insegnamento della religione cattolica: la Costituzione italiana pone norme generali (artt. 33, commi 3o e 4o) a garanzia del diritto di enti e privati di istituire scuole per esercitare l’attività di insegnamento. Gli artt. 9 e 10 dell’Accordo 18 febbraio 1984 (l. n. 121 del 1985), oltre agli artt. 5 e 6 del Protocollo Add., hanno aggiornato la materia già disciplinata dal Concordato del ‘29 (artt. 35, 36 – 40), garantendo l’insegnamento insegnamento nelle scuole pubbliche non universitarie e la libertà della Chiesa di costituire e gestire propri istituti di insegnamento, escluso qualsiasi tipo di intervento dell’autorità scolastica italiana. A livello di insegnamento universitario, lo Stato riconosce le lauree in teologia ed i diplomi rilasciati da istituti pontifici. Riguardo alle confessioni religiose di minoranza con le quali lo Stato ha concluso intese, la legge dispone il riconoscimento e le modalità di esercizio della libertà di istruzione, nonche´ il riconoscimento dell’esercizio dell’insegnamento di religione nella scuola pubblica (l. n. 449 del 1988 artt. 9, 10 e 15 della Tavola Valdese; l. n. 516 del 1988 art. 10 per le Chiese Avventiste; l. n. 517 del 1988 art. 9 per la ADI; l. n. 101 del 1989 art. 11, comma 4o, per le Comunità ebraiche), ed anche il riconoscimento delle lauree e diplomi rilasciati da tali confessioni religiose. L’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche potrebbe comportare una illegittima costrizione verso chi non crede: è stata a ciò disposta la facoltà di scelta da esercitarsi personalmente dall’interessato, sull’avvalersi o meno dell’insegnamento insegnamento.
libertà della chiesa nell’insegnamento: la Costituzione italiana sancisce il principio della insegnamento insegnamento, riconoscendo il diritto ad enti e privati di istituire scuole ed istituti di educazione, comprese istituzioni di alta cultura, università ed accademie, assicurando loro piena libertà nella funzione di insegnamento (art. 33 Cost). L’insegnamento religioso è per la Chiesa un’attività necessaria e indispensabile, dato che, se ogni uomo è tenuto a conoscere i rudimenti della religione e della morale, a questa conoscenza non può giungere per proprio conto, ma attraverso una guida qualificata. In questa opera la Chiesa, oltre ad affermare un proprio munus docendi, pretende di agire in condizione di indipendenza da qualsiasi potestà terrena, sia circa i mezzi necessari per svolgerla, sia circa i fini (can. 747). La insegnamento insegnamento comporta anche il riconoscimento alla Chiesa, del diritto di aprire scuole di qualsiasi tipo: elementari, medie e superiori (can. 801 ss. e per gli istituti di studi superiori, can. 812), nonche´ istituti universitari, seminari, accademie e collegi (art. 10 Accordo 18 febbraio 1984 e can. 232; can. 807 ss.). Lo Stato, riconosce dunque alla Chiesa cattolica, in conformità al principio costituzionale della libertà delle scuole e di insegnamento, il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione (art. 9.1 Accordo 18 febbraio 1984), e prevede l’insegnamento della religione cattolica anche nelle scuole pubbliche, sulla base del riconoscimento del valore culturale della religione cattolica, quale parte del patrimonio storico del popolo italiano (art. 9.2). L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche è comunque condizionato e sottoposto al rispetto della libertà di coscienza degli alunni (art. 5 Prot. Add. 18 febbraio 1984). In tema di insegnamento della religione nelle scuole pubbliche esiste un’ampia legislazione basata sulla cooperazione delle due autorità , Stato e Chiesa, in rispetto dell’ortodossia dell’insegnamento su vari livelli: determinazione dei programmi, modalità organizzative dell’insegnamento, criteri per la scelta dei libri, requisiti di qualificazione professionale degli insegnanti (cfr. d.p.r. 16 dicembre 1985, n. 751; d.p.r. 24 giugno 1986, n. 539; d.p.r. 8 maggio 1987, n. 204; d.p.r. 21 luglio 1987, n. 339; d.p.r. 21 luglio 1987, n. 350). Sulla dottrina della Chiesa, cfr. Gaudium et Spes, cap. I n. 19, 20 e 21.
