Insieme delle operazioni condotte con l’impiego della forza bellica da parte di uno o più Stati, con lo scopo di distruggere l’organizzazione sociale di uno o più altri Stati. Durante lo stato di guerra, espressamente dichiarato o implicitamente costituito, si applica il c.d. diritto bellico (jus in bello), che prevede un complesso di norme relative allo status di belligeranza ed a quello di neutralità ; mentre produce la sospensione del diritto internazionale di pace. Ev vietata come mezzo di soluzione delle controversie internazionali, rispetto alle quali gli Stati hanno un obbligo di soluzione pacifica (art. 2, comma 3o, Carta Onu); è altresì vietata come guerra di aggressione rispetto alla quale opera l’eccezione al divieto di uso della forza prevista dall’art. 51 (autotutela individuale e collettiva in caso di attacco armato). La guerra terrestre, marittima ed aerea sono disciplinate da un corpo di regole distinto per ciascuno dei tre settori, pur in presenza di principi comuni ai tre settori in cui si ripartisce il c.d. jus in bello. V. anche armistizio; autotutela internazionale; forza armata; guerra di liberazione nazionale; jus in bello.
conferimento al Governo dei poteri necessari in caso di guerra: in seguito alla deliberazione dello stato di guerra le Camere conferiscono al Governo (art. 78 Cost.) i poteri necessari. Tale conferimento sarà il più delle volte (ma non necessariamente) contestuale alla delibera dello stato di guerra. Esso è un atto discrezionale (e non già dovuto), giacche´ le Camere sono pienamente libere di valutare, in relazione alle circostanze, l’opportunità di conferire o meno (in quali materie e in che misura) tali poteri. Presupposto indefettibile di tale conferimento è la previa deliberazione dello stato di guerra. Si discute se tale conferimento sia assimilabile alla delegazione legislativa, ma anche in caso di risposta positiva va riconosciuto che si tratta di un tipo di delegazione diversa da quella contemplata nell’art. 76 Cost.. Attraverso l’utilizzazione dell’espressione poteri necessari (anziche´ di quella dei pieni poteri) il costituente ha voluto porre il Governo e i relativi atti da esso compiuti sotto il controllo del Parlamento. Si deve così riconoscere l’esistenza di limiti temporali (solo per la durata della guerra), soggettivi (solo il Governo è legittimato ad esercitare tale potestà ed è tenuto in ogni caso a risponderne di fronte al parlamento), sostanziali (solo nelle materie ritenute necessarie) e formali (giacche´ gli atti devono sempre essere rivestiti delle forme stabilite dalla Costituzione per i provvedimenti con forza di legge).
deliberazione dello stato di guerra: le Camere deliberano lo stato di guerra (art. 78 Cost.). Presupposto di tale deliberazione è il carattere difensivo della guerra guerra. Tale norma svolge un’essenziale funzione di garanzia democratica assicurando l’intervento del parlamento nell’adozione di una decisione di suprema importanza per la comunità statale, la cui gravità è suscettibile di portare agli sconvolgimenti più profondi (per tale ragione si è sostenuta l’inammissibilità di un qualsiasi trattato con cui l’Italia si impegni ad entrare in guerra al verificarsi di determinate circostanze, giacche´ verrebbe eluso il procedimento legale previsto dall’art.78 che riserva alle Camere ogni decisione in proposito). Si discute se la prescritta deliberazione debba essere adottata o meno con atto legislativo. La prima soluzione comporta il concorso sia del Governo che del Presidente della Repubblica (ed è sostenuta soprattutto da parte di chi ritiene che la necessità dell’atto legislativo per il conferimento dei pieni poteri implichi la necessità del medesimo atto anche per la guerra guerra); la seconda soluzione, invece, esclude ogni partecipazione all’atto deliberativo di qualsiasi altro organo costituzionale (avendo la Costituzione voluto attribuire in modo esclusivo alle Camere tale potere). Prevalente appare però la tesi intermedia che esclude la assoluta necessità della veste legislativa. Lo stato di guerra comporta: a) la (possibilità della) proroga della durata di ciascuna Camera (art. 60 Cost.); b) l’ammissibilità della pena di morte nei codici penali di guerra (art. 27 Cost.); c) la nonguerraricorribilità in Cassazione, per violazione di legge, avverso le sentenze dei tribunali militari (art. 111 Cost.). Vanno infine tenuti presenti gli artt. 52 (che proclama sacro dovere del cittadino la difesa della Patria), 103 (che riserva alla legge la determinazione della giurisdizione dei tribunali militari in tempo di guerra) e 126 Cost. (che consente lo scioglimento dei Consigli regionali per ragioni di sicurezza nazionale, che dovrebbe, o potrebbe, riferirsi all’ipotesi della guerra). Lo stato di guerra (che inizia con la relativa delibera) cessa a seguito di delibera delle Camere che ne pronunci formalmente la cessazione o che sia comunque incompatibile con la sussistenza dello stesso (ad es. autorizzazione al Capo dello Stato a ratificare un eventuale trattato di pace). Con la cessazione dello stato di guerra il regime ordinario riprende a funzionare secondo gli schemi usuali.
