Si tratta di una nozione ampiamente utilizzata dal legislatore italiano, il quale tuttavia non ha mai specificato in assoluto i criteri mediante i quali va accertata la maggiore rappresentatività . La nozione di sindacato maggiormente rappresentativo e gli indici necessari alla sua individuazione risultano essere di creazione dottrinale e giurisprudenziale. In tal senso per sindacato maggiormente rappresentativo si intende il sindacato che possieda una certa consistenza numerica; che presenti caratteristiche di intercategorialità, sia in senso merceologico o di settore produttivo che in quello di cui all’art. 2095 c.c. (v. categoria professionale); che sviluppi un’organizzazione articolata su tutto il territorio nazionale; che partecipi attivamente e con continuità alla contrattazione collettiva; che, infine, possa influenzare l’assetto economico e sociale del paese, ponendosi come stabile interlocutore dei poteri pubblici. Tali indici desunti interpretativamente da dottrina e giurisprudenza trovano in un certo senso conferma nella l. 18 novembre 1977, n. 902, la quale, al solo fine di ripartire il patrimonio delle organizzazioni sindacali fasciste disciolte nel 1944 tra le attuali organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, utilizza criteri pressoche´ uguali a quelli sopra citati. Tra le prerogative dei sindacati (rectius, delle confederazioni) maggiormente rappresentativi va innanzitutto ricordata la previsione dell’art. 19, lett. a, dello statuto dei lavoratori, che riservava alle rappresentanze sindacali aziendali (v.) collegate al sindacato maggiormente rappresentativo i diritti e benefici previsti dal titolo III dello statuto medesimo. Nei confronti di tale norma sono state sollevate numerose questioni di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 39, comma 1o, 3, comma 1o, e 39, comma 4o, della Costituzione, questioni comunque risolte sempre in senso negativo. La norma dell’art. 19, lett. a, statuto dei lavoratori è stata infine abrogata a seguito della consultazione referendaria dell’11 giugno 1995, che ha sancito la rimozione del criterio basato sulla c.d. maggiore rappresentatività presunta al fine della costituzione delle rsa; di conseguenza, risulta ormai auspicabile un intervento legislativo volto a definire i tratti essenziali delle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro e ad introdurre criteri definiti di misura della rappresentatività sindacale ai vari fini di legge. Anche nelle pubbliche istituzioni la presenza del sindacato maggiormente rappresentativo risulta favorita ed incentivata: è il caso del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel); di varie commissioni a livello regionale o centrale in materia di occupazione (leggi nn. 675 del 1977, 479 del 1978, 877 del 1973); della commissione di conciliazione presso l’ufficio provinciale del lavoro di cui all’art. 410 c.p.c.. Il ruolo essenziale e privilegiato del sindacato maggiormente rappresentativo si è evidentemente manifestato anche in sede di contrattazione collettiva (v.), ha spesso ricevuto il potere di derogare ad alcune rigidità legislative, assumendo così, anche formalmente, una posizione di interlocutore privilegiato sia nei confronti del potere pubblico che della controparte sindacale (v. ad es. contratti di solidarietà ; contratto di lavoro, sindacato maggiormente rappresentativo a tempo parziale, contratto di formazione e lavoro, contratto di lavoro, sindacato maggiormente rappresentativo a tempo determinato). Nel settore pubblico il privilegio per il sindacato maggiormente rappresentativo anche in sede contrattuale è stato esplicitamente affermato dalla l. quadro n. 93 del 1983, che riconosce un rilievo particolare al sindacato maggiormente rappresentativo a tutti i livelli di contrattazione, con particolare riguardo al sindacato confederale (v. contrattazione collettiva, sindacato maggiormente rappresentativo con le amministrazioni pubbliche). Da ultimo, il d.leg. n. 29 del 1993, e successive modifiche, aveva previsto, all’art. 47, che i criteri per l’individuazione del sindacato maggiormente rappresentativo fossero definiti con un apposito accordo tra il presidente del Consiglio dei ministri o un suo delegato e le confederazioni sindacali individuate secondo i precedenti criteri di derivazione giurisprudenziale e dottrinale, anche tale norma risulta abrigata in seguito all’esito referendario dell’11 giugno 1995.
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