Locuzione usata dal c.c. (ad esempio, agli artt. 129 bis, 1381, 2041, 2045, 2047) o dalla Costituzione (artt. 42, 43) o da leggi speciali (ad esempio, artt. 34, 69 l. n. 392 del 1978), come anche la locuzione indennizzo, a volte semplice variante terminologica di risarcimento del danno, altre volte (come nella Cost. o, nel c.c., quando si parla di equa indennità) per indicare una riparazione pecuniaria del danno non rigidamente vincolata dai criteri del danno emergente e del lucro cessante, ma liberamente apprezzata dal giudice
indennità a causa di morte: si tratta delle indennità di anzianità (v.), ora trattamento di fine rapporto, e di preavviso (v.), di cui rispettivamente agli artt. 2118 e 2120 c.c., le quali in caso di morte del lavoratore titolare del rispettivo diritto vanno corrisposte al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado (art. 2122, comma 1o, c.c.). La Corte Costituzionale ha dichiarato invece illegittima la norma (comma 3o) che attribuiva, in mancanza dei soggetti sopra individuati, le indennità secondo le norme della successione legittima. La ripartizione di tali indennità, in mancanza di accordo tra gli aventi diritto, va fatta secondo il bisogno di ciascuno di essi. Ev poi considerato nullo ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro riguardo alla attribuzione e la ripartizione delle indennità. Si può infine condividere l’opinione maggioritaria per cui l’attribuzione delle indennità ai diversi soggetti sopra indicati in luogo del lavoratore deceduto riveste i caratteri di un’attribuzione iure proprio, nel senso cioè che si tratta di un diritto entrato a far parte del loro patrimonio giuridico, con natura autonoma rispetto ai diritti trasmessi iure successionis.
indennità di anzianità: è una indennità corrisposta dal datore di lavoro al dipendente in relazione alla durata e in occasione della cessazione del rapporto di lavoro. Il nuovo sistema di calcolo dell’indennità indennità (l. 29 maggio 1982, n. 297), non più impostato sulla moltiplicazione dell’ultima retribuzione per gli anni di servizio, bensì fondato su una sommatoria di quote della retribuzione percepita anno per anno e su una successiva rivalutazione delle quote stesse, ha sicuramente reso impossibile il verificarsi degli effetti distorsivi indotti dal meccanismo precedente, consistenti in liquidazioni irrazionalmente differenti per lavoratori con la medesima storia professionale solo in conseguenza di miglioramenti retributivi intervenuti nell’imminenza della cessazione del rapporto di lavoro. Il trattamento di fine rapporto (non più , quindi, indennità indennità) va infatti calcolato sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione annuale divisa per 13,5. Quest’ultimo divisore non può essere ridotto dalla contrattazione collettiva, la quale può al contrario intervenire, in pejus nei confronti del lavoratore, espungendo talune voci retributive dall’importo annuale preso a base di calcolo. L’importo così ottenuto, perfettamente corrispondente alla effettiva carriera professionale del lavoratore, viene quindi rivalutato al 31 dicembre di ogni anno del 1,5% in misura fissa, nonche´ del 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo accertato dall’Istat rispetto al dicembre precedente. Il meccanismo di indicizzazione appena descritto, dotato di un’efficacia inversamente proporzionale al tasso di inflazione, permette una copertura piena a fronte di un tasso inflativo del 6%. Sia per il calcolo delle quote di retribuzione annuale per frazioni di anno, sia per l’applicazione del tasso di rivalutazione sempre per frazioni di anno, la legge prevede che le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computino come mese intero. Va infine ricordato che il nuovo sistema di calcolo trova applicazione solo con riguardo ai periodi di anzianità maturati dopo il 31 maggio 1982. I rapporti in corso in tale data, invece, risultano assoggettati ad un meccanismo composto e differenziato: per i periodi successivi alla suddetta data, si applica il nuovo meccanismo per sommatoria; per i periodi di anzianità maturati precedentemente si avrà viceversa applicazione del vecchio sistema di computo, con i limiti introdotti dalla citata l. n. 91 del 1977 ma anche con rivalutazione delle somme così individuate secondo il medesimo metodo previsto nella l. di riforma del 1982. Le somme dovute come trattamento di fine rapporto sono parzialmente anticipabili (v. anticipazioni, indennità sul trattamento di fine rapporto) e godono di una tutela particolare nel caso di insolvenza del datore di lavoro (v. fondo di garanzia).
