immunità penale derivante dal diritto internazionale: alcune immunità del diritto penale derivano da consuetudine internazionale e sono riconosciute dal diritto interno. A torto si parla in proposito di extraimmunità penaleterritorialità e di persone extraterritoriali. Trattasi invece di prerogative di carattere personale, che sono dettate, come quelle di cui in precedenza abbiamo parlato, da ragioni di necessità od opportunità di carattere politico. Esse concernono principalmente: a) i Capi di Stato esteri e i Reggenti che si trovano in tempo di pace nel territorio della Repubblica. L’immunità si estenda al seguito del Capo dello Stato straniero e ai membri della sua famiglia, ma limitatamente al caso in cui lo accompagnino; b) i Ministri degli affari esteri e i Membri stranieri di Tribunali arbitrali (l. 29 dicembre 1902 n. 575); c) gli agenti diplomatici presso il Capo dello Stato. L’immunità è riconosciuta anche ai membri della famiglia dell’agente con lui convenuti; ai membri delle missioni militari (addetti militari) e tecniche e loro famiglie; al personale amministrativo (segretari, cancellieri ecc.), nonche´ alle loro famiglie, purche´ conviventi a carico, e, infine, agli appartenenti al personale di servizio per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni e sempre che non si tratti di cittadini dello Stato ospitante o di persone che abbiano la loro residenza permanente nel territorio di quest’ultimo; d) i membri del Parlamento europeo (art. 10 del Protocollo di Bruxelles, allegato al Trattato di Bruxelles 8 aprile 1965, reso esecutivo in Italia con la l. 3 maggio 1966, n. 437); e) i consoli, i vice consoli e gli agenti consolari, solo se i trattati internazionali stabiliscano l’immunità e nei limiti in essi fissati (in generale per i reati meno gravi); f) i giudici della Corte dell’Aia (art. 19 dello Statuto della Corte) e, in misura più limitata, i giudici della Cote europea dei diritti dell’uomo (artt. 2 ss. del protocollo addizionale all’accordo sui privilegi e immunità del Consiglio d’Europa, ratificato dall’art. 2 l. 29 marzo 1966, n. 350); g) i corpi o reparti di truppe straniere che si trovano nel territorio dello Stato con autorizzazione di questo (con particolare riguardo ai membri e alle persone al seguito delle forze armate degli Stati della Nato: l. 30 novembre 1955, n. 1335); h) i membri delle istituzioni specializzate e i rappresentanti dell’Onu (l. 24 luglio 1951, n. 1740, e l. 20 dicembre 1957, n. 1318). Ev appena necessario rilevare che le prerogative spettanti alle persone ora indicate nello Stato in cui si trovano non significano appunto che esse non debbano rispondere dei loro atti di fronte al proprio Stato, alle cui leggi restano pienamente soggette. Un ulteriore gruppo di immunità deriva dal Trattato stipulato fra lo Stato italiano e la Santa Sede l’11 febbraio 1929 e reso esecutivo con la l. 27 maggio 1929, n. 810. La principale riguarda la persona del Sommo Pontefice. Prima di tale concordato la legge delle guarentigie dichiarava sacra ed inviolabile la persona del Papa, il quale, per la sua qualità di Capo della cristianità, veniva in tal modo equiparato al Re d’Italia. Ora il Sommo Pontefice è Capo di uno Stato estero (la Città del Vaticano), ma, avendo l’art. 8 del Trattato lateranense ripetuto la formula della legge delle guarentigie, si può ritenere che l’immunità di cui egli gode dipenda anche dalla sua altissima posizione spirituale. Altre prerogative consistenti nel divieto di impedimento e di limitazioni della libertà personale sono riconosciute dal Trattato anzidetto ai Cardinali durante il Conclave (art. 21) e in via permanente agli ecclesiastici che per ragioni di ufficio partecipano all’emanazione degli atti della Santa Sede fuori della Città del Vaticano (art. 10). Infine, il Trattato lateranense stabilisce (art. 19) che i diplomatici e gli inviati dei governi presso la Santa Sede fruiscono delle stesse immunità riconosciute agli agenti diplomatici presso lo Stato italiano. (Magagnoli).
immunità penale derivante dal diritto interno: il principio della sottomissione alla legge penale di tutti coloro che risiedono nel territorio dello Stato non esclude l’esistenza di condizioni speciali a favore di determinate persone o classi di persone che adempiono funzioni o ricoprono uffici di particolare importanza. Son queste le così dette immunità o prerogative, le quali implicano un particolare trattamento di fronte alla legge penale, che è imposto da esigenze di carattere generale. Alcune di queste immunità derivano dal diritto pubblico interno. Esse riguardano: a) il Capo dello Stato. Per effetto dell’art. 4 dello Statuto Albertino (la persona del Re è sacra e inviolabile) il Sovrano era esente da ogni responsabilità penale. Tale esenzione non si limitava agli atti che egli compiva come organo supremo dello Stato, ma si estendeva anche a quelli che compiva come privato. La stessa immunità era concessa al Reggente. La Costituzione della Repubblica Italiana ha limitato notevolmente l’immunità del Capo dello Stato. L’art. 90, infatti, stabilisce quanto segue: Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. Competente a giudicare è la Corte Costituzionale (art. 134 Cost.). Gli stessi principi valgono per il Presidente del Senato nel periodo di eventuale supplenza del Presidente della Repubblica. Come appare evidente, l’immunità è circoscritta agli atti che il Capo dello Stato compie nell’esercizio delle sue funzioni (non vi rientrerebbe, ad es., un’imputazione di bigamia) ed anche per tali atti cessa se nei medesimi può ravvisarsi un alto tradimento o un attentato alla Costituzione. Il limite non è ben definito, perche´ il c.p., che prevede il delitto di attentato alla Costituzione (art. 283), non contempla la figura criminosa dell’alto tradimento. Comunque, riteniamo che debba sempre trattarsi di una specifica violazione della legge penale, non essendo concepibile che per il Capo dello Stato non valga il principio basilare del nostro ordinamento giuridico sancito dall’art. 1 del codice; b) i membri del Parlamento (senatori e deputati), i consiglieri regionali, i giudici della Corte Costituzionale, i membri del Consiglio superiore della magistratura, i quali non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e per i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni (artt. 68, 96 e 122 della Costituzione, 3 l. 9 febbraio 1948, n. 1; 5 l. 3 gennaio 1981, n. 1). Essendo così circoscritta, l’immunità , che non è soltanto penale, ma anche civile e disciplinare, non si estende agli altri fatti di qualsiasi genere (per es., violenza, minaccia, lesioni ecc.) commessi dalle persone indicate nelle Camere e in genere nell’esercizio delle loro funzioni. Quanto ai Ministri, l’art. 96 della Costituzione reca: il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri sono posti in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni. Per il relativo giudizio, come per il Capo dello Stato, è competente la Corte Costituzionale. (Magagnoli).
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