adozione dei maggiorenni: i figli legittimi o riconosciuti o giudizialmente accertati o legittimati sono legati da vincolo di sangue con il loro genitore. Il vincolo di sangue manca, nei figli adottivi, che diventano tali per provvedimento del tribunale. L’adozione può assumere due forme: può essere, in primo luogo, l’adozione di persone di maggiore età , che è stata introdotta dalla riforma del 1983 (l. 4 maggio 1983, n. 184) ed ha preso il posto dell’antica adozione ordinaria, che risulta a questo modo circoscritta all’adozione di maggiorenni. Come l’antica adozione ordinaria ha, fondamentalmente, la funzione di dare un erede a chi non ne ha. Ev consentita a chi, coniugato o no, sia privo di discendenti legittimi o legittimati (art. 291 c.c.). Non è consentito adottare i propri figli naturali (art. 293 c.c.). Occorre il consenso dell’adottato e dei suoi genitori, nonche´ quello del coniuge dell’adottante se questi è sposato. Occorre inoltre che l’adottante abbia compiuto 35 anni e abbia almeno 18 anni più della persona che vuole adottare (artt. 291 ss. c.c.). In ogni caso al tribunale è rimessa una valutazione di merito se l’adozione convenga all’adottando (art. 312 c.c.); e la previsione di una simile valutazione è consigliata dal fatto che, talvolta, l’adozione è preordinata al solo intento dell’adottante di procurarsi gratuitamente, offrendo la prospettiva della successione futura, i servigi dell’adottato. Lo status di figlio adottivo si consegue per provvedimento del tribunale: è questo, per l’art. 313 c.c., che decide di far luogo o non far luogo all’adozione. Il consenso delle parti, che deve essere manifestato personalmente al presidente del tribunale (art. 311 c.c.) e può essere revocato fino a quando il provvedimento non sia stato emanato (art. 298, comma 2o, c.c.), è un presupposto necessario del provvedimento, non la fonte del rapporto. L’adottato resta nella famiglia che era sua prima dell’adozione e vi conserva diritti e doveri (art. 300 c.c.); ma in più assume, rispetto all’adottante, una posizione analoga a quella del figlio legittimo: antepone al suo il cognome dell’adottante; se è stato adottato da due coniugi, aggiunge quello del marito (art. 299 c.c.). Tuttavia, mentre l’adottato, come il figlio legittimo, ha diritti di successione legale verso l’adottante, questi non ha diritti di successione legale verso l’adottato (art. 304 c.c.). Quando la legge parla, genericamente, di figli o, come all’art. 468 c.c., di discendenti, debbono ritenersi compresi anche i figli adottivi, salvo che non risulti una diversa volontà legislativa. L’adozione può essere revocata con provvedimento del tribunale sia, su iniziativa dell’adottato, per indegnità dell’adottante sia, su iniziativa dell’adottato, per indegnità dell’adottante. Rendono indegni l’attentato dell’adottato o dell’adottante alla vita, rispettivamente, dall’adottante o dell’adottato o del loro coniuge, discendenti o ascendenti o la commissione nei loro confronti di un reato punibile con pena non inferiore a tre anni (artt. 305 ss. c.c.). I casi di revoca sono legislativamente considerati come tassativi; il che non toglie che lo stato di figlio adottivo possa venire meno in altri casi, oltre a quelli previsti come causa di revoca, e in particolare nei casi in cui venga giudizialmente accertato un vizio del consenso prestato dall’adottante all’adottato. Qui la sentenza che accerta la mancanza di un valido consenso, ossia di un presupposto necessario all’adozione, fa venire meno ab initio gli effetti dell’adozione.