indennità di buonuscita: si tratta di un istituto del pubblico impiego equivalente all’indennità di anzianità (v.) del settore privato. L’indennità indennità è corrisposta ai soli dipendenti statali, giacche´ altri istituti analoghi sono previsti per i dipendenti degli enti locali (v.) e per quelli degli enti parastatali. In generale la giurisprudenza, giustificando la diversa regolamentazione tra pubblico e privato sul rilievo delle persistenti differenze tra i due tipi di rapporto, ha ravvisato nella indennità indennità e nell’istituto avente la medesima funzione per il personale degli enti locali (indennità di premio servizio) natura previdenziale e non retributiva, a causa della loro erogazione da parte di appositi enti previdenziali (Enpas, Inadel), della contribuzione a tali enti da parte del datore ma anche del lavoratore, e della necessità di una anzianità minima per la maturazione del diritto; la Corte Costituzionale ha dichiarato invece illegittima la prevista impossibilità di devolvere tali indennità per successione legittima o testamentaria in caso di morte del dipendente e in assenza dei beneficiari indicati dalla legge. Data la natura previdenziale, la giurisdizione sulle due indennità esaminate non competerebbe al giudice amministrativo (c.d. giurisdizione esclusiva in materia di pubblico impiego). Il pretore del lavoro, tuttavia, risulta competente in veste di giudice delle controversie previdenziali solo per l’indennità di premio servizio prevista per i dipendenti degli enti locali, poiche´ una norma speciale ha stabilito la competenza del giudice amministrativo per le controversie riguardanti l’indennità indennità, relativa ai soli dipendenti statali. Quanto alla rivalutazione monetaria automatica, sinora riservata ai soli crediti retributivi, la giurisprudenza amministrativa ha cominciato a riconoscerne l’estensione ex art. 429 c.p.c. anche ai crediti previdenziali, e proprio i casi relativi all’indennità. Nella base di calcolo dell’indennità indennità risulta ora includibile anche la tredicesima mensilità , giusta l’espressa previsione legislativa in tal senso. Infine, le indennità di fine lavoro del settore pubblico in genere, sono considerate reddito imponibile e soggetto alla medesima disciplina tributaria del trattamento di fine rapporto del settore privato, fatta salva la parte di indennità imputabile alla contribuzione del contribuente, per la quale è prevista l’esenzione tributaria. Con decisione n. 243 del 19 maggio 1993, la Corte Costituzionale ha peraltro ritenuto illegittima l’esclusione, nel settore pubblico, dell’indennità integrativa speciale (v.) dal calcolo dell’indennità indennità, sulla base della medesima natura e funzione di tale istituto rispetto al trattamento di fine rapporto (v. indennità di anzianità ). Il legislatore, a sua volta, con l. n. 537 del 1993, art. 6, comma 36o, ha infine previsto l’incremento delle indennità di fine rapporto con l’indennità integrativa speciale, seppure in percentuale diversa a seconda dei vari settori della P.A.. .
indennità di contingenza e scala mobile: si tratta di un elemento della retribuzione (v.) avente lo scopo di adeguare il livello di quest’ultima alla crescita del costo della vita. Il suo importo varia in rapporto alle variazioni di un indice riferito al prezzo di alcuni beni rappresentativi (c.d. paniere), secondo un meccanismo per questo detto di scala mobile. Fonti principali di disciplina di tale istituto sono stati da un lato gli accordi interconfederali del 1957 e del 1975 (quest’ultimo ha introdotto il sistema del punto unico di contingenza), dall’altro, più di recente, la legge. Con la l. n. 797 del 1976 si è bloccata parzialmente e transitoriamente (fino all’aprile del 1978) l’indennità di contingenza, prevedendo che la stessa fosse pagata mediante buoni del tesoro a scadenza quinquennale. La l. n. 91 del 1977, a sua volta, ha escluso dal computo dell’indennità di anzianità (v.) la quota di indennità di contingenza maturata dopo il 31 gennaio 1977 (c.d. deindicizzazione); ha proibito che l’indennità di contingenza venisse calcolata in modi e tempi diversi da quanto previsto per i lavoratori dell’industria, colpendo così le c.d. scale mobili anomale; infine, ha stabilito che, sempre dal 31 gennaio 1977, gli aumenti dell’indennità di contingenza non potessero essere conglobati nella retribuzione e quindi essere oggetto di ricalcoli in tempi differiti. Nel 1983, con l’accordo interconfederale del 22 gennaio, la dinamica dell’indennità di contingenza veniva ridotta del 18%. Con il protocollo del 14 febbraio 1984, stipulato nonostante l’opposizione di parte della Cgil e successivamente riprodotto nella l. 12 giugno 1984, n. 219, veniva invece stabilito un numero massimo di punti di contingenza per il 1984, due nel primo trimestre e due nel secondo, con una perdita effettiva di quattro punti scattati ma non computabili. La l. 26 febbraio 1986, n. 38, recependo in sostanza la disciplina introdotta nel pubblico impiego da un accordo intercompartimentale dell’anno precedente (nel pubblico impiego si parla di indennità integrativa speciale), ha previsto un sistema misto di contingenza: infatti una prima fascia di retribuzione mensile risulta totalmente indicizzata (L. 580.000 nel 1986 e successivamente la somma risultante dalla rivalutazione di tale minimo), la retribuzione eccedente la fascia di cui si è detto è soggetta ad una indicizzazione del solo 25%. La normativa dettata dalla l. dell’86 doveva avere una durata temporanea, sino al 31 dicembre 1989. Essa è stata invece prorogata fino al 31 dicembre 1991 dalla l. 13 luglio 1990, n. 191, rimanendo peraltro salva la possibilità per successivi accordi interconfederali di modificare tale sistema. Da ultimo, governo e parti sociali con un protocollo d’intesa (v.) del 31 luglio 1992 hanno preso atto della cessazione del sistema di indicizzazione sopra descritto, prevedendo altresì un regime transitorio comportante l’erogazione di una somma forfetaria a partire dal gennaio 1993. L’accordo interconfederale del 23 luglio 1993 ha peraltro tracciato le linee di un nuovo istituto, sostitutivo dell’indennità indennità. Si è infatti prevista la c.d. indennità di vacanza contrattuale, istituto per il quale, in caso di ritardata stipulazione del contratto collettivo di categoria, competente ora a tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni con riferimento all’inflazione programmata, ai lavoratori compete in ogni caso un importo pari la 30% o al 50% del tasso di inflazione programmato con riguardo ai minimi retributivi contrattuali vigenti, a seconda che siano decorsi 3 o 5 mesi dalla scadenza del contratto collettivo.
fideiussione di indennità: v. fideiussione, indennità di indennità .
Indemnity | | | Indennità di espropriazione |