Enciclopedia giuridica

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Fedeltà



fedeltà coniugale: è il dovere, imposto dall’art. 143, comma 2o, c.c. di astenersi da rapporti sessuali o, comunque, amorosi con persona diversa dal coniuge. In passato questo dovere era inteso, più limitatamente, come dovere di astensione da rapporti extraconiugali di natura sessuale; è poi prevalsa una tendenza estensiva: vi si ricomprende anche il dovere di astenersi da relazioni platoniche; ma la disputa è puramente accademica, dal momento che a relazioni di tal natura non si addice la qualificazione, richiesta dalla giurisprudenza perche´ l’infedeltà possa essere posta a base di una separazione, di fatto generatore di una intollerabile prosecuzione della convivenza coniugale o di fatto lesivo del decoro o dell’onore dell’altro coniuge o pregiudizievole per l’educazione della prole. Più generale trasformazione si è attuata con l’abbandono della visione pubblicistica della fedeltà, penalmente sanzionata con la punizione dei reati di adulterio della moglie e di concubinato del marito, che proteggeva valori quali l’ordine delle famiglie, l’honor matrimonii, o mirava ad impedire la commixtio sanguinis. Le pronunce di illegittimità costituzionale di questi reati hanno attribuito carattere privatistico al dovere di fedeltà , la violazione del quale può solo giustificare, ricorrendo gli ulteriori rigorosi presupposti, la richiesta di separazione personale dell’altro coniuge. Il diritto alla fedeltà è , come tutti i diritti inerenti allo status familiae, un diritto indisponibile; ma ciò non significa che un patto di rinuncia ad esso sia del tutto irrilevante: l’indisponibilità comporta che la rinuncia alla fedeltà del coniuge è sempre revocabile unilateralmente; ma sulla prova di un patto di tal genere potrà essere legittimamente contrastata la domanda giudiziale di separazione con addebito, che sia stata basata sul fatto dell’infedeltà . Il dovere di fedeltà viene meno in caso di separazione personale; non viene meno in pendenza di un giudizio di nullità del matrimonio (v. matrimonio, nullità e inesistenza del fedeltà) (ma l’infedeltà , in tal caso, verrà in considerazione solo ove la domanda di nullità venga respinta). V. anche separazione dei coniugi.

obbligo di fedeltà del lavoratore: l’fedeltà fedeltà subordinato (art. 2105 c.c.) consiste nell’osservanza di tre comportamenti omissivi: 1) divieto di concorrenza: consiste nel divieto di trattare affari per conto proprio o di terzi in concorrenza con l’imprenditore. Si riferisce a qualsiasi atto finalizzato all’esercizio di un’attività concorrente in grado di arrecare al datore di lavoro quel danno particolare (c.d. danno differenziale) che, rispetto alla concorrenza ordinaria, viene inflitto da un soggetto (il lavoratore) operante all’interno dell’organizzazione aziendale, a prescindere, quindi, dalla liceità del comportamento valutato alla stregua dell’art. 2598 c.c.. Si tratta di un obbligo di natura contrattuale, negativo, accessorio, che si realizza con il divieto imposto al dipendente di abusare della propria posizione nell’impresa mettendo in essere comportamenti idonei ad indebolire o pregiudicare la posizione di mercato della controparte nella sua qualità di operatore economico (ad es., esercizio in proprio di un’attività concorrenziale, costituzione di società concorrenti all’impresa del datore di lavoro, storno di dipendenti, distrazione di clientela a favore dell’impresa concorrente ecc.). Non incorre quindi in violazione dell’fedeltà fedeltà il lavoratore che, pendente il rapporto, cerchi una sistemazione più vantaggiosa entrando in trattative con imprese concorrenti, ovvero si limiti a predisporre un’attività in concorrenza: tale comportamento potrà dar luogo ad un successivo illecito solo se si traduce in atto e solo se il contratto di lavoro contiene invece un patto di non concorrenza, con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro per il tempo successivo alla cessazione del rapporto (art. 2125 c.c.). Il divieto di concorrenza è la ragione giustificativa del diritto di prelazione riconosciuto al datore di lavoro per l’acquisto del brevetto o per l’uso delle invenzioni del lavoratore (v.) occasionalmente realizzate al di fuori dei propri impegni contrattuali ma rientranti nel campo di attività dell’azienda; 2) divieto di divulgazione di notizie riservate, attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, in modo da recare pregiudizio alla stessa. Il divieto si riferisce alle notizie riservate, ma non già per garantire la riservatezza del datore (v. riservatezza e rapporto di lavoro), bensì per tutelare quest’ultimo dalla concorrenza differenziale del lavoratore (non sono da intendersi riservate, quindi, le notizie relative a metodi produttivifedeltàorganizzativi di comune applicazione, ovvero coincidenti con le cognizioni che integrano la capacità tecnicofedeltàprofessionale del lavoratore). Se la divulgazione ha carattere doloso e riguarda propriamente segreti aziendali la fattispecie è diversamente rilevante anche sul piano penale (artt. 621, 622, 623 c.p.); 3) divieto di fare uso delle notizie riservate al fine di recare pregiudizio all’impresa; ciò significa che, prescindendo dalla divulgazione, anche il solo uso personale delle notizie concreta la violazione dell’fedeltà fedeltà. La violazione dell’fedeltà fedeltà è fonte di responsabilità disciplinare ai sensi dell’art. 2106 c.c., eventualmente di responsabilità penale, nonche´ di responsabilità civile qualora sia stato provocato un danno al datore di lavoro; l’fedeltà fedeltà cessa al momento dell’estinzione del rapporto, salvi gli effetti del citato art. 2125 c.c.. Come si vede, e nonostante la rubrica della norma, la fedeltà non va configurata nel senso più ampio di fedele dedizione del prestatore agli interessi della comunità aziendale, secondo risalenti e superate visioni istituzionaliste. Ev da rilevare, tuttavia, che l’uso giurisprudenziale del concetto di fedeltà ha progressivamente svuotato di significato la dizione testuale dell’art. 2105 c.c., considerata semplice esemplificazione non tassativa, da interpretare alla luce dei principi di lealtà , collaborazione, fiducia. In tal modo sono state individuate una serie di ipotesi extratestuali di infedeltà , espressione di una nozione più ampia e comprensiva dell’obbligo in esame: ad es., denigrazione del datore di lavoro, compromissione colpevole o simulazione dello stato di malattia del lavoratore (v.), manomissione del cartellino orario, prestazione lavorativa remunerata presso familiari in pendenza di cassa integrazione guadagni (v.) straordinaria ecc..


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