Veri e propri fondi pensionistici costituiti dal datore di lavoro e operanti su base mutualistica a livello aziendale, interaziendale o di categoria, rappresentano uno degli strumenti più efficaci di integrazione del sistema previdenziale pubblico (v. atti volontari di previdenza). Possono essere ricondotti a due figure fondamentali: quella in cui il fondo viene a configurarsi solo come patrimonio separato nell’ambito del totale patrimonio aziendale; quella invece in cui il fondo si configura come un soggetto autonomo. Nella prima ipotesi, cioè quando il fondo costituisce soltanto il patrimonio separato ma senza arrivare ad una distinta soggettività , si determina a fini previdenziali. L’art. 2117 c.c. a tal proposito ha stabilito il divieto di distrarre i fondi dal fine al quale sono destinati nonche´ il divieto di assoggettarli a esecuzione forzata da parte dei creditori dell’imprenditore o del prestatore di lavoro. Nella seconda ipotesi, invece, (che è senz’altro quella più rilevante) il fondo assume in genere la forma della associazione non riconosciuta (v.) (artt. 36, 37, 38 c.c.) anche se potrebbero essere utilizzate pure altre forme. In ambedue i casi, comunque, la distribuzione degli oneri economici necessari per alimentare i fondi di previdenza e assistenza è rimessa ai soggetti che prendono parte a queste esperienze previdenziali. La formula più diffusa è quella che vede tali oneri distribuiti (anche se in misure diverse) fra i lavoratori e datori di lavoro; in questa particolare fattispecie, cioè qualora i fondi di previdenza e assistenza siano formati con il contributo dei prestatori di lavoro, al momento della cessazione del contratto matura in capo a tali lavoratori il diritto alla liquidazione della propria quota (art. 2123, comma 2o, c.c.). La contribuzione però può essere a carico del solo dipendente o della sola azienda. Una volta realizzatesi le condizioni stabilite dagli atti regolanti i fondi, l’interesse degli iscritti alle prestazioni viene a configurare un vero e proprio diritto soggettivo. La tutela di tale diritto può avvenire nelle forme del processo di lavoro (l. n. 533 del 1973): per le controversie relative alla inosservanza degli obblighi di assistenza e previdenza derivanti dai contratti e accordi collettivi si osservano le disposizioni di cui al capo I del titolo IV del c.p.c. ossia le norme relative alle controversie individuali di lavoro (art. 442 c.p.c.).
tipologia dei fondi di previdenza e assistenza: nella situazione italiana si possono distinguere due tipologie: fondi aggiuntivi e fondi integrativi. I fondo aggiuntivi sono fondi che forniscono una prestazione in aggiunta e indipendente dal regime obbligatorio. La prestazione, non definita nella sua identità, è in funzione dell’andamento del fondo. La contribuzione, invece, viene fissata in percentuale sulla retribuzione del dipendente, (la retribuzione, presa a parametro è solitamente quella usata dall’Inps per il trattamento pensionistico, salvo accordo diverso delle parti). I fondo integrativi, invece, forniscono una integrazione alla pensione obbligatoria (normalmente quella dell’Inps, ma può essere anche di altro tipo). La pensione obbligatoria funge da parametro di riferimento. Nel nostro sistema pensionistico, esistono altri tre tipi di fondi di previdenza e assistenza caratterizzati da un regime alternativo all’assicurazione generale obbligatoria. I fondi esclusivi derivano la propria origine dalla volontà legislativa di sottrarre all’obbligo di iscrizione al regime generale alcune categorie di soggetti a causa delle particolari caratteristiche tipiche del pubblico datore di lavoro. I fondi sostitutivi sono legati all’esigenza di garantire una prestazione più adeguata a determinate categorie professionali (ad es. giornalisti). I fondi esonerativi, infine, sono fondi presenti prevalentemente nel settore creditizio.
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