Ev la consegna di un individuo da parte di uno Stato ad altro Stato, al fine della sottoposizione di esso alla giurisdizione penale dello Stato richiedente. Ev prevista esclusivamente da norme convenzionali, quali la Convenzione europea di Parigi del 13 dicembre 1957 e disciplinata nell’ambito dei singoli ordinamenti interni. Lo Stato italiano la distingue in attiva (quando esso è il richiedente) e passiva (quando il richiedente è uno Stato estero), ponendo la condizione per quest’ultima che il fatto che forma oggetto della domanda sia previsto come reato sia dalla legge straniera che da quella italiana. Per quanto concerne la disciplina codicistica dell’estradizione verso l’estero (passiva) si può affermare che essa contempla le ipotesi della condanna irrevocabile o del provvedimento cautelare comportanti limitazioni o privazioni della libertà personale: in base a ciò appare evidente la non applicabilità delle garanzie per procedimenti o provvedimenti non incidenti sulla libertà personale, adottati da autorità estere nei riguardi di persone, cittadini o stranieri che siano, presenti in Italia. In dottrina si registra comunemente l’affermazione secondo cui la procedura di estradizione passiva avrebbe carattere misto: amministrativo e giurisdizionale. La fase di carattere più strettamente amministrativo è di competenza del Ministro di grazia e giustizia: è a questo soggetto, infatti, che spetta l’iniziale potere di impulso, costituito dalla presentazione della domanda estera di estradizione al procuratore generale presso la Corte di appello, individuato in base alla residenza, dimora o domicilio del condannato da sottoporre a estradizione. Il procuratore generale, compiuti i necessari accertamenti preliminari sulla base del fascicolo pervenuto dall’estero, presenta la sua requisitoria alla corte (art. 703 c.p.p.). Da questo momento in avanti ha inizio la fase giurisdizionale nella quale saranno pienamente tutelati i diritti della difesa (art. 701 c.p.p.). Infatti, compito della corte è in primo luogo verificare se all’attività di estradizione sono di ostacolo principi fondamentali in materia di reati politici o lesioni di diritti fondamentali della persona. A questo scopo si procederà ad un’apposita udienza, in camera di consiglio, con la presenza necessaria di un difensore (eventualmente d’ufficio) e del p.m., dello stesso estradando e del rappresentante dello Stato richiedente (la presenza di questi ultimi due soggetti non è però obbligatoria). La corte emetterà sentenza favorevole o contraria all’estradizione e contro di essa potrà presentarsi ricorso per Cassazione (art. 706 c.p.p.). C’è da rilevare come la decisione favorevole possa comportare anche l’immediata riduzione in vinculis dell’estradando. Per quanto concerne il procedimento di estradizione passiva è necessario sottolineare che la sentenza favorevole del giudice ha valore di condizione necessaria ma non sufficiente per l’estradizione, costituendo in pratica una semplice autorizzazione per il Ministro: infatti spetterà poi a costui adottare la decisione finale entro un limite temporale prefissato, ed eventualmente curare la consegna dell’interessato allo Stato estero. C’è da notare infine che la estradizione concessa risulta vincolata al c.d. principio di specialità : essa infatti vale solo per il fatto per cui è stata concessa ed è ostativa a restrizioni di libertà (cautelari o definitive) per altra causa. Passando ora ad analizzare la c.d. estradizione attiva o dall’estero, si può ribadire che essa mira a conseguire la disponibilità fisica dell’estradato su richiesta del nostro Stato, tramite un procedimento di tipo amministrativo: in Italia non è infatti previsto un procedimento preventivo di garanzia giurisdizionale a favore dell’estradando, dal momento che questi potrà eventualmente valersi di un simile beneficio tramite le apposite garanzie estere. Trattandosi di scelte che possono basarsi su valutazioni politiche attinenti a rapporti internazionali spetterà al Ministro per la giustizia formulare la richiesta di estradizione o differirne la presentazione, anche se richiesto dall’autorità giudiziaria, e accettare o meno le condizioni eventualmente apposte dallo Stato estero. Anche per l’estradizione in Italia dall’estero vige il limite dell’esperibilità in correlazione all’espiazione di pena detentiva in forza di sentenza irrevocabile o all’esecuzione di una misura di custodia cautelare detentiva. Infine c’è da rilevare che anche per l’estradizione attiva vige il c.d. principio di specialità con il conseguente divieto di riduzione in vinculis per ipotesi di reato differenti da quelle previste nella estradizione conseguita. (G. Bottiglioni).
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