Ev il comportamento inerte della P.A., che assume rilievo giuridico stante l’obbligo di concludere il procedimento mediante l’emanazione di un provvedimento entro il termine previsto dalla legge o dalla stessa amministrazione (art. 2 l. n. 241 del 1990). La giurisprudenza, per garantire un’effettiva tutela delle situazioni giuridiche soggettive, pur in mancanza di un provvedimento formale da impugnare, ha esteso ai procedimenti di amministrazione attiva ad iniziativa di parte la portata dell’art. 25 del d.p.r. n. 3 del 1957 (c.d. silenzio inadempimento), riguardante l’atto di diffida nei confronti dell’amministrazione: scaduto il termine previsto per l’emanazione del provvedimento, l’interessato può notificare una diffida a provvedere; trascorsi 30 giorni lo stesso può adire le vie giudiziarie per ottenere una sentenza che dichiari l’obbligo della P.A. di provvedere. I poteri del giudice amministrativo si diversificano a seconda che l’azione amministrativa sia discrezionale o vincolata. Nel primo caso si avrà un semplice riconoscimento dell’obbligo di provvedere, in quanto, in via eccezionale, il giudice amministrativo effettua un accertamento e non un annullamento; nel secondo caso il sindacato giurisdizionale si estenderà all’esistenza dei presupposti e alla fondatezza dell’istanza, potendo giungere a prescrivere modalità e tempi dell’azione amministrativa. Qualora la P.A. non si uniformi, si avrà violazione del giudicato che potrà dare luogo ad un giudizio di ottemperanza. Il silenzio di per se´ non è un atto, inteso come dichiarazione di volontà , ma un fatto cui l’ordinamento collega determinati effetti sostanziali e processuali. Ev da rilevare, in proposito, che allo scadere del termine previsto per l’esercizio del potere, non consegue una automatica definizione della situazione giuridica dell’interessato: il potere della P.A. non è consumato, altrimenti questa, per incidere sulla definizione degli interessi, potrebbe solo ricorrere agli strumenti dell’autotutela decisoria. In realtà la P.A. può emanare il provvedimento oltre la scadenza del termine previsto, e, nel caso che sia stato nel frattempo instaurato un giudizio per ottenere l’adempimento, si avrà l’estinzione dello stesso per sopravvenuto difetto di interesse. L’inerzia dell’amministrazione assume rilievo anche in sede penale (omissione di atti d’ufficio art. 328 c.p.) civile (art. 25 d.p.r. n. 3 del 1957 sulla responsabilità civile degli impiegati) e disciplinare. .
silenzio della Pubblica Amministrazione assenso: inerzia della P.A. protratta per un determinato periodo di tempo cui la legge attribuisce il valore tipico sostanziale di accoglimento. La cura dell’interesse pubblico si realizza con un fatto conclusivo del procedimento, produttivo di effetti giuridici. Si tratta di casi tassativi in cui sussiste un procedimento semplice, un contenuto predeterminato e un destinatario individuale; si deroga, al principio per cui è l’autorità amministrativa a definire i rapporti di propria competenza. Questa, decorso il termine previsto, ha consumato il proprio potere, cosicche´ potrà agire solo nelle forme dell’autotutela. Gli eventuali provvedimenti tardivi saranno illegittimi in quanto emanati da un organo o ente non più titolare del potere. L’istituto è disciplinato in via generale dell’art. 20 l. n. 241 del 1990: tale norma rinvia ai regolamenti governativi l’individuazione dei termini e delle ipotesi in cui è applicabile. Qualora l’atto di assenso si costituisca illegittimamente, l’amministrazione, prima di procedere all’annullamento dello stesso, deve comunicare i vizi sanabili al destinatario, cioè al privato che ha presentato l’istanza diretta all’emanazione del provvedimento ampliativo, fissandogli un termine per procedere alle necessarie integrazioni, decorso il quale diviene legittimo l’annullamento d’ufficio dell’atto tacito. Simile al silenzio della Pubblica Amministrazione silenzio della Pubblica Amministrazione è il silenzio equiparato al provvedimento favorevole. Se l’amministrazione è tenuta ad emanare un provvedimento entro una data scadenza, la legge può disporre che, decorso il termine, qualora l’autorità non si pronunci, l’inerzia è equiparata al provvedimento favorevole (un’ipotesi di tal genere si rinviene nell’art. 19 d.p.r. n. 3 del 1957 in cui trascorso il periodo di prova, se l’amministrazione non emana un provvedimento di proroga o sfavorevole per l’impiegato civile, la prova si intende positivamente superata). Manca perciò anche un’istanza da parte dell’amministrato: gli interessi sono definiti in forza del mero silenzio serbato dalla P.A. .
