modus adquirendi: con tale termine si designa, negli ordinamenti in cui non vige il principio consensualistico, la consegna traslativa che fa seguito al contratto, il quale costituisce solo titulus adquirendi (v.).
modus o onere: l’onere o, secondo altra terminologia, il modus è una disposizione accessoria propria dei soli atti di liberalità (v. atti, modus di liberalità ), a causa di morte come per atto tra vivi: può figurare sia nell’istituzione di erede (v.) e nel legato (v.) (art. 647 c.c.) sia nella donazione (v.) (artt. 793 ss. c.c.). L’onere è una prestazione di dare o di fare o di non fare imposta al beneficiario dell’atto di liberalità . Ad esempio, lascio tutti i miei beni a Tizio, che dovrà però provvedere al mantenimento di Caio; lascio in legato al comune quel mio dato immobile, ma perche´ lo adibisca ad edificio scolastico; lascio la mia casa a Sempronio, che dovrà però conservarne inalterate le caratteristiche architettoniche. Alla disposizione testamentaria gravata da onere si dà il nome di disposizione modale; il successore tenuto ad adempierlo è l’onerato. L’onere può avere un beneficiario determinato, come nel primo degli esempi fatti; e, in tal caso, presenta forti analogie con il legato, ponendo problemi talvolta ardui di interpretazione del testamento. Concettualmente, differisce in ciò : il legatario è diretto successore del defunto; il beneficiario dell’onere (detto onorato) acquista, invece, dall’erede o dal legatario onerato. L’onere di fare o di non fare presenta, a sua volta, analogia con la condizione potestativa (v. condizione, modus sospensiva potestativa). Salvi i possibili dubbi interpretativi dell’atto, la distinzione è chiara: la condizione, ad esempio di non trasferire all’estero la propria residenza agisce sull’efficacia della disposizione, ma non crea una obbligazione di non fare; l’onere di non modificare la struttura architettonica della casa ereditata crea, invece, una obbligazione per il cui adempimento gli interessati possono agire (chiedendo, ad esempio, la riduzione in pristino) ed il cui inadempimento non determina necessariamente la risoluzione della disposizione testamentaria. Nell’istituzione di erede l’onere può anche superare il valore del patrimonio ereditario, esponendo l’erede all’eventualità di doverlo adempiere con il concorso di propri mezzi patrimoniali; il legatario, invece, è tenuto all’adempimento dell’onere entro il valore della cosa legatagli (art. 671 c.c.). Il rapporto fra attribuzione patrimoniale e onere può , dunque, agire come limite, come modus appunto, dell’attribuzione patrimoniale (lasciando un margine di arricchimento a favore dell’onerato) oppure, quando assorbe l’intero valore dell’attribuzione patrimoniale (do in legato a Tizio la somma tot perche´ la eroghi interamente a favore di una data opera assistenziale), può costituire il fine in vista del quale la stessa attribuzione patrimoniale è stata disposta. In ogni caso, la disposizione modale resta un atto di liberalità: la legge considera l’onere come motivo della disposizione, e non come elemento attinente alla sua causa, come corrispettivo dell’attribuzione patrimoniale, neppure quando ne assorbe l’intero valore. L’onere impossibile o illecito si considera, in linea di principio, come non apposto; e ciò rivela che l’onere non è oggetto della disposizione (nei contratti l’oggetto impossibile o illecito rende nullo il contratto) e non entra nella sua struttura causale (come vi entrano, nei contratti, la prestazione e la controprestazione). Tuttavia, la disposizione è nulla se l’onere impossibile o illecito ha costituito il solo motivo determinante della disposizione (art. 647, comma 3o, c.c.). Il che non impedisce di considerare l’onere come semplice motivo della disposizione: presenta analogia con quanto l’art. 1345 c.c. stabilisce riguardo al motivo illecito, che rende nullo il contratto se è stato motivo esclusivo, e corrisponde esattamente a quanto l’art. 626 c.c. prescrive per la disposizione testamentaria con motivo illecito, che rende nulla la disposizione se risulta dal testamento ed è stato il solo che ha determinato il testatore a disporre. L’onere è una obbligazione personale dell’onerato, l’adempimento della quale è sottoposto ai comuni principi sull’adempimento delle obbligazioni. Per l’adempimento (ed, eventualmente, per l’esecuzione in forma specifica) può agire qualunque interessato (art. 648, comma 1o, c.c.). L’inadempimento non dà luogo, in linea di principio, alla risoluzione della disposizione testamentaria; e ciò conferma che l’adempimento dell’onere non è la controprestazione dell’attribuzione patrimoniale e ne resta solo il motivo. Tuttavia, la risoluzione può essere chiesta se l’onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione o (ciò che ne rivela la natura di motivo determinante) se la risoluzione era stata prevista dal testatore (art. 648, comma 2o, c.c.) con una clausola di decadenza (v. testamento). Anche ciò trova riscontro nei principi sui motivi del contratto; ricorda la disciplina della presupposizione (v.). Un onere con carattere di realità , che vincoli tutti i successivi proprietari del bene relitto, risulta inammissibile. Vincoli reali possono essere imposti sui beni solo per fini di pubblica utilità , nei casi ammessi dalla legge; si configurano quali fondazioni fiduciarie (v. fondazione, modus non riconosciuta). In questo ambito concettuale si colloca anche la figura prevista dall’art. 699 c.c., che attribuisce carattere perpetuo alle cosiddette annualità successive: il testatore impone all’erede, che a sua volta è tenuto ad imporre al proprio erede, di erogare determinate somme di danaro per premi, sussidi, opere di beneficenza e altri fini di pubblica utilità , a favore di persone da scegliersi entro determinate categorie (ad esempio, l’assistenza ai concittadini più indigenti del testatore). In questo caso è il fine di pubblica utilità a giustificare il carattere perpetuo della disposizione, vincolante per tutti i successivi eredi (e la disposizione presenta evidenti analogie con l’atto di fondazione, anche se qui si impone un vincolo agli eredi successivi, anziche´ creare un ente apposito); fine di pubblica utilità che segna, al tempo stesso, il limite di validità della disposizione. La cerchia dei beneficiari potrà sì essere circoscritta agli appartenenti alla famiglia del testatore, come nella fondazione di famiglia (art. 28, comma 3o, c.c.); ma beneficiari non potranno essere i discendenti in quanto tali, bensì solo in quanto versino in quella particolare situazione soggettiva, di indigenza, di meritevolezza in rapporto agli studi ecc., che il testamento abbia preso in considerazione. Perciò non si possono indicare, genericamente, i propri discendenti; ma solo quelli che, una generazione dopo l’altra, versino nella situazione predeterminata dal testatore, e siano bisognosi di soccorso, meritevoli di premio ecc.. Ciascun successivo erede può , tuttavia, riscattare le annualità secondo le norme sulla rendita perpetua. V. anche donazione, modus modale; comodato.
modus vivendi: atto internazionale di natura provvisoria, attraverso il quale due o più Stati, a seguito di una grave turbativa delle loro relazioni, addivengono immediatamente ad un accordo al fine di definire immediatamente la questione sorta per non aggravarla, in attesa che sia chiarita la situazione controversa e si possa procedere alla redazione di un atto definitivo. Dal punto di vista giuridico costituisce, quindi, un accordo internazionale anche se privo della solennità e delle caratteristiche formali dei trattati internazionali.
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