contenzioso amministrativo: s’intende per tale il sistema dei ricorsi amministrativi anteriore al 1865 (data in cui è avvenuta la sua abolizione ed alla quale si fa risalire l’inizio del moderno sistema giurisdizionale amministrativo), istituito dagli Stati preunitari come il Regno di Sardegna, il Regno delle due Sicilie ed il Granducato di Toscana, per poi essere esteso ad altre regioni al momento dell’unificazione nel 1861. Esso deriva prevalentemente dal sistema vigente nella Francia dell’epoca assolutistica. Ev basato sul concetto di giustizia ritenuta, cioè sottratta al potere giurisdizionale ordinario, per evitare indebite ingerenze di quest’ultimo sul potere esecutivo, ed è affidata ad appositi giudici amministrativi distinti ma non separati dagli organi dell’amministrazione. Tali giudici (che, a seconda degli Stati di appartenenza, sono Consigli di Intendenza, Consigli di Governo, Camera dei conti, Consiglio di Stato piemontese) hanno natura mista, paragiurisdizionale, tant’è che assumono il nome di tribunali del contenzioso contenzioso. Hanno competenza su tutte le controversie in cui è parte la P.A., fatta eccezione per alcune ipotesi espresse come quelle in cui si faccia questione in materia di diritto di proprietà , la cui cognizione è affidata al giudice ordinario. L’abolizione del contenzioso contenzioso è avvenuta con la l. 20 marzo 1865, all. E: ha comportato l’abolizione di tutti i tribunali speciali aventi competenza in materia di contenzioso e la devoluzione al giudice ordinario di tutte le materie in cui si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la P.A.. In tal modo gli interessi perdevano la tutela giurisdizionale conservando quella giustiziale dinanzi alla stessa amministrazione interessata, mentre i diritti soggettivi perfetti venivano tutelati solo dinanzi al giudice ordinario. La sottrazione alla tutela giurisdizionale degli affari non compresi in questioni riguardanti diritti civili o politici ha determinato un’indebita ingerenza del potere politico su quello amministrativo, dando luogo a fenomeni di corruzione e cura di interessi privati. La denuncia dei difetti e delle insufficienze di un sistema siffatto ha condotto alla successiva evoluzione del contenzioso, a partire dalla l. n. 5992 del 1889, istitutrice della IV sezione del Consiglio di Stato. (Cosentino).
contenzioso elettorale: sistema di giurisdizione amministrativa ed ordinaria avente ad oggetto le condizioni di eleggibilità dei componenti degli organi elettivi e la regolarità dello svolgimento delle operazioni elettorali dei consigli comunali, provinciali, regionali, circoscrizionali e del Parlamento europeo (quest’ultimo in base alla l. 24 gennaio 1979 n. 18). Ev un sistema di contenzioso speciale, in quanto non tutela interessi legittimi, non essendo rivolto contro la P.A.. Il legislatore del 1971 (art. 6 della l. n. 1034), nell’incertezza creata dalla giurisprudenza sulla natura delle posizioni giuridiche fatte valere, ha preferito mantenere il riparto di cui alla normativa anteriore, attribuendo al giudice amministrativo le controversie attinenti alle operazioni elettorali e al giudice ordinario quelle sulle condizioni di eleggibilità e compatibilità degli eletti nonche´ quelle c.d. di contenzioso contenzioso attivo, che riguardano lo status di elettore. Legittimato a proporre ricorso è qualsiasi cittadino elettore e chiunque altro vi abbia interesse (come, ad esempio, un candidato non eletto). Siffatto carattere di azione popolare comporta che l’appello avverso la decisione di I grado è ammesso anche da parte di elettori diversi da quelli che hanno proposto ricorso. Legittimati passivi sono l’amministrazione interessata dalle operazioni elettorali e gli eletti di cui si contesta l’elezione. Termine per proporre ricorso: 30 giorni dalla proclamazione degli eletti. La procedura, anche per l’eventuale giudizio d’appello, è caratterizzata dall’urgenza e abbreviazione dei termini rispetto ai ricorsi ordinari; le parti possono stare in giudizio personalmente e sono esonerate dal pagamento della tassa di registro e delle spese di cancelleria. Con la sentenza, se viene accolto il ricorso, il giudice annulla, in tutto o in parte, o corregge il risultato delle elezioni e proclama eletti coloro i quali ne hanno diritto. (Cosentino).
