Fonte primaria del diritto internazionale, che si indirizza e vincola tutti i soggetti della Comunità internazionale, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno partecipato con il loro comportamento alla posizione della norma. Ev generalmente considerata il prodotto congiunto di due elementi: la diuturnitas, comportamento uniforme dei soggetti reiterato nel tempo (elemento oggettivo), e la opinio iuris ac necessitatis (elemento soggettivo). Vi sono teorie che identificano la consuetudine ora con la sola opinio iuris ora con la sola diuturnitas. La concezione più antica, risalente a Giustiniano e divulgata da Grozio, è quella contrattualistica. La concezione dualistica (diuturnitas più opinio iuris), secondo il Kelsen, si baserebbe in realtà su un paradosso: le consuetudini si sarebbero formate per errore, nella convinzione errata cioè che alcuni comportamenti fossero giuridicamente dovuti, allorquando la norma giuridica non era ancora venuta ad esistenza. Ecco, perche´ , si sostiene che in realtà l’unico elemento costitutivo della consuetudine sarebbe la sola prassi, intesa come ripetizione di un comportamento uniforme: l’opinio iuris sarebbe quindi solo l’effetto psicologico dell’esistenza della norma. Tuttavia, tanto la giurisprudenza internazionale (cfr. sent. della Corte internazionale di giustizia sulla piattaforma continentale nel Mare del Nord del 20 febbraio 1969), quanto la giurisprudenza interna, nonche´ gli stessi Stati si sono sempre pronunciati a favore della concezione dualistica, nel senso che l’opinio iuris è indispensabile per l’esistenza della consuetudine. Del resto se non si facesse leva sulla opinio iuris ac necessitatis, mancherebbe la possibilità di distinguere il mero uso da una consuetudine produttiva di norme giuridiche. D’altronde, l’elemento dell’opinio iuris serve a distinguere il comportamento dello Stato diretto a modificare o abrogare le norme consuetudinarie preesistenti dal comportamento che costituisce un illecito internazionale. In relazione all’elemento della diuturnitas, non è pacifico quanto sia il tempo necessario perche´ una consuetudine possa dirsi formata. Vi sono infatti norme consuetudinarie di origine plurisecolare, ed altre consolidate in pochi anni. Il tempo di formazione è , in realtà, proporzionalmente inverso al grado di diffusione di un certo comportamento dei membri della Comunità internazionale. La diuturnitas resta un fattore ineliminabile in quanto le consuetudini c.d. istantanee sono una contraddizione in termini, mancando del carattere di stabilità che è insito del diritto internazionale non scritto.
accertamento della consuetudine internazionale: rilevazione delle manifestazioni della prassi degli Stati, basata su dati empirici, al fine della ricostruzione del contenuto delle regole di diritto internazionale non scritto. Le manifestazioni della prassi internazionale rilevanti a tali fini sono: trattati internazionali, corrispondenza diplomatica, istruzioni dei Governi ai loro agenti, dichiarazioni e prese di posizioni di autorità statali, decisioni di autorità giudiziarie nazionali e di corti e tribunali arbitrali internazionali, atti e risoluzioni di conferenze e di organizzazioni internazionali, comportamenti di Governi in occasione di incidenti, proteste ecc.. L’uniformità di comportamenti non è sufficiente da sola a dar prova dell’esistenza di una consuetudine, in quanto le manifestazioni della prassi presentano il carattere dell’ambivalenza, cioè a dire possono deporre talvolta a favore dell’esistenza di una regola internazionale; talaltra supplire all’assenza di essa, come accade per gli accordi internazionali.
consuetudine internazionale particolare: fenomeno di gruppo che si caratterizza per la capacità di vincolare una cerchia ristretta di Stati, legati fra di loro da vincoli geografici, politici o giuridici. Nel primo caso si parla di consuetudini regionali o locali come, ad esempio, quelle formatesi tra gli Stati dell’America latina, in materia di asilo politico o con riferimento al principio dell’uti possidetis. Nel secondo caso, si pensi alle consuetudini che hanno a lungo legato gli Stati dell’ex blocco socialista. Infine, nel terzo caso, si tratta delle norme di diritto non scritto che si formano a modifica o abrogazione delle regole poste da un determinato trattato, in particolare nell’ambito di una organizzazione internazionale: si pensi alla norma che attribuisce all’Assemblea generale delle N.U. il potere vincolante di determinare i modi ed i tempi della decolonizzazione.
riconoscimento della consuetudine internazionale: dalla dottrina non è inteso come un atto volontario e formale degli Stati. Il riconoscimento riguarda in realtà uno stato di fatto esistente; si presenta come l’opinione o il giudizio che si forma nelle coscienze degli Stati di fronte alla constatazione di condizioni di fatto esistenti nella comunità . Deve considerarsi irrilevante la contestazione, anche ripetuta del singolo Stato, detto persistent objector, al fine dell’applicazione di una consuetudine. Nel caso invece in cui una consuetudine sia contestata da un numero consistente di Stati, si ritiene, secondo una parte della dottrina, sia impossibile farla valere nei confronti di questi Stati. Del resto non è necessaria la prova dell’accettazione della norma consuetudinaria da parte dello Stato nei cui confronti è invocata, in caso contrario la consuetudine dovrebbe configurarsi come accordo tacito.
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