divieti di intermediazione e interposizione: la fattispecie esclusa è quella di una presenza fittizia di un soggetto terzo (intermediario o interposto), il quale figura come apparente datore di lavoro, con lo scopo (comune a lui e al vero datore di lavoro) di esonerare quest’ultimo da ogni responsabilità giuridica ed economica relativa a forza lavoro direttamente occupata. In tal modo, mediante la dislocazione fuori dall’impresa e l’affidamento a terzi di parti integranti del ciclo produttivo, una percentuale dei rischi connessi alla gestione dell’impresa viene scaricata sull’intermediario o interposto. Uno specifico divieto di intermediazione e interposizione è previsto dal c.c. per il lavoro a cottimo (art. 2127 c.c.). Tuttavia i primi tentativi legislativi per contenere e regolarizzare il fenomeno del decentramento si sono avuti solo con la l. n. 264 del 1958 sul lavoro a domicilio (v.) e con l. n. 230 del 1962 sul contratto di lavoro a tempo determinato (v. contratto di lavoro, intermediazione e interposizione a tempo determinato). Espressione più compiuta ed emblematica di tutta la legislazione di quegli anni in materia può essere considerata la l. n. 1369 del 1960. Ai sensi dell’art. 1 di tale legge, viene vietato ad una impresa, ad una azienda dello Stato, ad un ente pubblico, in primo luogo di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante l’impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o dall’intermediario, qualunque sia la natura dell’opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono (comma 1o). In secondo luogo, più specificatamente, agli stessi soggetti è interdetto affidare ad intermediari, siano questi dipendenti, terzi o società anche se cooperative, lavori da eseguire a cottimo da prestatori di opere assunti e retribuiti da tali intermediari (comma 2o). Si tratta di un divieto molto ampio la cui violazione è sanzionata sia sul piano civile, ove è previsto che, eliminato l’interposto o l’intermediario, i lavoratori siano considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazione; sia sul piano penale. Il disposto è ispirato all’esigenza di evitare che lo schema giuridico del contratto di appalto possa essere utilizzato per eludere, nel contesto di un decentramento produttivo, l’applicazione di norme inderogabili poste a tutela del lavoratore. Pertanto, sussistono delle ipotesi in cui gli appalti di opere o di servizi sono leciti pur se assoggettati ad una speciale disciplina. L’art. 3 della l. n. 1369 del 1960 in proposito dispone che gli imprenditori che appaltano opere e servizi, compresi i lavori di facchinaggio, pulizie o di manutenzione ordinaria degli impianti, da eseguirsi all’interno delle aziende con organizzazione e gestione propria dell’appaltatore, sono tenuti in solido con quest’ultimo a corrispondere ai lavoratori da esso dipendenti un trattamento normativo, non inferiori a quelli spettanti ai lavoratori da loro dipendenti. Debitrici solidali vengono quindi costituite di fronte ai lavoratori interessati ambedue le parti del contratto di appalto. La responsabilità solidale permane finche´ dura l’esecuzione dell’appalto e fino ad un anno dopo la data di cessazione dello stesso (art. 4). Decorso l’anno, resterà comunque applicabile a favore dei dipendenti dell’appaltatore, l’art. 1676 c.c.: è loro concessa azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, ma solo fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda. Ev da ricordare inoltre che si tratta di una responsabilità solidale che riguarda anche l’adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalle leggi di previdenza ed assistenza (art. 3, ult. comma). A questa disciplina la l. n. 1369 del 1960 pone alcune eccezioni. L’art. 5 infatti esclude dalla regola dell’omogeneità di trattamento gli appalti per costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti; quelli per installazione o montaggio di impianti e macchinari; i lavori di manutenzione straordinaria, i trasporti esterni da e per lo stabilimento; gli appalti che si riferiscono a particolari attività produttive, le quali richiedono, in più fasi successive di lavorazione, l’impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell’impresa, sempre che tale impiego non abbia carattere continuativo; prestazioni saltuarie ed occasionali, di breve durata, non ricorrenti abitualmente nel ciclo produttivo e nell’organizzazione dell’impresa (in questo caso, l’esclusione della solidarietà avviene previa autorizzazione del competente Ispettorato del lavoro); gli stessi appalti per l’esecuzione dei lavori di facchinaggio, pulizia e manutenzione ordinaria degli impianti quando siano conclusi con imprese che impiegano personale dipendente presso più imprese contemporaneamente (anche qui sempre previa autorizzazione dell’Ispettorato); gli appalti per la gestione dei posti telefonici pubblici. In tutti questi casi rimane comunque ferma la diversa e minore tutela accordata agli ausiliari dell’appaltatore dell’art. 1676 c.c. sopra richiamato.
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