patrimonio storico artistico degli enti ecclesiastici: la tutela del patrimonio storico artistico patrimonio storico artistico ha ad oggetto il patrimonio culturale appartenente agli enti ecclesiastici; nella sua accezione più estesa, è comprensiva di cose mobili e immobili di rilievo artistico, storico, archeologico, etnologico e facente riferimento agli Archivi ecclesiastici, alle biblioteche, agli edifici di culto, alle suppellettili sacre e generalmente all’arte nel suo profilo costituzionale e di organizzazione amministrativa. L’art. 12.1 dell’Accordo 18 febbraio 1984 (l. 25 marzo 1985) ha trasferito tale materia nell’area concordataria (il Concordato del ’29 taceva sul patrimonio culturale ecclesiastico), anche se la soluzione degli specifici problemi può essere raggiunta solo tramite concreti accordi tra le parti, da eseguire con legge. Circa il regime di archivi e biblioteche, l’art. 12.1, comma 3o, prevede la conclusione di specifiche intese per la disciplina relativa alla loro conservazione e consultazione. Inoltre la Santa Sede conserva la disponibilità delle Catacombe cristiane site sul territorio nazionale (art. 12.2), ed il relativo diritto di scavo e asportazione delle reliquie in esse rinvenute (art. 12.2, comma 2o). La tutela del patrimonio storico artistico della Chiesa è orientata verso molteplici obiettivi: l’inventario e catalogo, cui gli enti ecclesiastici sono tenuti da norme canoniche e civili, e consistente in un archivio a schedario (cfr. can. 1283 e §3); la custodia e la sicurezza, con l’installazione di dispositivi e impianti antifurto (cfr. can. 555 e 1220 §2), specialmente per le suppellettili (can. 1302); l’uso adeguato di strumenti urbanistici, quali piani regolatori, di comprensorio e di regione, utili per la tutela del patrimonio ecclesiastico monumentale; la manutenzione ed il restauro, da compiere ad opera di personale preparato (can. 1220 §1), dopo avere ottenuto la regolare autorizzazione del Vescovo diocesano (sull’esposizione e sul restauro di dipinti e immagini sacre cfr. cann. 1279 e 1280); la rimozione e lo spostamento in luoghi più idonei a garantire la tutela ed il miglior godimento delle opere d’arte. Per l’alienazione ed il mercato antiquario, il Cic esprime rigorosamente (cann. 1523, 1529 e 1530) la disciplina della vendita dei beni culturali ecclesiastici sia mobili che immobili: la mancata autorizzazione comporta la nullità dell’atto e l’irrogazione di sanzioni canoniche e civili (can. 1292 e 1377; l. n. 1089 del 1939 artt. 26, 28, 31, 32, 61 e 62; l. n. 222 del 1985 artt. 18, 36 e 37). La legislazione dello Stato in materia, ha base nella l. 1o giugno 1939, n. 1089, che tutela le cose di interesse storicopatrimonio storico artisticoartistico comuni a tutti gli enti morali ed agli stessi privati. L’art. 8 di tale legge fissa il principio della collaborazione dello Stato precedendo d’accordo nelle attività che hanno ad oggetto le esigenze di culto. Per i profili di diritto regionale e relativa competenza sulla tutela, gli artt. 117 e 118 Cost. delimitano il campo di azione legislativa ed amministrativa rimessa alle regioni. Il carattere di ecclesiasticità di tale categoria di beni esclude il trasferimento alle regioni delle competenze ed attribuzioni relative (cfr. d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 3; l. 24 luglio 1975, n. 382, e d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616, art. 25). La Cei ha approvato il 14 giugno 1974, in occasione della X assemblea generale dei Vescovi italiani, una speciale normativa per l’Italia (norme per la tutela e la conservazione del patrimonio storico artistico della Chiesa in Italia) in prospettiva di un’ulteriore definizione normativa della materia. Il Consiglio episcopale permanente della Cei ha istituito nel 1989 una Consulta nazionale per i beni culturali ecclesiastici che ha proposto un nuovo e più aggiornato documento orientativo sulla materia. Tale documento, che innova profondamente il testo del 1974, operandone un sostanziale riassetto, è stato approvato nel corso della XXXVI assemblea generale (26 – 29 ottobre 1992).
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