Responsabilità patrimoniale che grava su pubblici funzionari, impiegati, agenti in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa dei doveri nascenti dal rapporto di pubblico impiego o di obblighi derivanti da disposizioni normative da cui derivi un danno economico per l’Amministrazione. Questo può essere prodotto o in via diretta, ovvero in via indiretta, qualora in forza dell’art. 28 Cost. il terzo abbia convenuto l’amministrazione dinanzi al giudice ordinario per ottenere il risarcimento del danno causato dal pubblico funzionario. Le norme che prevedono e disciplinano tale responsabilità sono gli artt. 81, 82, 83 della legge di contabilità generale dello Stato (l. n. 2440 del 1923) gli artt. 195, 196, 235, 346, 405 e 458 del relativo regolamento (l. n. 827 del 1924) e l’art. 25 del t.u. sulla Corte dei conti (l. n. 1214 del 1934). La responsabilità amministrativa si deve ricondurre, seppur con talune peculiarità nell’ambito della responsabilità contrattuale, e pertanto presuppone la sussistenza di un danno allo Stato e la correlativa esigenza di ristoro. Il soggetto autore del danno deve essere legato da un rapporto di impiego o di servizio con la P.A., a qualsiasi titolo, anche in via temporanea, nell’ambito dell’organizzazione statale o di un ente pubblico e deve avere provocato il danno nell’esercizio di funzioni proprie di questo. Devono ricorrere nella responsabilità amministrativa anche la colpa o il dolo dell’autore del danno, un danno economicamente valutabile, il nesso di causalità . In materia di responsabilità per danni arrecati all’amministrazione, giudice competente in via esclusiva è la Corte dei conti, ex art. 103 Cost.: tale giudice dispone di un caratteristico potere riduttivo che distingue la responsabilità amministrativa della ordinaria responsabilità civile. La Corte dei conti infatti valuta le singole responsabilità imputando a carico dei soggetti da giudicare tutto il danno o parte di esso. Ad una puntuale estimazione del pregiudizio causato, segue un frazionamento equitativo dello stesso che tiene conto delle circostanze oggettive e soggettive inerenti alla persona del colpevole e al comportamento del terzo. Tradizionalmente si distinguono nel genus della responsabilità amministrativa più ipotesi specifiche: responsabilità amministrativa contabile: è propria degli agenti contabili che maneggiano il danaro pubblico e che sono tenuti ad un rendiconto (magazzinieri e consegnatari di valori) periodico. Soggiacciono a questa responsabilità anche coloro che assumono senza titolo legittimante, il maneggio del danaro pubblico (c.d. contabili di fatto). La responsabilità scaturisce dall’inadempimento degli obblighi di servizio. Elemento caratterizzante è la presunzione della colpa derivante dalla non corrispondenza, per difetto, dei valori posti a carico dell’amministratore (c.d. carico di diritto) con quelli realmente esistenti (carico di fatto) ex art. 194 regolamento contabilità di Stato. Dall’inosservanza delle disposizioni deve scaturire un pregiudizio patrimoniale per l’amministrazione. Senza danno non può aversi responsabilità di gestione. Nel giudizio di responsabilità di fronte alla Corte dei conti (competente in via esclusiva) la sanzione pecuniaria a carico dell’agente contabile può essere ridotta (anche in questa forma di responsabilità la Corte può fare uso del potere riduttivo, secondo un indirizzo giurisprudenziale affermatosi negli ultimi anni) in relazione al grado di riprovevolezza, alla buona fede e alla ricorrenza di circostanze attenuanti. .
responsabilità amministrativa formale: responsabilità amministrativa degli enti locali conseguente ad una irregolare gestione contabile che determini spese non autorizzate in bilancio, futuri pareggi mediante entrate figurative, o assunzioni di impegni contrattuali senza l’adozione della procedura dell’evidenza pubblica (art. 252 – 253, e 256 – 257 t.u. sulla Corte dei conti). Tale responsabilità è denominata formale in quanto conseguente alla mera trasgressione delle regole procedimentali concernenti spese o l’assunzione di impegni. La Corte Costituzionale ha però precisato che trattasi di ordinaria responsabilità patrimoniale fondata sugli elementi del danaro e della colpa, e non di responsabilità oggettiva scaturente da violazione delle disposizioni contabili. Alla luce di tale interpretazione della Corte Costituzionale (sentenza n. 72/83), la Corte dei conti (competente in materia) applica anche in tali giudizi il potere riduttivo nel comminare la sanzione. Ev da considerare in proposito che se gli amministratori locali fossero ritenuti responsabili in misura corrispondente alle irregolarità commesse, successivamente potrebbero esperire, sussistendone i presupposti, l’actio de rem verso contro l’ente di appartenenza che abbia eventualmente tratto dalla situazione un ingiustificato arricchimento. Appare allora equo condannare direttamente gli amministratori nei limiti del danno causato. Così inquadrata la responsabilità formale perde il tradizionale carattere sanzionatorio per rientrare nell’ambito della ordinaria responsabilità amministrativa. responsabilità amministrativa dirigenziale: responsabilità propria dei direttori generali e dei dirigenti per lo svolgimento dell’attività amministrativa secondo criteri di efficienza ed efficacia. Questa responsabilità originariamente prevista dall’art. 19 del d.p.r. n. 748 del 1972 è disciplinata dall’art. 20 del d.l. n. 29 del 1993. I direttori generali ed i dirigenti sono responsabili dei risultati degli uffici loro affidati, della realizzazione di programmi e progetti e della gestione delle risorse umane e finanziarie. Non si imputa al dirigente un fatto illecito, quanto la inidoneità dello stesso a svolgere la propria funzione. La valutazione dei risultati conseguiti è delegata a specifici organi tecnici, in cui non rileva il parametro giuridico formale della legittimità ma la rispondenza dell’azione amministrativa a regole di economicità ed efficienza, secondo quanto previsto dall’art. 1 l. n. 241 del 1990. Innovando rispetto all’art. 19 del d.p.r. n. 748 del 1972, l’art. 20 d.lgs. n. 29 del 1993 prevede una vera e propria sanzione a carico del dirigente che realizzi una gestione negativa o non osservi le direttive generali: il collocamento a disposizione per la durata massima di un anno con perdita del trattamento economico accessorio. Si è passati da una sanzione morale (il trasferimento ad altre funzioni) ad una con concreti effetti giuridici negativi nella sfera del pubblico funzionario. I dirigenti sono perciò gravati di una responsabilità aggiuntiva rispetto a quella penale, civile, amministrativa, contabile e disciplinare che consegue al loro status di soggetti determinanti la volontà dell’amministrazione
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