forma del testamento: v. testamento, forma del forma.
forma del contratto: principio generale del moderno sistema dei contratti è quello della libertà delle forme, in antitesi con il formalismo che aveva caratterizzato il contratto in epoca anteriore alle codificazioni moderne. I contratti possono, per regola generale, risultare da dichiarazioni espresse o essere, invece, contratti taciti; e i contratti espressi possono, a loro volta, essere contratti orali (o verbali), oppure contratti scritti. Ev sufficiente, perche´ il contratto sia valido e produttivo di effetti, che la volontà delle parti si sia manifestata, qualunque sia il modo o la forma della sua manifestazione. La generale regola dell’ammissibilità di contratti taciti trova talvolta eccezioni: così, per l’art. 1937 c.c., la volontà di prestare fideiussione deve essere espressa. Più vasta deroga al principio della libertà delle forme è prevista per una serie di contratti, fra i quali campeggiano i contratti immobiliari: i contratti che trasferiscono la proprietà o altri diritti reali su beni immobili o che costituiscono o modificano o estinguono diritti reali su questi beni, nonche´ le locazioni di beni immobili stipulate per una durata superiore a nove anni debbono a pena di nullità essere conclusi per atto scritto (art. 1350). La forma scritta è necessaria anche per altri determinati contratti o per determinati atti unilaterali o, più limitatamente, per determinate clausole (le clausole vessatorie (v. clausola, forma vessatoria) ex art. 1341, comma 2o, c.c., la pattuizione di interessi superiori al tasso legale ex art. 1284, comma 3o, c.c. (v. interessi, forma a tasso superiore) non aventi ad oggetto beni immobili, ma si deve, in ogni caso, trattare di contratti o di atti o di clausole (così si esprime l’art. 1350 n. 13) specialmente indicati dalla legge. Tra questi rientrano contratti e atti che, come il contratto preliminare (v. contratto, forma preliminare) o la procura (v.) o la ratifica (v.), assumono carattere strumentale rispetto ad altri contratti o atti: così il contratto preliminare deve assumere la stessa forma richiesta per il contratto definitivo (art. 1351 c.c.); la procura deve essere rilasciata nella stessa forma da concludere (art. 1392 c.c.); la ratifica del contratto concluso dal falsus procurator (v.) deve osservare le forme prescritte per la conclusione di esso (art. 1399, comma 1o, c.c.). Ci si domanda se la forma scritta sia richiesta, pur in mancanza di una norma espressa al riguardo, anche per altri contratti o atti che, al pari del preliminare o della procura o della ratifica di un contratto immobiliare, si presentino anch’essi come aventi un mediato oggetto immobiliare. Il problema si pone: a) per il mandato a vendere o ad acquistare immobili; b) per la cessione del contratto avente ad oggetto immobili; c) per la risoluzione consensuale di un contratto preliminare di vendita immobiliare. Per la soluzione negativa del problema sembra militare l’art. 1350 n. 13, che esige la forma scritta a pena di nullità per i contratti e gli atti specialmente indicati dalla legge; ciò che depone nel senso della tassatività . Ma un argomento di segno opposto è fornito dall’art. 1325 n. 4, che colloca la forma fra i requisiti del contratto quando risulta che dalla legge è prescritta sotto pena di nullità ; ed un simile linguaggio induce a ritenere che la necessità della forma scritta possa essere il risultato di una indagine interpretativa. Il conflitto può essere superato con una interpretazione estensiva dei nn. 1 – 12 dell’art. 1350 c.c., la quale porti a leggervi che la forma scritta è richiesta per i contratti che abbiano per oggetto immediato o mediato beni immobili. Di fatto, i problemi sopra indicati sub a e sub b vengono risolti in questo senso da una costante giurisprudenza; mentre sul problema di cui sub c si alternavano le soluzioni nell’uno e nell’altro senso, senza possibilità di ravvisare un indirizzo prevalente: o si dà una risposta in linea con quella data agli altri problemi, muovendo dal concetto di mediato oggetto immobiliare, oppure si trae contrario argomento dalla considerazione che la risoluzione del preliminare di vendita immobiliare agisce su un vincolo obbligatorio, senza ripercussioni nella titolarità di diritti reali immobiliari. Ma si trascura, così argomentando, che lo stesso art. 1350 annovera, al n. 12, un caso del genere: le transazioni sono sottoposte alla forma scritta non quando implichino trasferimento di diritti reali immobiliari o rinuncia agli stessi (se così fosse, sarebbe stato superfluo il n. 12, bastando i nn. 1 e 5), ma quando hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti. Sicche´ la forma scritta è necessaria anche quando la transazione non immuti le situazioni reali immobiliari