Enciclopedia giuridica

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Collazione

Se i coeredi sono discendenti del defunto legittimi o naturali (figli, nipoti), o discendenti e coniuge, nell’assegnare a ciascuno la sua porzione si tiene conto delle donazioni che egli abbia ricevuto dal defunto. Ev la cosiddetta collazione (art. 737 c.c.), che mira ad evitare disparità di trattamento fra eredi che già abbiano ricevuto dall’ereditando ancora in vita ed eredi che non abbiano ricevuto. Si presume che le liberalità elargite dall’ereditando in vita siano state una anticipazione sulla futura successione, da riconsiderare, perciò, in sede di successione ereditaria. L’ereditando può , tuttavia, rendere palese la sua diversa volontà con la dispensa dalla collazione, che può essere contenuta nella donazione o nel testamento, ma può essere anche formulata con una apposita dichiarazione unilaterale: la dispensa, naturalmente, produce effetto solo nei limiti della quota disponibile (art. 737, comma 2o, c.c.). La collazione giova solo ai discendenti e al coniuge, non ad altri eredi: le quote di questi ultimi si determinano sulla base di ciò che è rimasto nel patrimonio ereditario al momento della morte dell’ereditando (cosiddetto relictum); e solo discendenti e coniuge hanno diritto di determinare l’asse ereditario sommando al relictum il donatum. D’altra parte, alla collazione sono tenuti discendenti e coniuge, non altri eredi: la presunzione che la donazione fosse un’anticipazione sulla futura successione vale solo per i primi. Il concetto di donazione va qui inteso in senso ampio: l’art. 737, comma 1o, c.c., parla di ciò che si è ricevuto per donazione direttamente o indirettamente. Si conteggiano tutte le liberalità avute dal discendente o dal coniuge, comprese quelle che, in apparenza, non sono donazioni (le donazioni indirette, come la vendita per una lira) e comprese, inoltre, le liberalità diverse dalla donazione (cosiddette liberalità atipiche, come ad esempio la stipulazione a favore di terzo fatta per liberalità o come la remissione di un debito; mentre non si considerano donazioni le spese di mantenimento, educazione, istruzione, ne´ quelle fatte per malattie, ne´ le liberalità d’uso (art. 742 c.c.) o le donazioni di modico valore fatte al coniuge (art. 738 c.c.). La collazione si può fare in due modi: 1) collazione in natura: il coerede rende in natura il bene che in vita gli aveva donato il defunto; 2) collazione per imputazione: il coerede trattiene il bene donatogli, ma detrae dalla sua quota ereditaria il valore del bene, determinato al momento della apertura della successione. Per gli immobili donati la collazione si può fare, a scelta di chi conferisce, o in natura o per imputazione (art. 746 c.c.). La collazione dei beni mobili si fa solo per imputazione (art. 750 c.c.). Quanto al danaro, la collazione si attua prendendone dall’asse ereditario una minore quantità (art. 751 c.c.), da calcolare secondo il principio nominalistico. Si intende poi che, se il valore di ciò che si è ricevuto in donazione supera il valore della quota ereditaria, il donatario potrà evitare l’esborso della differenza rinunciando all’eredità. Si considerano donazioni (indirette) dell’immobile, e non donazione del danaro, quelle che hanno per oggetto beni acquistati del donatario in nome proprio, ma con danaro direttamente pagato dal donante: qui il danaro utilizzato per l’acquisto non è mai entrato nel patrimonio del donatario; e la medesima soluzione vale per il caso in cui l’immobile sia stato, con danaro proprio, acquistato dal donante in nome e per conto del donatario. Se uno dei coeredi aveva debiti nei confronti dell’ereditando, egli deve imputare alla propria quota l’ammontare dei debiti; e ciò vale per tutti i coeredi, non solo per quelli soggetti a collazione (art. 724, comma 2o, c.c.). Questa imputazione, a differenza della collazione per imputazione, non aumenta l’asse ereditario, giacche´ in questo già c’era il credito dell’ereditando verso l’erede.

collazione di copie di atti pubblici: chi ha ottenuto la copia di un atto pubblico (v.) a norma dell’art. 743 c.p.c., ha diritto di collazionarla con l’originale in presenza del depositario. Se questi si rifiuta, chi intende ottenere la collazione, può ricorrere al pretore del mandamento nel quale il depositario esercita le sue funzioni. Il pretore, sentito il depositario, dà con decreto le disposizioni opportune per la collazione e può eseguirla egli stesso recandosi nell’ufficio del depositario (art. 746 c.p.c.).

collazione di telegrammi: la riproduzione del telegramma consegnata al destinatario si presume, fino a prova contraria, conforme all’originale (art. 2706, comma 1o, c.c.). Ai sensi dell’art. 2706, comma 2o, c.c. il mittente, se ha fatto collazionare il telegramma secondo le disposizioni dei regolamenti, si presume esente da colpa per la divergenza verificatasi tra originale e riproduzione.


Collaudo      |      Collegamento


 
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