Ev una figura non regolata dalla legge, ma diffusa nella prassi contrattuale. La forma più diffusa è quella della multiproprietà immobiliare in zone turistiche: la medesima frazione di un complesso residenziale è separatamente alienata a più soggetti, a ciascuno dei quali è attribuito il diritto perpetuo e trasmissibile di godere di quella frazione immobiliare in modo esclusivo, ma per periodi di tempo limitati e ricorrenti, a turno con gli altri multiproprietari della medesima frazione immobiliare, sulla quale viene impresso un duplice vincolo perpetuo: di destinazione (turistica) e di indivisibilità . Altri vincoli risultano dal regolamento che gli acquirenti dichiarano di conoscere e che si impegnano a rispettare, come quello che separa dalla fruizione del bene la sua amministrazione, che è sottratta al multiproprietario ed affidata, anche per quanto riguarda la straordinaria amministrazione, ad un incaricato o ad una società di gestione. Le parti comuni del complesso immobiliare sono, invece, in condominio (v.). Per certi aspetti questa figura richiama il diritto di proprietà : il contenuto della multiproprietà è pur sempre rappresentato dall’attribuzione al singolo multiproprietario del diritto di godere e di disporre in modo pieno, esclusivo e tendenzialmente perpetuo, di un bene immobile. Tuttavia, le clausole relative al godimento turnario, all’indivisibilità perpetua ed al vincolo di destinazione sembrano contraddire al concetto di proprietà ; come sembrano contraddirvi gli ulteriori molteplici vincoli imposti al multiproprietario dai singoli regolamenti (obbligo di inventario degli arredi, prestazione di cauzione, consegna delle chiavi, divieto di apportare migliorie e innovazioni), oltre che per la sottrazione al multiproprietario dei poteri di gestione. Si è davvero in presenza allora di un diritto reale? Possono i vincoli contrattuali che valgono a determinare il contenuto della multiproprietà essere opposti agli aventi causa del multiproprietario, che non li abbiano accettati all’atto dell’acquisto? Ev il diritto del multiproprietario suscettibile di possesso (v.) e, dunque, di tutela possessoria e di acquisto per usucapione (v.)? Può il bene in multiproprietà essere dal singolo multiproprietario sottratto all’azione esecutiva dei creditori degli altri multiproprietari? Secondo una teoria si tratta di un diritto reale atipico, costituito per contratto atipico (v. contratto, multiproprietà atipico). Ev tuttavia evidente che, se nel nostro ordinamento vige il principio del numerus clausus dei diritti reali (v. tipicità , multiproprietà dei diritti reali), non potrà dirsi meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322, comma 2o, c.c., l’atto di autonomia privata diretto a costituire un nuovo diritto reale. Il modo più semplice di spiegare la multiproprietà può sembrare quello che fa capo all’idea di una comune comproprietà per quote, ai sensi dell’art. 1100 c.c. (v. comunione), qualificata dalle particolari modalità , contrattualmente fissate, dell’uso della cosa comune (art. 1102 c.c.) e dal patto di indivisibilità (art. 1111, comma 2o, c.c.). La semplicità di questa ricostruzione spiega il favore incontrato presso alcuni giuristi; ma altre difficoltà insorgono: il patto di indivisibilità è sì opponibile ai terzi aventi causa dei partecipanti, ma non può avere durata perpetua, non potendo valere per un tempo maggiore a dieci anni (art. 1111, comma 2o, c.c.). D’altro canto, il patto sulle modalità d’uso della cosa comune, se può avere durata illimitata, non è però opponibile ai terzi. Preferibile è la tesi di chi qualifica la multiproprietà non come un nuovo diritto reale ne´ come specie del più ampio genere della comunione, bensì come diritto di proprietà costituito su una cosa delimitata, oltre che nello spazio, anche nel tempo, ossia individuata con criteri spaziomultiproprietàtemporali. La prospettiva è modificata: il ruolo dell’autonomia privata non sta qui nel creare nuovi diritti sulle cose, ma nel creare cose nuove. Se la stessa cosa è inserita, oltreche´ nello spazio, anche nel tempo, il variare di quest’ultima dimensione conduce alla individuazione di un bene diverso. Questa costruzione sposta il discorso dal terreno dei diritti sulle cose a quello delle cose oggetto dei diritti: bene è ciò che i singoli hanno interesse a fare proprio: una entità i cui confini nello spazio non sono delineati solo con un criterio geometrico, ma anche, come risulta dall’art. 840, comma 2o, c.c., con un criterio economico; ed il criterio economico, come emerge dalla norma sulle energie naturali, può influire sulla stessa qualificazione della cosa materiale come bene (art. 814 c.c.). La distinzione fra ciò che è bene e ciò che non è bene non sta, dunque, in un’oggettiva natura delle cose, ma nell’apprezzamento che gli uomini ne fanno circa la loro idoneità a soddisfare bisogni: se una entità materiale collocata anche nel tempo, oltre che nello spazio, è idonea a soddisfarli, quella entità è un bene. Questa costruzione supera le difficoltà sopra segnalate: il quid novi che si crea non è qui un nuovo diritto sul bene, ma un nuovo bene, il quale è individuato, per farlo corrispondere all’interesse dei singoli, con criterio spaziomultiproprietàtemporale. Essendo pur sempre l’interesse degli uomini la misura di ciò che è bene e di ciò che non lo è, nulla vieta di concepire un bene che non abbia solo confini nello spazio, ma anche, se ciò ne fa una entità idonea a realizzare interessi, limiti nel tempo. Questo nuovo bene può formare oggetto di diritti e di atti di disposizione: può essere venduto, e il contratto traslativo è vendita in senso proprio. Il multiproprietario esercita, dunque, un potere non limitato, bensì pieno su di un oggetto individuato non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Il potere del multiproprietario non si estende alla gestione del bene; ma ciò non può formare materia di scandalo, in un’epoca nella quale va diffondendosi, e sia pure per i valori mobiliari, la proprietà senza potere di gestione: delle azioni di risparmio ai fondi comuni di investimento. Altra forma di multiproprietà è la multiproprietà azionaria: qui l’interesse del singolo all’acquisizione di una situazione di godimento di un bene immobile per frazioni spaziomultiproprietàtemporali, anziche´ attraverso il sistema dei diritti reali, è realizzato con il ricorso alla forma giuridica della s.p.a. (v.). Il complesso immobiliare resta in proprietà alla società , mentre agli azionistimultiproprietàmultiproprietari spetta, nei confronti della società , un diritto questa volta personale di godimento, avente ad oggetto la frazione spaziomultiproprietàtemporale del complesso menzionato sullo stesso titolo azionario. Resta il dubbio che ci si trovi di fronte a mere comunioni di godimento (art. 2248 c.c.) (v. comunione, multiproprietà di solo godimento), come tali regolate dalle norme del titolo VII, libro III, e che società di tal genere debbano perciò ritenersi inammissibili nel nostro ordinamento. Ma il dubbio viene superato dalla considerazione che queste società hanno quale oggetto sociale non l’acquisizione, la gestione e la concessione in godimento turnario di quel determinato complesso immobiliare, bensì l’acquisizione, la gestione e la concessione in godimento turnario di complessi immobiliari; ciò che corrisponde ad una attività economica e, addirittura, ad una attività economica produttiva di beni, se è vero che le frazioni spaziomultiproprietàtemporali dell’immobile, cui la società dà vita, sono qualificabili come beni nuovi e diversi dall’immobile da cui sono tratti.
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