jus ad bellum: v. guerra.
jus cogens: insieme di norme consuetudinarie non scritte che si presentano tendenzialmente cogenti o inderogabili dalle norme internazionali scritte di secondo livello rappresentate dai trattati internazionali. Vedono predominare l’elemento della opinio iuris nella loro struttura, in quanto sono fortemente volute dalla coscienza della Comunità internazionale, toccando principi fondamentali o informatori dell’ordinamento internazionale stesso. La Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969, sul diritto dei trattati, all’art. 53, dopo avere definito norma cogente quella norma imperativa dell’ordinamento internazionale accettata e riconosciuta dalla Comunità internazionale degli Stati nel suo insieme alla quale non è consentita alcuna deroga e che può essere modificata unicamente da una nuova norma di diritto internazionale generale avente la stessa natura, dispone che un trattato posto in essere in violazione di una norma di tale tipo è nullo. Tale nullità opererà altresì rispetto ad un trattato già esistente che si trovi a confliggere con una nuova norma imperativa sopravvenuta. Ai fini della individuazione delle norme di tale portata occorre fare riferimento all’art. 103 della Carta Onu che sancisce la superiorità degli obblighi assunti con la Carta stessa rispetto a qualsiasi altro obbligo convenzionale degli Stati membri. Analizzando i diversi settori di competenza della Organizzazione delle N.U. è possibile individuare l’esistenza di una o più norme cogenti rispetto a ciascuno di tali ambiti di competenze: il divieto dell’uso della forza, nel settore del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali; il rispetto della dignità umana, nel settore della tutela dei diritti dell’uomo; il principio dell’autodeterminazione dei popoli, nel settore della decolonizzazione; il divieto di porre in essere comportamenti che pregiudichino irrimediabilmente le economie di altri Stati, in specie di quelli in via di sviluppo, nel settore della cooperazione in materia economica e sociale.
jus gentium: nozione tratta dalla scienza romanistica per designare norme comuni adottate o seguite presso tutte le genti (una sorta di diritto privato uniforme) che potevano avere come contenuto anche regole relative ai comportamenti dei reges o dei principes superiorem non recognoscentes. Chiarificatore del concetto, ai fini del diritto internazionale, è il pensiero di De Vittoria che precisa il requisito della sovranità degli Stati come soggetti dello jus jus. V. anche diritto, jus internazionale pubblico; diritto, jus naturale.
jus in bello: complesso delle norme del diritto internazionale bellico di carattere consuetudinario che disciplinano la condotta delle operazioni durante un conflitto armato internazionale. Ha ricevuto un’ampia codificazione già a partire dalla metà del secolo XIX, soprattutto con le due Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907, proseguita nel corso del secolo XX, con le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e da ultimo con il Protocollo addizionale del 1977. La guerra terrestre, marittima ed aerea sono disciplinate da un corpo di regole distinto per ciascuno dei tre settori, pur essendo possibile individuare dei principi comuni ad essi. V. anche guerra.
jus loci: modo di acquisto della cittadinanza, sulla base della residenza del soggetto su un determinato territorio per un determinato periodo di tempo, e, comunque, chi nasce sul territorio dello Stato. V. anche cittadinanza.
jus representationis omnimodae: potere del Capo dello Stato o del Sovrano di manifestare la volontà definitiva dello Stato all’esterno, all’atto della stipulazione di un trattato internazionale. Come per le competenze di altri organi statali, non si presume in diritto internazionale. All’epoca attuale, tale potere del Capo dello Stato in campo internazionale ha un significato soprattutto formale ed attiene più alla dichiarazione che alla formazione della volontà dello Stato. V. anche competenza internazionale, jus a stipulare i trattati internazionali.
jus sanguinis: modo di acquisto della cittadinanza sulla base della discendenza, cioè a dire del c.d. diritto di sangue. Per l’ordinamento italiano, è cittadino italiano il figlio, anche adottivo, di padre o di madre aventi cittadinanza italiana. V. anche cittadinanza.
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