contenzioso tributario: sistema di giustizia tributaria la cui originaria struttura non è stata abrogata dalla legge abolitrice del contenzioso amministrativo (l. 20 marzo 1865, all. E) ed ha subìto una progressiva evoluzione sino alla radicale riforma tributaria dei primi anni ’70. Il sistema anteriore alla riforma affidava le controversie in materia di imposte indirette al giudice ordinario al termine di una fase contenziosa in sede amministrativa (commissione comunale); le controversie sulle imposte dirette erano invece soggette ad una procedura mista tra il giudice speciale (commissione provinciale), per la quantificazione o misurazione della base imponibile, ed il giudice ordinario per la soluzione delle questioni più propriamente giuridiche. La cognizione del giudice ordinario era inoltre subordinata all’emissione del ruolo d’imposta e relativo pagamento (c.d. solve et repete), dichiarato incostituzionale solo nel 1961. La riforma del contenzioso è intervenuta sulla base della Costituzione e della sua VI disposizione transitoria, col d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 636. Il nuovo sistema consacra la natura giurisdizionale delle commissioni tributarie (v.) e prevede tre gradi di giudizio: davanti alla Commissione di I grado, a quella di II grado e a quella centrale. La Commissione di I primo grado ha sede e competenza territoriale identica a quella dei tribunali e decide sui ricorsi avverso gli atti degli uffici aventi sede nel territorio; la Commissione di II grado ha sede in ciascuna provincia e decide come giudice d’appello sulle impugnazioni proposte contro le Commissioni di I primo grado; la Commissione centrale ha sede a Roma ed è competente a conoscere delle impugnazioni avverso le decisioni di II grado ma solo per violazioni di legge o per questioni riguardanti il fatto, che sono quelle concernenti l’attività di accertamento svolta dall’amministrazione, escluse quelle relative alla misura delle pene pecuniarie e quelle relative a valutazione estimativa. Per valutazione estimativa s’intende l’ipotesi in cui la determinazione della base imponibile e, di conseguenza, del tributo non dipenda dall’applicazione di norme di legge dall’adozione di criteri empirici o tecnici (es. determinazione del valore d’avviamento di un’azienda) che non trovano puntuale riscontro in norme giuridiche. In via alternativa, il III grado di giudizio può essere proposto alla Corte d’appello per gli stessi motivi ammessi dinanzi alla Commissione centrale ossia quando si facciano questioni di fatto, escluse quelle di estimazione e di determinazione di pene pecuniarie, o per violazioni di legge. Infine, contro le decisioni della Corte d’appello o della Commissione tributaria centrale, è proponibile ricorso, ex art. 360 c.p.c., alla Corte di Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, per violazione delle norme sulla competenza, per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, per nullità della sentenza o del procedimento, per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Le commissioni tributarie hanno competenza in materia di Irpef, Irpeg, Ilor, Iva, Invim (oggi sostituita dall’Ici) registro, successioni e donazioni, ipotecarie, assicurazioni. Per gli altri tributi è invece previsto ricorso in via amministrativa all’ex intendente di finanza (ora Direzione regionale delle entrate) per poi esperire, eventualmente, l’azione davanti al giudice ordinario o al giudice amministrativo. Al momento non si è in grado di affermare l’esito di un’ulteriore radicale riforma del contenzioso contenzioso secondo quanto stabilito dalla l. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 30 e successivamente disciplinato con d.leg. 31 dicembre 1992, n. 546, la cui entrata in vigore è stata sospesa. Aspetti principali della riforma sono: l’eliminazione di un grado del giudizio attraverso l’abolizione delle commissioni tributarie di I grado; una diversa composizione delle commissioni; la ridefinizione della competenza per materia; la necessità del patrocinio tecnico. (Cosentino).
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