silenzio della Pubblica Amministrazione rifiuto: inattività della P.A. cui l’ordinamento attribuisce il valore tipico di diniego di accoglimento. Il valore sostanziale che si può attribuire al silenziosilenzio della Pubblica Amministrazionerifiuto è quello proprio di tutti i provvedimenti negativi a contenuto decisorio. L’interessato potrà solo adire le vie giurisdizionali per ottenere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere in forma espressa. In definitiva si ha una situazione identica a quella di silenzio inadempimento. .
silenzio della Pubblica Amministrazione rigetto: inerzia della P.A. su un ricorso amministrativo. Il decorso di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza senza comunicazione della decisione comporta il rigetto a tutti gli effetti del ricorso (art. 6 d.p.r. n. 1199 del 1971) e l’esperibilità dell’azione giurisdizionale avverso il provvedimento impugnato. Oggetto del giudizio sarà l’attosilenzio della Pubblica Amministrazionebase e non l’accertamento dell’obbligo di provvedere (come avviene a seguito di silenziosilenzio della Pubblica Amministrazionerifiuto). Il silenzio della Pubblica Amministrazione silenzio della Pubblica Amministrazione non costituisce un provvedimento tacito ma un presupposto processuale per la proposizione del ricorso giurisdizionale o straordinario (Cons. Stato ad. plen. n. 16/89). Tale sistema giurisdizionale sacrifica il ruolo dei ricorsi amministrativi, riducendoli a vuota parentesi procedimentale. Infatti i motivi per cui è ammesso il ricorso amministrativo non coincidono con quelli proponibili in sede giurisdizionale: ciò comporta una discrasia fra i due mezzi di tutela. Allorquando in via amministrativa si impugna un provvedimento sotto il profilo del merito, e la P.A. resta inerte, il ricorrente si vede privato della possibilità di adire le ordinarie vie giurisdizionali, stante la preclusione per il giudice amministrativo di sindacare nel merito. La dottrina, in conflitto con l’orientamento giurisprudenziale, ha suggerito in tali ipotesi di applicare la procedura prevista per il silenziosilenzio della Pubblica Amministrazioneinadempimento, così da obbligare la P.A. a riesaminare l’assetto degli interessi. Il rigetto motivato del ricorso amministrativo presentato per ragioni di merito infatti giova pur sempre al ricorrente, fornendogli nuovi elementi per agire anche sotto il profilo della legittimità . L’autorità amministrativa conserva sempre il potere di pronunciarsi sul ricorso, pur dopo il decorso dei 90 giorni previsti dal cit. art. 6 d.p.r. n. 1199 del 1971; qualora però l’interessato esperisca l’azione giurisdizionale, si determina l’abbandono del ricorso gerarchico, con rinuncia al diritto di ottenere una decisione. Qualora il provvedimento venga ugualmente emanato, se sfavorevole, risulterà ininfluente sul giudizio in corso, se favorevole, determinerà la cessazione della natura del contendere. I contro interessati pregiudicati dall’emanazione del provvedimento favorevole possono impugnare quest’ultimo adducendone vizi di legittimità . Il mero ritardo nell’emanazione non è causa di illegittimità . .
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