubblica che ne impedisce l’assoggettabilità alle norme civilistiche, anche processuali. Particolari problemi si sono posti circa la pignorabilità del denaro, poiche´ nonostante si tratti di un bene mobile patrimoniale, il vincolo di bilancio che grava su ogni somma liquida della P.A. lo renderebbe funzionalizzato agli scopi di pubblico interesse cui sono dedicati i singoli capitoli del bilancio statale e degli altri enti pubblici. Peraltro il giudice ordinario non può , per legge, modificare il bilancio, che è un atto amministrativo. Sarebbero state pignorabili, quindi, soltanto le somme espressamente dedicate dai bilanci alle spese giudiziarie. La giurisprudenza più recente, tuttavia, è orientata per l’irrilevanza del vincolo di bilancio, ed ammette, non senza oscillazioni, l’alternativa fra due rimedi giurisdizionali: l’esecuzione forzosa davanti al giudice ordinario e il giudizio di ottemperanza (v.) davanti al giudice amministrativo, tese ad ottenere che l’amministrazione inadempiente paghi le somme dovute, modificando, se del caso, il bilancio. Ev invece sicuramente ammissibile l’esecuzione forzata in forma specifica nei confronti di una P.A., con il limite imposto dalla legge per cui la condanna è esclusa quando la restituzione del bene sia troppo onerosa per il debitore ovvero quando la distruzione della cosa sia di pregiudizio per l’economia nazionale. Un problema particolare si è posto per l’azione di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre (v. esecuzione forzata, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione dell’obbligo di concludere un contratto; esecuzione forzata, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione in forma specifica), nell’ipotesi in cui un’amministrazione non esegua, senza un esplicito atto amministrativo di revoca, un contratto preliminare (v. contratto, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione preliminare). L’opinione tradizionale, che ne escludeva l’ammissibilità poiche´ il giudice non si potrebbe sostituire all’amministrazione, è stata di recente superata dalla giurisprudenza, che considera ammissibile l’azione quantomeno ove non sussista discrezionalità dell’amministrazione relativamente alla stipulazione del contratto definitivo (v. contratto, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione definitivo) e sempreche´ la P.A. non proceda all’annullamento (v.) o alla revoca della delibera a contrattare (nel qual caso il giudice ordinario non potrà procedere direttamente all’emanazione della sentenza che tenga luogo del definitivo).
azione nei confronti della Pubblica Amministrazione possessoria: la giurisprudenza è stata per lungo tempo riluttante ad ammettere la proponibilità delle azioni possessorie avverso la P.A. che proceda ad uno spoglio (v.), cui conseguirebbe l’azione di reintegrazione (v.), o ad una turbativa, cui conseguirebbe l’azione di manutenzione (v.). Le azioni possessorie, di competenza del giudice ordinario, comportano infatti l’imposizione di un obbligo di facere alla P.A., ciò che contrasta con i limiti imposti al giudice civile dalla legge. Tuttavia, il limite suddetto vale soltanto nel caso in cui l’amministrazione realizzi lo spoglio o la turbativa in esecuzione di un provvedimento che, affievolendo il diritto di proprietà ad interesse legittimo (v. diritti soggettivi, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione ed interessi legittimi), inibisce al giudice ordinario la cognizione diretta, e quindi l’annullamento di quell’atto con il quale l’amministrazione medesima è entrata in possesso del bene. Non vi sono limiti al potere del giudice di ordinare lo sgombero o la cessazione delle turbative, invece, nel caso in cui l’amministrazione agisca jure privatorum, cioè con attività di diritto privato, o attraverso meri comportamenti materiali (c.d. vie di fatto), oppure in carenza di potere. Quest’ultima ipotesi si verifica quando la P.A. agisce in mancanza di una norma che gliene attribuisca il potere (c.d. carenza in astratto), ovvero al di fuori delle forme indicate dalla legge come essenziali ed in difetto dei presupposti legali spazioazione nei confronti della Pubblica Amministrazionetemporali, quali ad esempio i termini perentori previsti per l’occupazione d’urgenza di un fondo (c.d. carenza in concreto). Per i terreni, un ulteriore limite al potere del giudice di ordinare la restituzione è individuato peraltro dalla stessa giurisprudenza nella irreversibile destinazione pubblica impressa al fondo dall’amministrazione, la quale, in seguito all’impossessamento, vi abbia realizzato un’opera pubblica. In tal caso la prevalente destinazione pubblica dell’immobile inverte l’ordinario principio dell’accessione di immobile a fondo (v. accessione, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione di cosa immobile a cosa immobile), provocando l’acquisizione del terreno in capo all’amministrazione: è l’istituto c.d. della occupazione espropriativa, o accessione invertita (v. accessione, azione nei confronti della Pubblica Amministrazione invertita).
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