adozione dei minori: ha preso il posto dell’antica adozione speciale ed ha, come già questa, la diversa funzione di dare una famiglia ai minori che siano in stato di abbandono (v. abbandono, stato di adozione dei minori), come tale dichiarato a seguito del preliminare giudizio di adottabilità . Prescinde, perciò, da requisiti richiesti per l’altra forma di adozione; ma richiede, secondo la sua funzione, che adottanti siano coniugi fisicamente e moralmente idonei ad educare, istruire e mantenere il minore abbandonato. In particolare, è consentita ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, di età non inferiore a diciotto e non superiore a quaranta anni rispetto all’adottato (ossia di età corrispondente a quella che potrebbe essere l’età di genitori di sangue). Si discute sull’adottabilità del figlio naturale di uno dei coniugi; ma la si deve escludere, atteso che il genitore naturale ha già il dovere di provvedere al proprio figlio, e non può addurre lo stato di abbandono del minore che ne è causa. Occorre l’espresso consenso dell’adottando che abbia compiuto quattordici anni, mentre deve essere sentito l’adottando che ne abbia compiuto dodici. Se gli adottanti hanno propri discendenti di età superiore a quattordici anni, questi debbono essere sentiti dal tribunale (artt. 6 ss., l. n. 184 del 1983). L’adozione adozione si svolge in tre fasi: 1) il tribunale dei minorenni dichiara lo stato di adottabilità dei minori che si trovino in stato di abbandono (non dovuto a causa di forza maggiore di carattere transitorio) o perche´ i loro genitori sono ignoti o perche´ , benche´ noti, li lascino privi di assistenza morale e materiale, o perche´ sono minori affidati ad una comunità familiare o ricoverati in una istituzione di assistenza (artt. 8, l. n. 184 del 1983). La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore prescinde dall’assenso dei genitori: costoro debbono essere sentiti; ma non basta, per impedire lo stato di adottabilità , la loro mera dichiarazione di volere provvedere all’assistenza materiale e morale del figlio, se essi non danno affidamento della serietà e concretezza della dichiarazione. Sulla base del medesimo criterio il tribunale può respingere l’opposizione dei genitori alla dichiarazione di adottabilità (art. 17, l. n. 184 del 1983). Un punto fermo, è tuttavia, che non basta la sola mancanza di assistenza materiale, il requisito di legge essendo che si tratti di minori privi di assistenza morale e materiale (art. 8, comma 1o, l. n. 184 del 1983): perciò, lo stato di assoluta indigenza dei genitori non consente la dichiarazione dello stato di adottabilità , se permane un vincolo affettivo che garantisce l’assistenza morale; 2) i coniugi che abbiano i requisiti di legge per l’adozione ne fanno domanda al tribunale dei minorenni, ottenendo l’affidamento preadottivo di un minore dichiarato in stato di adottabilità (artt. 22 ss., l. n. 184 del 1983); 3) dopo un periodo non inferiore ad un anno di affidamento preadottivo, i coniugi ottengono dal tribunale dei minorenni la dichiarazione di adozione (artt. 25 ss., l. n. 184 del 1983). L’adozione spezza, definitivamente, e irreversibilmente, ogni rapporto dell’adottato con la sua famiglia naturale (fatti salvi soltanto gli impedimenti matrimoniali): offre in questo modo agli adottanti la certezza di poter costituire un vincolo affettivo con il minore adottato in nessun caso minacciato da eventuali pretese dei genitori naturali. L’adottato acquista, con effetto che retroagisce alla data dell’affidamento preadottivo, lo stato di figlio legittimo degli adottanti, assume il cognome del padre adottivo, diventa parente degli ascendenti e dei discendenti degli adottanti (ma non dei loro collaterali) ed assume la medesima posizione successoria dei figli di sangue, sia come erede sia come ereditando (art. 27, l. n. 184 del 1983). Qualsiasi attestazione di stato civile deve escludere ogni riferimento alla paternità e alla maternità di sangue dell’adottato; e lo stesso rapporto di adozione deve restare occulto, essendo vietato all’ufficiale di stato civile, salvo autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria, di fornire notizie dalle quali possa comunque risultare il rapporto di adozione.
adozione dei minori stranieri: la riforma del 1983 ha regolato l’adozione, circondandola di particolari cautele, dirette ad accertare che l’ingresso in Italia del minore da adottare risponda a motivi di esclusivo interesse del minore. In particolare, i coniugi che intendono adottare un minore straniero debbono ottenere dal tribunale la dichiarazione di idoneità all’adozione, attestante il possesso dei requisiti per l’adozione; il minore straniero non può essere introdotto in Italia a scopo di adozione se l’autorità del suo paese non aveva assunto un provvedimento di affidamento preadottivo o altro provvedimento di tutela del minore che non appaia contrario ai nostri principi fondamentali sul diritto di famiglia e dei minori o, in mancanza di ciò , se non vi è il nullaosta del ministro degli esteri (artt. 29 ss., l. n. 184 del 1983).
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