delle parti, avendo queste eletto a terreno delle reciproche concessioni, come è consentito dall’art. 1365, comma 2o, c.c., la creazione o la modificazione o l’estinzione di rapporti obbligatori, diversi dai rapporti reali oggetto di lite. Se poi si obiettasse che, anche in tal caso, le parti rinunciano pur sempre a pretese riguardanti rapporti reali, sarà agevole replicare che qui non c’è rinuncia ad un diritto reale immobiliare, ma rinuncia ad una pretesa su un tale diritto, e che anche la risoluzione del preliminare di vendita consiste nella concordata rinuncia a pretese aventi per oggetto l’acquisto di un diritto reale. Ev , perciò , corretto concludere che presentano un mediato oggetto immobiliare non solo i contratti che, come il preliminare di vendita o come il mandato a vendere o a comprare, svolgono una funzione strumentale rispetto ad una futura vicenda traslativa immobiliare, ma anche quei contratti che, come può essere la transazione descritta al n. 12 dell’art. 1350 c.c. o come è la risoluzione consensuale del preliminare di vendita (o anche quegli atti come la revoca del mandato), assolvono l’opposta funzione di escludere una futura vicenda traslativa immobiliare. A tale interpretazione ha recentemente aderito la Corte di Cassazione che, con una decisione a sezioni unite, ha composto il precedente contrasto affermando che anche per la risoluzione consensuale del preliminare di alienazione immobiliare è necessaria la forma scritta. Le parti possono convenire la forma scritta per la conclusione di futuri contratti; forma che, salvo prova contraria, l’art. 1352 presume richiesta per la loro validità. Ma la convenzione sulla prova scritta dei futuri contratti non è atto che richieda la forma scritta e, se redatta per iscritto, può essere modificata o risolta in modo non formale, anche per fatti concludenti. Il caso non è diverso da quello di qualsiasi contratto cui le parti, senza esservi tenute, abbiano dato forma scritta: esse lo possono modificare o risolvere oralmente o tacitamente.
forma libera: v. forma del contratto.
modalità di adempimento della forma: la forma scritta può consistere in un atto pubblico (v.) o in una scrittura privata. Il primo è il documento redatto da notaio (o da altro pubblico ufficiale autorizzato) il quale attesta, con le formalità richieste dalla l. notarile, le volontà dichiarate alla sua presenza dalle parti (art. 2699 c.c.). La seconda è , invece, il documento redatto e sottoscritto dalle stesse parti, senza la partecipazione di un pubblico ufficiale alla sua redazione. La scrittura privata può essere autenticata da un notaio (o da altro pubblico ufficiale autorizzato): qui il notaio si limita ad attestare che le parti hanno sottoscritto il documento alla sua presenza e, perciò , che le firme sono autentiche (art. 2703 c.c.). Il requisito della forma scritta è , di regola, soddisfatto dalla sola scrittura privata, anche se non autenticata: una vendita immobiliare è perfettamente valida, e trasferisce la proprietà del bene dal venditore al compratore, anche se redatta per semplice scrittura privata, non autenticata da alcun pubblico ufficiale. L’atto pubblico o l’autenticazione della scrittura privata sono solo speciali mezzi di prova: il primo fa prova, fino a querela di falso, di quanto il notaio attesta essere stato detto e fatto dalle parti alla sua presenza (art. 2700 c.c.); la seconda fa prova della autenticità delle firme apposte dalle parti in calce al contratto, e serve per impedire che una delle parti possa, successivamente, disconoscere la propria firma, protestandola come falsa. Atto pubblico o scrittura privata autenticata servono, inoltre, per formare il titolo per la trascrizione (v.) del contratto nei registri immobiliari (art. 2657 c.c.). Solo in alcuni, eccezionali, casi l’atto pubblico è richiesto a pena di nullità del contratto; e si parla, allora, di forma solenne. Sono soprattutto, il caso della donazione (v.) (art. 782 c.c.) e quello del contratto di s.p.a. (v.) (art. 2332 n. 2 c.c.) e di s.r.l. (v.) (art. 2475 c.c.). Il principio generale della libertà delle forme asseconda esigenze di massima circolazione e di massima produzione della ricchezza. Il favore legislativo è per la conclusione, e non per la mancata conclusione, degli affari; ed è per la rapidità delle contrattazioni. La legge vuole che i beni circolino e che le obbligazioni sorgano: quanto più e quanto più rapidamente la ricchezza circola, e quante più prestazioni vengono eseguite, tanto maggiore è il contributo che ne deriva allo sviluppo economico complessivo, alla prosperità generale. La forma scritta e, ancor più , la forma solenne costituiscono, invece, un intralcio alla conclusione del contratto e un freno che rallenta la rapidità delle contrattazioni. Per la circolazione dei