libertà di insegnamento: la insegnamento insegnamento, riconosciuta all’art. 33 Cost., tutela anzitutto l’autonomia del docente nell’esercizio delle funzioni didattiche e di ricerca scientifica (v. ricerca scientifica, libertà di insegnamento) contro qualsiasi forma di condizionamento ideologico da parte dei pubblici poteri. Il docente è libero di comunicare le proprie idee, di esporre le proprie tesi o teorie, secondo il metodo che ritiene opportuno, ai discenti, nel rispetto della libertà di opinione di questi ultimi e sviluppandone il senso critico. Il principio della insegnamento insegnamento deve trovare piena applicazione nella scuola pubblica di ogni ordine e grado, mentre ha una efficacia marginale nelle scuole confessionali o ideologicamente caratterizzate. La insegnamento insegnamento può incontrare in quest’ultimo caso dei limiti necessari per la realizzazione delle finalità proprie di tali scuole, costituzionalmente giustificati in base alla libertà , riconosciuta a chi gestisca scuole private, di dare loro un indirizzo ideologico o confessionale (c.d. pluralismo scolastico: art. 33, 3o comma, Cost.). La libertà del docente viene limitata, ma non violata, in quanto questi è libero di aderire alle particolari finalità della scuola e di recedere dal rapporto ove non condivida più tali finalità . Eccezione particolare al principio della insegnamento insegnamento è quella prevista per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, in quanto gli insegnanti devono essere ritenuti idonei dall’autorità ecclesiastica; sono necessarie, inoltre, intese con la Conferenza episcopale italiana per la determinazione dei programmi, delle modalità organizzative e dei criteri per la scelta dei libri di testo.
insegnamento religioso dei culti acattolici: in applicazione del dettato disposto ex art. 8, comma 1o, Cost., circa il riconoscimento della pari condizione di libertà delle confessioni religiose di minoranza, l’insegnamento è stato oggetto di disciplina nelle Intese che lo Stato ha stipulato partitamente con la Tavola Valdese, le Chiese Avventiste, l’ADI e le Comunità ebraiche. Con ciò lo Stato riconosce nella religione, in rapporto alla libertà della scuola e dell’esercizio dell’insegnamento, una disciplina di rilievo pari alle altre, in quanto inserita nell’ambito delle attività culturali e di studio previste dall’ordinamento scolastico. Alle confessioni religiose di minoranza è inoltre riconosciuto il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado ed istituti di educazione, senza che ciò comporti alcun pregiudizio al trattamento scolastico da riservare agli alunni che le frequentano, in confronto agli studenti di scuole statali. L’Intesa con la Tavola Valdese delega alla famiglie e alla Chiese l’insegnamento, escludendone lo Stato. Tale confessione ha ottenuto il riconoscimento del diritto dell’insegnamento religioso, inteso come catechesi o dottrina religiosa o pratiche di culto, garantendo nel contempo agli alunni delle scuole gestite dallo Stato o da altri enti pubblici il diritto di non avvalersene, al fine di garantire la libertà di coscienza dei singoli (artt. 9 e 10 l. n. 449 del 1984). Tutte le recenti Intese tra le confessioni religiose e lo Stato sono ispirate al principio dell’apporto culturale proprio della singola confessione, qualora l’insegnamento della religione sia impartito nella scuola pubblica. Si è così ottenuto il riconoscimento della libertà di insegnamento ed un impegno che non importa obblighi finanziari dello Stato per le spese di insegnamento. Queste rimangono a carico degli organi confessionali direttamente interessati (cfr. art. 10 l. n. 516 del 1988, per le Chiese Avventiste; art. 9 l. n. 517 del 1988, per le ADI; art. 11, comma 4o, l. n. 101 del 1989, per le Comunità ebraiche).
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