Ev la situazione attiva correlativa ad una soggezione (v.); può trattarsi tanto di un potere riconosciuto dal diritto pubblico, quanto di un potere riconosciuto dal diritto privato. Ev , nel primo caso, un potere sovrano: così il potere spettante allo Stato o ad altri enti pubblici in base all’art. 42, comma 3o, Cost., di espropriare (v. espropriazione) i beni dei privati nei casi previsti dalla legge e per motivi di interesse generale. A questo potere di espropriare non è correlativo un dovere del privato proprietario, il quale non deve fare o non fare alcunche´ : egli, semplicemente, subisce le conseguenze di un atto altrui (conseguenze che, in questo caso, consistono nella perdita del diritto di proprietà sul bene espropriato). Ai poteri riconosciuti dal diritto privato si dà , comunemente, il nome di diritti potestativi: così, ad esempio, il diritto di recesso dal contratto (v. recesso, potere dal contratto), come il diritto che in dati casi spetta all’imprenditore di licenziare il proprio dipendente, oppure il diritto di questo alle dimissioni volontarie. Il lavoratore nel primo caso e l’imprenditore nel secondo si trovano in una situazione di semplice soggezione al diritto potestativo altrui (il diritto di licenziare o il diritto di dimettersi); subiscono le conseguenze dell’altrui recesso dal contratto (conseguenze che, in entrambi i casi, consistono nella cessazione del rapporto di lavoro).
potere direttivo dell’imprenditore: ai sensi dell’art. 2104 c.c. il prestatore di lavoro deve osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende. Assieme alla norma definitoria di cui all’art. 2094 c.c., che espressamente individua la subordinazione (v.) del lavoratore nella collaborazione alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, la disposizione si riferisce al potere potere quale potere di eterodirezione del creditore della prestazione. Più precisamente il potere potere si configura come situazione soggettiva attiva del creditore nella obbligazione di lavoro e, al contempo, quale manifestazione di un’autonomia gerarchica che dall’imprenditorepoterecapo dell’impresa (art. 2086 c.c.) discende verso i collaboratori di grado inferiore. In effetti i comandi dell’imprenditore si riferiscono essenzialmente all’organizzazione del lavoro, cioè alle modalità di utilizzazione della prestazione lavorativa in un contesto sociopoteretecnico; da questo punto di vista il potere potere è tradizionalmente considerato un potere di conformazione della prestazione, necessario a specificare l’oggetto della prestazione esigibile (funzione, questa, interna al contratto). Tuttavia, tale funzione viene superata, sconfinando il potere potere in una serie di prerogative necessarie per il mantenimento dei ruoli di comando tipici della realtà sociologica dell’organizzazione del lavoro industriale. In un’accezione lata nel potere rientra il c.d. ius variandi, da intendersi quale potere di modificazione unilaterale delle mansioni (v. mansioni e qualifica) allo scopo di realizzare l’utilizzo ottimale della capacità ed esperienza del dipendente. Strettamente collegato al potere potere sono poi l’attività di controllo sull’adempimento della prestazione di lavoro e il potere disciplinare dell’imprenditore (v.). Il potere potere ha conosciuto una parabola evolutiva che ha visto declinare il modello legato alla concezione gerarchica dell’impresa, secondo cui le decisioni datoriali dovevano essere garantite come assolutamente intangibili, ed espandersi il concetto di legalità aziendale, in cui l’amministrazione del rapporto non deve ledere le situazioni soggettive attive del lavoratore. Operano in questo senso una serie di limiti, interni ed esterni, del potere potere: i primi introdotti a protezione dell’interesse per cui viene conferito il potere (interesse dell’impresa), i secondi posti a tutela di interessi diversi da quelli per i quali il potere è attribuito. La progressiva estensione dei limiti al potere potere si è sviluppata specie ad opera della contrattazione collettiva (v.), mediante l’introduzione di una serie di procedure volte a condizionarne e a controllarne ex ante l’esercizio: si tratta della c.d. procedimentalizzazione dei poteri, consistente nel vincolo di rispettare, nell’esercizio delle prerogative imprenditoriali, procedimenti in cui intervengono i destinatari dell’atto finale, o i loro rappresentanti, allo scopo di costringerne l’autore a tener conto dei loro interessi. Il sindacato giudiziale è volto invece, di norma, all’accertamento dell’esistenza di motivi antisindacali (v. comportamento antisindacale) o di discriminazione (v.) o di illeciti in senso lato (art. 1345 c.c.), nonche´ di violazioni delle regole di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.).