dichiarazione dello stato di guerra: il Presidente della Repubblica dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere (art. 87, comma 9o). Secondo un primo indirizzo la deliberazione delle Camere avrebbe solo il compito di formare la volontà statale, mentre sarebbe la dichiarazione del Capo dello Stato a produrre gli effetti sia nell’ordinamento interno, sia in quello internazionale. Un secondo indirizzo invece distribuisce equamente fra entrambi gli atti la produzione degli effetti, riportando alla deliberazione quelli che si verificano nell’ordinamento interno, ed alla dichiarazione quelli che si verificano in quello internazionale. La dichiarazione presidenziale dello stato di guerra (che può intervenire solo successivamente alla relativa delibera delle Camere) è (al pari della deliberazione) un atto squisitamente politico, assoggettato alla controfirma come tutti gli atti presidenziali. Secondo parte della dottrina tale dichiarazione sarebbe atto dovuto, giacche´ il Presidente della Repubblica non potrebbe entrare nel merito politico della decisione parlamentare, ne´ potrebbe evitare lo stato di guerra già deliberato dalle Camere. A tale tesi si è però ribattuto che il Presidente della Repubblica può rifiutarsi di dichiarare lo stato di guerra (richiamando quindi l’attenzione del parlamento e rassegnando eventualmente le dimissioni).
dichiarazione di guerra: v. dichiarazioni internazionali, guerra di guerra.
guerra di liberazione nazionale: è quella condotta da una popolazione soggetta a dominio straniero per ottenere l’indipendenza. Rispetto a tali fattispecie, il diritto internazionale generale, in conformità ad una prassi sviluppatasi nell’ambito delle N.U., riconosce lecito l’appoggio fornito ai movimenti di liberazione nazionale. La natura internazionale di siffatti conflitti è stata sancita di recente dal I Protocollo addizionale del 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 1949 e conserva tutt’ora carattere strettamente convenzionale. Pertanto, le norme consuetudinarie del diritto internazionale bellico relative alle guerre fra Stati non trovano automatica applicazione alle guerre di liberazione nazionale; ne´ trovano automatica applicazione le norme del diritto umanitario di guerra, il cui ambito di applicazione è ad esse esteso dal citato Protocollo, a condizione che il Governo contro cui si lotta sia parte contraente del Protocollo e che l’Autorità rappresentante il popolo in lotta dichiari a sua volta di rispettare le Convenzioni ed il Protocollo. V. anche autodeterminazione dei popoli; governo, guerra insurrezionale.
diritto di guerra: v. jus in bello.
effetti della guerra sui trattati internazionali: causa di sospensione o di estinzione dei trattati internazionali. Con riferimento all’Italia, l’art. 44 del Trattato di pace del 1947 stabilisce che le Potenze vincitrici avrebbero notificato, entro sei mesi dall’entrata in vigore del Trattato, quali accordi bilaterali intendessero mantenere in vigore o far rivivere. In ordine ai trattati multilaterali, la prassi sembra orientata nel senso della sospensione di essi e della loro automatica rimessa in vigore al termine delle ostilità ; e a considerare estinti soltanto quegli accordi che, per la loro natura, per l’oggetto e per gli interessi che tutelano siano incompatibili con lo stato di guerra. Più la guerra assume la forma di guerra totale coinvolgendo oltre allo Stato apparato anche lo Stato comunità , più numerosi sono i trattati bilaterali che, al termine delle ostilità , si ritengono estinti. Trattandosi di verificare se la guerra abbia o meno modificato le circostanze fondamenta li che avevano indotto alla stipulazione, la materia rientra più che altro nella sfera di operatività della clausola rebus sic stantibus.
ripudio della guerra: l’art.11 Cost. (l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali) pone il ripudio non di una definizione, ma di una realtà, di un fatto in ogni sua manifestazione (comprendendo quindi, oltre al concetto tecnico di guerra, anche gli interventi a favore o contro gruppi di ribelli di un qualsiasi Stato, le forniture di armi, l’assistenza tecnologica, la consulenza sulla condotta delle operazioni ecc.). Tale ripudio concerne però solo la guerra di aggressione, risultando del resto esplicitamente l’ammissibilità della guerra di difesa dagli articoli della Costituzione che la disciplinano e che fanno derivare precise conseguenze giuridiche dalla dichiarazione e deliberazione dello stato di guerra.
stato di guerra: assetto che l’ordinamento, sia interno che internazionale, assume in seguito alla manifestazione di una volontà di guerra e determinato dalla sospensione di determinate norme e dall’applicazione di altre. Dal punto di vista del diritto costituzionale non esiste tanto la guerra quanto lo guerra guerra. Ev proprio grazie a tale concetto che la guerra fatto si trasforma in guerra diritto. guerra guerra è dunque quel particolare modo di essere giuridico della realtà che legittima l’esercizio di potestà altrimenti non consentite dalla Costituzione (o consentite ad organi diversi, o in forme e misure diverse).
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