beni mobili queste esigenze sono protette in massimo grado: la moderna società industriale si basa, essenzialmente, sulla circolazione della ricchezza mobiliare (acquisto delle materie prime, vendita dei prodotti finiti). Per i beni immobili le esigenze di circolazione sono contemperate con un’altra esigenza, che richiede la forma scritta: quella di accertare l’effettiva volontà del proprietario di spogliarsi della proprietà del bene (e la volontà di alienare deve, perciò , risultare da dichiarazione scritta). Ma per i contratti immobiliari l’atto scritto è necessario e sufficiente: la forma solenne ha carattere eccezionale, e il principio generale che vale per i contratti scritti è quello della semplicità delle forme. La forma solenne è richiesta solo per quei contratti, immobiliari e mobiliari, per i quali particolarissime esigenze consigliano che la volontà delle parti sia raccolta da un notaio. Così per la donazione: la volontà di spogliarsi di propri beni a favore di altri per solo spirito di liberalità è talmente insolita che, per garantire che essa effettivamente esista, la legge esige sia accertata da un notaio alla presenza dei testimoni, la cui presenza, oltre a garantire la certezza del contratto documentato dal notaio, ha anche quella di richiamare l’attenzione del donante sull’importanza dell’atto giuridico che sta ponendo in essere. Per l’atto costitutivo di s.p.a. e a responsabilità limitata valgono, invece, ragioni connesse alla particolare complessità dell’atto ed al procedimento giudiziario di omologazione cui è sottoposto; ciò che, per valutazione legislativa, esige una base sicura quale l’atto redatto da notaio. Ma la forma dell’atto pubblico è qui richiesta per l’atto costitutivo in quanto tale, non in quanto contratto di società ; tant’è che la medesima forma non è richiesta per le successive adesioni al contratto, risultanti dalla sottoscrizione degli aumenti di capitale.
forma pubblica amministrativa: v. stipulazione, forma in forma pubblica amministrativa.
forma scritta: la forma forma può consistere in un atto pubblico (v. atto, forma pubblico) o in una scrittura privata (v.). A norma dell’art. 2725, comma 1o, c.c., quando un contratto deve, secondo la legge o per volontà delle parti, essere provato per iscritto, la prova per testimoni (v. prova, forma testimoniale) è ammessa solo quando il contraente ha, senza sua colpa, perduto il documento che gli forniva la prova. Il comma 2o aggiunge che la medesima regola si applica quando la è richiesta sotto pena di nullità . L’identica regola ha, tuttavia, un significato profondamente diverso nell’uno o nell’altro caso: quando la forma forma è richiesta ad substantiam, il contraente deve dare, per testimoni, la prova dell’esistenza del documento contrattuale, ossia del documento che racchiudeva il contenuto contrattuale; deve quindi provare la perdita di tale documento, dovuta a causa a lui non imputabile. Altrettanto non può dirsi quando la prova scritta è richiesta ad probationem: ciò che qui si può provare di avere perduto è la confessione (v.) scritta dell’esistenza del contratto o la quietanza di pagamento. Per il contratto di assicurazione (v.) l’art. 1888 c.c., dopo avere richiesto al comma 1o, la prova scritta del contratto, aggiunge al comma 2o, che l’assicuratore deve rilasciare al contraente la polizza o altro documento da lui sottoscritto. La polizza non è la forma forma del contratto di assicurazione: sia perche´ il suo rilascio presuppone la già avvenuta conclusione del contratto, sia perche´ è sottoscritta dal suo assicuratore. La sua funzione è di fornire all’assicuratore la prova scritta del contratto e del contenuto contrattuale. Ma spesso accade che le compagnie di assicurazione rilascino polizze a stampa e che anche la firma del legale rappresentante della compagnia sia riprodotta a stampa. In tal caso la polizza non ha il valore di prova scritta; ma ciò non significa che essa sia priva di ogni valore, se il contraente può comunque dare prova scritta del contratto, ad esempio esibendo una quietanza di pagamento dei premi per il periodo in cui è avvenuto il sinistro del quale chiede l’indennizzo. In tal caso la polizza a stampa rilasciatagli dall’assicuratore varrà , sebbene non sottoscritta manualmente, quale prova del contenuto del contratto: essa attesta pur sempre quali siano gli usi contrattuali dell’assicuratore; ha il valore che gli usi contrattuali assumono a norma dell’art. 1340 c.c.. Sarà l’assicuratore, di fronte a chi faccia valere una tale polizza, a dover provare che lo stampato è opera di un falsario oppure che, per quel singolo contratto, si era derogato alle clausole risultanti dallo stampato. V. anche modalità di adempimento della forma scritta; forma scritta ad probationem; forma scritta ad substantiam.
