Enciclopedia giuridica

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Alimenti

Una persona che versi in stato di bisogno, priva cioè di quanto sia necessario per la vita, e che non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, non avendo risorse patrimoniali ne´ avendo capacità al lavoro (art. 438, comma 1o, c.c.), ha diritto di chiedere i mezzi di sussistenza, i cosiddetti alimenti, in danaro o in natura, ai membri della sua famiglia. Il diritto agli alimenti è limitato al necessario per la vita, avuto riguardo alla posizione sociale della persona (art. 438, comma 2o, c.c.): si riferisce, perciò , alle necessità del vitto, dell’abitazione, del vestiario, delle cure sanitarie (ma, se si tratta di minori, si riferisce anche alle spese per l’educazione e per l’istruzione); non si estende fino al mantenimento, che comprende quanto occorre per tutte le esigenze della persona. Il diritto agli alimenti spetta a chi versi in stato di bisogno indipendentemente dalle cause che hanno determinato questo suo stato: anche se esso sia derivato dalla sua condotta disordinata o dissoluta (se però questa prosegue, l’autorità giudiziaria può disporre, a norma dell’art. 440, una riduzione degli alimenti). I membri della famiglia sono tenuti agli alimenti secondo il seguente ordine (art. 433 c.c.): 1) il coniuge (se non tenuto all’obbligo del mantenimento per effetto della sentenza di separazione personale); 2) i figli, i legittimi o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi (nipoti), anche naturali; 3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi (nonni); 4) i generi e le nuore; 5) il suocero e la suocera; 6) i fratelli e le sorelle, dai quali gli alimenti sono però dovuti nella misura dello stretto necessario, ma incluse le spese per l’educazione e l’istruzione se si tratta di minori (art. 439 c.c.). Tra affini (suocero, suocera, genero, nuora) l’obbligo degli alimenti cessa se l’alimentando passa a nuove nozze o quando sono morti il coniuge da cui deriva l’affinità e i figli nati dalla sua unione con l’altro coniuge e i loro discendenti (art. 434 c.c.). I familiari obbligati possono sottrarsi al dovere di prestazione alimentare provando la loro impossibilità economica: l’art. 438, comma 2o, c.c., dà rilievo non solo allo stato di bisogno dell’alimentando, ma anche alle condizioni economiche degli obbligati agli alimenti. Se non può un obbligato di grado superiore, si passa perciò all’obbligato di grado successivo. Se la persona caduta in stato di bisogno aveva in precedenza donato propri beni, allora l’obbligo alimentare incombe, prima che sui membri della famiglia, sul donatario (art. 437 c.c.), nei limiti del valore dei beni ricevuti in donazione e tuttora esistenti nel suo patrimonio (art. 438, comma 3o, c.c.). Il donatario, a differenza degli altri obbligati, deve gli alimenti indipendentemente dalle proprie condizioni economiche. Chi deve somministrare gli alimenti, ha in ogni caso, la scelta se corrispondere un assegno alimentare in danaro o se accogliere e mantenere l’alimentando nella propria casa (art. 443 c.c.). Gli obbligati nello stesso grado concorrono nella prestazione alimentare, ciascuno in proporzione delle proprie condizioni economiche (art. 441 c.c.): il loro obbligo alimentare ha carattere parziario e non solidale. Può accadere che più persone abbiano diritto agli alimenti nei confronti di un medesimo obbligato, e che questi non sia in grado di provvedere ai bisogni di ciascuna di esse: decide, in tal caso, l’autorità giudiziaria, tenendo conto della prossimità della parentela e dei rispettivi bisogni, nonche´ della possibilità che qualcuno degli aventi diritto consegua gli alimenti da obbligati di grado superiore (art. 442 c.c.). Il diritto agli alimenti si suole definire personalissimo: non può essere ceduto, si estingue con la morte dell’obbligato, non si estingue per compensazione con il credito dell’obbligato (artt. 447 ss.), non può essere sottoposto ad esecuzione forzata (art. 545 c.p.c.). Ev irrinunciabile ed imprescrittibile, salvo che per le annualità scadute, che si prescrivono in cinque anni (art. 2948 n. 2 c.c.). V. anche divorzio.

contratto di alimenti: è il contratto atipico (v. contratti, alimenti atipici), con il quale ci si obbliga, dietro corrispettivo della cessione di un bene o per liberalità, a corrispondere ad una persona, per tutta la sua vita, quanto occorre al suo sostentamento.

danno ingiusto e lesione del diritto agli alimenti: secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale integra gli estremi della ingiustizia del danno (v. danno, alimenti ingiusto) di cui all’art. 2043 c.c., sia la lesione attuale del diritto agli alimenti, sia la lesione della semplice aspettativa delle prestazioni future in cui si sarebbe concretato tale diritto (si pensi al caso della uccisione del figlio minore, considerata fonte di responsabilità per danni nei confronti dei genitori).

impignorabilità degli alimenti: i creditori del debitore tenuto agli alimenti a norma dell’art. 433 c.c., non possono sottoporre a pignoramento le relative somme (art. 545 c.p.c.), tranne nel caso in cui anch’essi abbiano diritto alla stessa prestazione alimentare. Tale pignoramento viene autorizzato dal pretore competente per territorio, ossia quello del luogo di residenza del terzo, che ne stabilisce anche la misura. Il pignoramento intimato senza tale preventiva autorizzazione è da considerarsi nullo. La giurisprudenza ricomprende negli alimenti anche il credito derivante da obblighi di mantenimento. .

perdita del diritto agli alimenti: per l’art. 54 c.p. la condanna per un delitto contro la libertà sessuale comporta la alimenti alimenti a danno del reo.


Alienazione      |      Aliquota


 
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