Si può avere compensazione quando due persone sono obbligate l’una nei confronti dell’altra in forza di distinti rapporti obbligatori per i quali la prima sia debitrice della seconda e la seconda debitrice della prima. Se Tizio deve un milione a Caio e Caio, a sua volta, deve la stessa somma a Tizio, oppure gli deve due milioni, sarebbe inutile, in una simile situazione, che ciascuno dei due conseguisse la prestazione dovuta dall’altro, oppure che Tizio pagasse due milioni a Caio e poi pretendesse da lui un milione; opera, perciò, la compensazione, totale o parziale; i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti (art. 1241 c.c.). La compensazione può essere: a) compensazione legale, che opera cioè in modo automatico, per il solo fatto che ricorrano i presupposti di legge: si attua fra debiti omogenei che abbiano per oggetti entrambi somme di danaro o quantità di cose fungibili dello stesso genere; liquidi, ossia determinati nel loro ammontare; ed esigibili, cioè non sottoposti a termine non ancora scaduto (art. 1243, comma 1o, c.c.). La giurisprudenza ha aggiunto un ulteriore requisito, che è quello della certezza dei due debiti; requisito che manca quando uno dei crediti sia stato accertato con sentenza non ancora passata in giudicato; b) compensazione giudiziale, attuata cioè dal giudice quando i due debiti sono omogenei ed esigibili, ma uno dei due non è liquido (è , ad esempio, un debito da risarcimento del danno per inadempimento o per fatto illecito, non ancora determinato nel suo esatto ammontare). Il giudice, se lo considera di facile e pronta liquidazione, può dichiarare la compensazione per quella parte del debito che gli appare sicuramente esistente o, previa liquidazione, per la sua totalità (art. 1243, comma 2o, c.c.); c) compensazione volontaria, stabilita cioè per accordo delle parti: può operare determinando l’estinzione dei debiti reciproci, quando mancano i presupposti per una compensazione legale o giudiziale (art. 1252 c.c.). La compensazione legale deve essere eccepita dal debitore: il giudice non può rilevarla d’ufficio; ma opera dal giorno in cui si è verificata la coesistenza dei due debiti e, perciò , opera retroattivamente quando venga eccepita in giudizio da un debitore all’altro e dichiarata dal giudice (art. 1242, comma 1o, c.c.). Coerente con l’automaticità della compensazione legale è il principio secondo il quale può essere eccepito in compensazione anche un credito prescritto, se la prescrizione non si era ancora compiuta quando si è verificata la coesistenza dei due debiti (art. 1242, comma 2o, c.c.). La compensazione giudiziale è pronunciata anch’essa su eccezione della parte interessata, ma opera solo dal momento della sentenza che l’ha pronunciata: se il credito opposto in compensazione giudiziale è prescritto, la compensazione non può essere pronunciata, quantunque la prescrizione non fosse ancora compiuta quando si è verificata la coesistenza dei due debiti. Si suole ripetere che la pronuncia del giudice ha, nel caso della compensazione legale, natura solo dichiarativa, mentre ha natura costitutiva nel caso della compensazione giudiziale. La compensazione non si verifica se il debitore vi abbia previamente rinunciato o se si tratta di credito impignorabile o di altro credito per il quale la legge esclude la compensazione (art. 1246 c.c.). La compensazione presuppone, secondo il costante orientamento della Cassazione, che i debiti e i crediti reciproci ineriscano a rapporti giuridici diversi, intercorrenti fra le medesime parti in forza di autonome fonti di obbligazione. Così il debito per il pagamento del prezzo di una vendita si compensa con il credito di restituzione di una somma che il venditore abbia dato in mutuo al compratore. Così, se fra una banca e un medesimo cliente esistano separati contratti, i saldi attivi e passivi si compensano (art. 1853 c.c.). Diverso è il caso in cui pretese attive e passive reciproche si fronteggiano fra le parti di un medesimo contratto, come nel caso in cui al venditore che pretenda il prezzo della cosa venduta il compratore opponga una pretesa di danni basata sui vizi della cosa stessa; o come fra banca e cliente nell’ambito di un medesimo contratto di apertura di credito in conto corrente: qui non c’è compensazione in senso tecnico, ma solo una variazione quantitativa del credito di una parte nei confronti dell’altra. La conseguenza rilevante che ne deriva, in materia di contratti bancari, è che la rimessa di somme da parte del cliente o di terzi, effettuata su un conto con saldo passivo, estingue in tutto o in parte il debito del cliente: ma lo estingue per adempimento, non per compensazione. Altra applicazione giurisprudenziale di questi principi è in materia di contratto di lavoro: non c’è compensazione fra il debito del datore di lavoro per la retribuzione o le indennità dovute al lavoratore e il credito del primo per ripetizione di somme indebitamente erogate. Anche qui la valutazione delle reciproche pretese si risolve in un semplice accertamento contabile del dare e dell’avere, che il giudice può compiere anche d’ufficio; e i rispettivi crediti restano separatamente esposti ai relativi eventi estintivi, quale la prescrizione, fino a quando il giudice non abbia eseguito il calcolo del dare e dell’avere delle parti. Anche in materia di compensazione vale il principio secondo il quale questo modo di estinzione dell’obbligazione non si verifica in pregiudizio dei terzi che abbiano acquistato diritto di usufrutto o di pegno su uno dei crediti (art. 1251 c.c.).
eccezione di compensazione: è un’eccezione in senso stretto, pertanto non rilevabile d’ufficio, con cui il convenuto oppone alla pretesa di pagamento avanzata dall’attore l’esistenza di un credito a suo favore, talche´ per i crediti reciprocamente vantati dovrebbe operare la compensazione giudiziale o legale. La contestazione del credito eccepito può essere causa di modificazione delle regole di competenza per ragione di connessione; infatti se il credito eccede la competenza per valore del giudice davanti al quale pende la causa, tanto la cognizione della domanda, quanto quella della eccezione passano al giudice superiore, ma se la domanda è fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile il giudice può decidere sulla domanda e rimettere al giudice superiore per la cognizione della sola eccezione. In questa ultima ipotesi il giudice può subordinare l’esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione.
compensazione nel fallimento: è il diritto dei creditori del fallito di compensare con i loro debiti verso di lui i crediti che vantano nei suoi confronti, purche´ sorti prima del fallimento ed anche se non scaduti anteriormente ad esso (art. 56 l. fall.). Tale diritto è assai vantaggioso per il creditore: egli non è costretto a pagare per intero il proprio debito nelle mani del curatore per poi ricevere il pagamento del proprio credito in moneta fallimentare. La compensazione compensazione, tuttavia, non opera a vantaggio di chi si sia reso cessionario del credito dopo il fallimento o nell’anno anteriore, quando, cioè , si era presumibilmente già manifestata l’insolvenza dell’imprenditore e pertanto l’acquisto del credito era, verosimilmente, preordinato allo scopo di
Compensatio lucri cum damno | | | Compenso |