potere disciplinare dell’imprenditore: ai sensi dell’art. 2106 c.c. l’imprenditore ha il potere di adottare, secondo la gravità dell’infrazione e in conformità alle norme corporative (collettive), provvedimenti disciplinari contro i lavoratori che vengano meno all’obbligo di diligenza, obbedienza e di fedeltà (v.) (cfr. artt. 2104 – 2105 c.c.). Per la prevalente dottrina il potere potere non trae fondamento da una posizione autoritativa del datore di lavoro, essendo l’espressione, al pari del potere direttivo dell’imprenditore (v.), di prerogative essenzialmente contrattuali, volte non già a finalità afflittive, bensì dirette ad assicurare la continuità dell’attività d’impresa e l’ordinato svolgimento del rapporto di lavoro. Il potere potere è comunque sottoposto ad una serie di limiti di carattere sostanziale e procedimentale, tesi a garantirne un esercizio corretto e non arbitrario. Sotto il primo profilo (limiti sostanziali) l’art. 7, comma 1o, statuto dei lavoratori stabilisce che le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Con ciò si presuppone che le ipotesi di illecito (e le relative pene), previste nel codice disciplinare, siano predeterminate nelle loro caratteristiche essenziali, sia oggettive che soggettive, con un grado di specificità sufficiente ad escludere una valutazione discrezionale del datore di lavoro circa la collocazione della condotta del lavoratore nella fattispecie astratta. La norma fonda un onere di pubblicità avente natura costitutiva, che non ammette forme equipollenti pena la nullità delle sanzioni eventualmente irrogate. Lo stesso art. 7, comma 4o, stabilisce che le sanzioni disciplinari non possono comportare mutamenti definitivi del rapporto di lavoro, quali la modifica di mansioni, retrocessioni o trasferimenti, fermo restando quanto disposto in tema di licenziamento (v. licenziamento, potere disciplinare); la multa non può essere disposta per un periodo superiore a quattro ore; la sospensione dal servizio e dalla retribuzione non può protrarsi per più di dieci giorni. Inoltre non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione: quindi l’eventuale recidiva ha rilievo ai fini della determinazione della sanzione applicabile solo nell’ambito di un biennio. I limiti del potere potere attengono invece alle modalità di esercizio del potere (art. 7, commi 2o, 3o, 5o, 6o, statuto dei lavoratori). Ogni sanzione (salvo il rimprovero verbale) non può essere inflitta senza previa contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa ne´ può essere applicata prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione medesima; al lavoratore dev’essere data la possibilità di discolparsi con l’assistenza, se richiesta, di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Nella prevalente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale la contestazione dell’addebito deve avvenire nel rispetto dei principi di immediatezza e immodificabilità , con l’indicazione precisa del fatto addebitato e delle circostanze di tempo e di luogo in cui esso si è verificato. L’inosservanza dell’obbligo di preventiva contestazione comporta la nullità della sanzione comminata. Esaurita la fase del contraddittorio tra le parti, il datore di lavoro può applicare la sanzione, comunicandola al lavoratore; ma questi ha facoltà , entro il termine perentorio di venti giorni, di ricorrere ad un collegio di conciliazione e arbitrato, costituito presso l’Ufficio del lavoro e composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo (e in difetto di accordo nominato dall’Ufficio), sospendendo in tal modo la sanzione fino alla pronuncia del collegio.
potere disciplinare nelle amministrazioni pubbliche: al procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche si applicano l’art. 2106 c.c. e l’art. 7 statuto dei lavoratori, limitatamente ai commi 1o, 5o, 8o (v. sanzioni disciplinari), con le integrazioni introdotte in sede di contrattazione collettiva
legittimazione del potere: v. legittimazione, potere del potere.
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