carriera nell’impiego privato: la seconda parte del comma 1o dell’art. 2103 c.c. (nella riformulazione operata dall’art. 13 statuto dei lavoratori) disciplina la c.d. mobilità verso l’alto, ossia la possibilità per il lavoratore di essere assegnato a mansioni (v. mansioni e qualifica) superiori o per iniziativa unilaterale dell’imprenditore o per accordo. La norma stabilisce che lo svolgimento di mansioni superiori protratto per più di tre mesi o per il minor periodo previsto dal contratto di lavoro (v. contratto di formazione e lavoro) rende irreversibile lo spostamento (l’assegnazione stessa diviene definitiva): con ciò il legislatore ha inteso pratiche fraudolente di promozioni frequenti ma di breve durata senza riconoscimento della professionalità acquistata. La promozione si realizza automaticamente al decorrere di tre mesi. Tuttavia, si ritiene venga comunque fatta salva la possibilità per il lavoratore (che non ne è interessato) di escludere l’effetto praticando un comportamento concludente (cioè : il ritorno alle precedenti mansioni). Alla c.d. promozione automatica è prevista, però , una eccezione: lo spostamento non diviene definitivo quando la adibizione alle superiori mansioni sia disposta per sostituire un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto. Si tratta dell’ipotesi disciplinata dagli artt. 2110, 2111 c.c., di malattia (v. malattia del lavoratore), di infortunio (v. infortuni sul lavoro e malattie professionali), di maternità , del servizio militare (v.), ma anche di permessi ed aspettativa pubblica e sindacale (v.). L’eccezione non vale peraltro nel caso di sostituzione di lavoratore assente per ferie (v.). Il lavoratore spostato a mansioni superiori ha diritto al trattamento superiore corrispondente all’attività svolta. Da ciò deriva la nullità dei patti contrari (comma 2o), ossia di quei contratti collettivi che, ad es., subordinano tale diritto al decorso di un periodo iniziale.
carriera nel pubblico impiego: era il metodo di distinzione dei pubblici impiegati suddivisi in quattro carriere: direttiva, di concetto, esecutiva e ausiliaria a cui si aggiungeva quella dirigenziale. Il personale così ripartito apparteneva ai ruoli delle singole carriere. La carriera direttiva, cui si accedeva se in possesso di diploma di laurea, era ripartita in tre qualifiche corrispondenti a consigliere, direttore di sezione e direttore aggiunto di divisione. Alla carriera di concetto apparteneva il personale amministrativo, contabile e tecnico, ausiliario del personale direttivo, a quella esecutiva (amministrativa e tecnica) il personale con mansioni di archivio, dattilografia, registrazione, protocollo e con mansioni di collaborazione di livello inferiore, alla carriera ausiliaria il personale addetto agli uffici, il personale ausiliario tecnico e il personale addetto agli automezzi. Infine gli operai dello Stato erano suddivisi in cinque categorie: capi operai, specializzati, qualificati, commessi e apprendisti. Carriere atipiche per le quali si accedeva con un titolo di studio pari a quello del personale direttivo erano quelle dei magistrati ordinari e del personale docente delle scuole elementari, secondarie e artistiche e delle università . Nettamente differenziate le carriere dei militari, rispetto a quelle degli impiegati civili dello Stato e degli operai. Il sistema organizzativo del pubblico impiego impostato sulle carriere è stato superato dalla l. 11 luglio 1980, n. 312, che ha creato la figura della qualifica funzionale (v.). L’organizzazione per carriera è oggi presente per alcuni rapporti di lavoro come i militari ed i magistrati.
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