L’art. 640 c.p. punisce chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a se´ o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. La condotta criminosa è finalizzata ad aggredire il patrimonio del truffato con l’aiuto dello stesso, che indotto in errore dispone a favore di terzi autodanneggiandosi. Ed ecco che sorge il dubbio su quello che potrebbe essere l’interesse tutelato dalla norma: il patrimonio o la libertà del consenso, della buona fede? La collocazione nel capo II del titolo XIII del c.p., sotto la rubrica delitti contro il patrimonio mediante frode, evidenza come il bene giuridico tutelato sia il patrimonio; tutelato da quelle aggressioni psicologiche che sono destinate a forzare la libertà di consenso e la disposizione dello stesso. L’aggressione che il truffato subisce è a differenza degli altri casi (furto, rapina ecc.) un’aggressione meramente psicologica che con gli artifici e i raggiri sconfigge le blande resistenze dell’uomo in buona fede. Ecco perche´ a volte vi è una paradossale ammirazione per le truffe più geniali. La truffa è un reato a forma vincolata (artifici o raggiri, induzione in errore, atto dispositivo, danno patrimoniale e profitto ingiusto) anche se da tempo si assiste ad uno scollamento degli elementi nodali costituenti la condotta incriminata. L’interpretazione sillogistica della norma in esame rispecchia una vera e propria catena di fasi da cui è arduo prescindere ai fini della contestazione di una condotta truffaldina. A differenza del codice Zanardelli l’attuale norma non prevede che gli artifici e i raggiri siano atti ad ingannare o a sorprendere l’altrui buona fede, ma al contrario risulta sufficiente accertare la concreta induzione in errore della vittima a seguito di artifici o raggiri sia pure grossolani. Ev questo, forse, un primo elemento di scollamento della richiesta condotta tipica a forma vincolata. Occorre che gli artifici e i raggiri abbiano, come del resto lo impone la norma, un ruolo determinante ai fini dell’induzione in errore; non è infatti sufficiente ai fini della configurazione del reato una qualsiasi condotta che comunque provochi l’inganno. L’artificio è comunemente definito come una alterazione della realtà ; il raggiro come una falsa rappresentazione a parole tale da ingenerare un falso convincimento, o anche come un avvolgimento ingegnoso di parole. Si discute in dottrina se il silenzio, la reticenza o comunque un comportamento omissivo siano strumenti idonei di inganno; al contrario è pacifica in giurisprudenza la rilevanza penale del silenzio o della reticenza purche´ sussista, su determinate circostanze, la violazione di uno specifico obbligo giuridico di comunicarle alla parte interessata (ad es. è il caso del presidente di una società sportiva che nella vendita di un atleta ha taciuto le precarie condizioni di salute). L’induzione in errore, risultato dell’attività realizzata mediante gli artifici e i raggiri, finalizzata a fornire una falsa e distorta rappresentazione della realtà e ad inquinare di conseguenza il libero processo di formazione della volontà , si differenzia dall’ignoranza pura che al contrario è una non realtà . Tuttavia nella prassi questa differenza è attenuata da una interpretazione estensiva del concetto di errore tale da includere alcune ipotesi di ignoranza. Oltre alla causazione del danno (patrimoniale) la truffa presuppone il conseguimento dell’ingiusto profitto, che a differenza del primo può non avere carattere economico, potendo consistere anche nel soddisfacimento di qualsiasi interesse, sia pure soltanto psicologico o morale. L’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, in quanto il profitto dell’agente e il danno della vittima non sono gli scopi a cui l’azione deve tendere, ma occorre al contrario che la coscienza e la volontà dell’agente abbracci tutti gli elementi costitutivi della fattispecie. Il tentativo è ipotizzabile ogni qualvolta l’idoneità ex ante degli artifici e dei raggiri non sfoci negli eventi finali. Ev previsto per questo primo comma dell’art. 640 la procedibilità a querela di parte. Circostanze aggravanti: la truffa è aggravata se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare e se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell’autorità . In presenza di queste due aggravanti la procedibiltà è d’ufficio.
truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: l’esigenza di tutelare maggiormente le risorse pubbliche ha spinto il legislatore a creare questa nuova figura criminosa (art. 640 bis c.p.) che si realizza quando oggetto della frode sono contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre agevolazioni dello stesso tipo concessi dallo Stato, da altri enti pubblici o dalla Comunità europea. La procedibilità è d’ufficio.
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