forma scritta ad probationem: è la forma scritta che talvolta la legge richiede per la prova (v.) del contratto (cosiddetta prova documentale): così per il contratto di assicurazione (v.) (art. 1888 c.c.) o per il patto di non concorrenza (v. concorrenza, limiti contrattuali alla forma) fra imprenditori (art. 2596 c.c.) o per la transazione (v.) (art. 1967 c.c.), quando non ricorrono gli estremi della forma a pena di nullità di cui all’art. 1350 n. 12 c.c., o per il trasferimento di aziende commerciali (v. azienda, trasferimento di forma) (art. 2556 c.c.). In questi casi il contratto è valido, e produttivo di effetti, anche se non è redatto per iscritto; ma la sua prova, se una delle parti ne contesti l’esistenza, sarà particolarmente ardua per l’altra: il contratto non potrà essere provato per testimoni (v. prova, forma testimoniale) (art. 2725 c.c.) ne´ per presunzioni (v. presunzione) (art. 2729, comma 2o, c.c.); potrà essere provato, in mancanza di prova scritta, solo con la confessione (v.) (giudiziale) dell’altra parte (artt. 2730 e 2735, comma 2o, c.c.) o con il giuramento (v.) (art. 2739 c.c.). In alcuni casi la legge richiede che il contratto risulti da atto scritto, ma non precisa se questo è richiesto per la validità o solo per la prova del contratto: così è , ad esempio, per il contratto di lavoro in prova (art. 2096 c.c.). Convincente è l’argomento che si trae dall’art. 1352 c.c.: se le forme convenzionali si presumono, fino a prova contraria, richieste per la validità del contratto, non c’è ragione di adottare una diversa soluzione per le forme legali. Il generale principio della libertà di forme non vale per le ipotesi nelle quali la forma risulta prescritta (come si esprime l’art. 1325 n. 4 c.c.) a pena di nullità; e l’indagine che la formula legislativa autorizza consente di tenere conto anche dell’argomento che si ricava dall’art. 1352 c.c.. Le modalità di adempimento della forma forma sono diverse da quelle prescritte per la forma scritta ad substantiam: nella forma forma lo scritto è forma della prova, non forma dell’atto, con la conseguenza che il requisito formale è soddisfatto anche se forma scritta rivesta la confessione (v.) scritta dei contraenti o la quietanza (v.) recante nozione della causale del versamento. Ciò che, in quest’ultimo caso, risulta per iscritto è una dichiarazione di scienza (v. atti giuridici, dichiarazione di scienza come forma; confessione), qual è la quietanza (v.): essa è prova scritta di un atto esecutivo del contratto quale il pagamento, come tale accettato dell’altra parte. Perciò la prova scritta del contratto è compatibile con la conclusione orale dello stesso e persino con la sua conclusione tacita, risultante dal comportamento concludente delle parti. V. anche forma scritta.
forma scritta ad substantiam: è la forma scritta richiesta per la validità del contratto in mancanza della quale il contratto è nullo (art. 1418, comma 2o, c.c.). Perche´ sia adempiuto il requisito della forma è opportuno precisare anzitutto che la forma scritta non postula l’unicità del documento contrattuale: proposta e accettazione possono risultare da uno scambio di lettere, e persino dalla matrice di un libretto di assegni in collegamento con l’assegno staccato da essa; d’altronde, la stessa forma solenne può scomporsi in una pluralità di atti pubblici, che separatamente raccolgono la proposta e l’accettazione. Ev , tuttavia, indispensabile: a) che per iscritto risulti la volontà contrattuale delle parti: non è sufficiente una scrittura che, come la quietanza, abbia natura di dichiarazione di scienza; questa vale solo come documentazione di un già concluso contratto, ma di un contratto concluso senza forma scritta; b) che per iscritto risulti la volontà di entrambe o, nei contratti plurilaterali, di tutte le parti; c) che per iscritto risulti l’intero contenuto contrattuale, non soltanto quella parte di esso che reca la clausola traslativa o costitutiva del diritto reale immobiliare; e senza possibilità di distinguere fra clausole essenziali e clausole non essenziali. V. anche forma scritta.
forma scritta richiesta per la validità: v. forma scritta ad substantiam.
forma vincolata: v. forma del contratto.
vizio di forma nell’avallo: il vizio di forma dell’obbligazione dell’avallante è rilevabile dal contesto del titolo ed importa invalidità dell’avallo (art. 37, comma 2o, l. camb. e art. 30, comma 2o, l. ass.). Costituisce vizio di forma il fatto di chi abbia posto sul titolo il solo timbro della ditta, senza accompagnarlo con la firma o sigla autografa. La falsità della firma dell’avallante, non costituendo vizio di forma, non rende nullo l’avallo. V. anche avallo.
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