falsificazione di biglietti di pubbliche imprese di trasporto: per ricavare una esatta nozione del termine strada ferrata contenuto nell’art. 462 in esame la dottrina è solita riferirsi all’art. 431, ult. comma, per il quale in esso devono ritenersi correttamente ricomprese oltre le ordinarie strade ferrate, ogni altra strada con rotaie metalliche sulla quale circolino veicoli mossi dal vapore, dall’elettricità o da ogni altro mezzo di trazione meccanica. Devono invece ritenersi pubbliche imprese di trasporto quelle che, non utilizzando strade ferrate, sono esercitate non solamente dallo Stato o da un altro ente pubblico, ma anche da un concessionario di pubblico servizio. Secondo la più comune interpretazione, rientrano nella norma in esame anche i biglietti di accesso alla stazione o quelli adibiti alla spedizione o deposito di bagagli o merci. Per la condotta e l’elemento soggettivo ci si riferisce alla disciplina dell’art. 453 cui pertanto si rinvia. C’è ancora da rilevare che secondo l’opinione della giurisprudenza dominante il delitto è già perfetto con l’avvenuta falsificazione del biglietto, onde se il falsificatore ne fa anche uso ci si troverà in presenza degli estremi del reato di truffa.
falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di
monete falsificate: in generale si ritiene che il capo I del titolo VII di cui fa parte la fattispecie in esame, sia volto a tutelare l’affidamento sociale riposto sulla genuinità e integrità dei contrassegni e della sostanza che ne costituiscono il valore reale. Con particolare riferimento all’art. 453 c.p. alcuni autori rinvengono inoltre come interesse tutelato anche la protezione degli interessi finanziari e patrimoniali degli enti autorizzati all’emissione. Osservando il tenore letterale nella norma si individuano distinte ipotesi di fattispecie punibili: in particolare la contraffazione (art. 453 n. 1) consiste nella fabbricazione di monete o carte di pubblico credito da parte di chi non appaia legalmente autorizzato, idonea a farle apparire genuine e perciò a trarre in inganno il pubblico: come affermato in dottrina, per poter essere punibile la condotta in oggetto non deve rivestire carattere di tale grossolanità da non poter ingannare nessuna persona di comune esperienza. Ai fini della consumazione non è necessario che la moneta o la carta di pubblico credito sia anche usata, bastando la semplice contraffazione. In base al n. 2 dell’art. 453 alterare significa modificare le caratteristiche formali o sostanziali della moneta tramite le più diverse operazioni, per darle l’apparenza di un valore nominale superiore. La consumazione coincide chiaramente con l’avvenuta alterazione. Il n. 3 dell’art. 453 punisce invece la introduzione, ossia la condotta di chi fa giungere nel territorio dello Stato (comprendente anche le acque e lo spazio aereo territoriali) monete contraffatte o alterate provenienti da uno Stato estero in cui è avvenuta la falsificazione. Secondo la più seguita opinione giurisprudenziale la provata esistenza del concerto tra falsificatore e spenditore di cui al n. 3 in commento, è il criterio più idoneo per differenziare nettamente l’ipotesi criminosa prevista dall’art. 453 rispetto a quella meno grave prevista dall’art. 455. Costante giurisprudenza è nel senso di ritenere che per la configurabilità del concerto in esame non sia necessaria una organizzazione o associazione specifica, ma sia sufficiente un rapporto qualsiasi, anche solo mediato, tra falsificatori e importatori o spenditori. Il reato si consuma anche se la moneta introdotta non sia in possesso del destinatario. Ai sensi del n. 4 dell’art. 453 acquistare significa ottenere le monete falsificate tramite un negozio giuridico corrispondente a una compravendita; ricevere significa al contrario rendersi destinatari di monete falsificate tramite un trasferimento diverso dalla compravendita. Il fine necessario per far assumere rilevanza penale a questi due comportamenti è quello di mettere in circolazione le monete falsificate. Nelle altre ipotesi delittuose è peraltro sufficiente il dolo generico. Per intermediario la giurisprudenza solitamente intende colui che, inserendosi in una catena di trapassi, consente di attingere alla sorgente della falsificazione. Spendere o mettere in circolazione monete falsificate significa, rispettivamente, farne uso come mezzo di pagamento e farle uscire a qualunque titolo dalla sfera di custodia del detentore. Peraltro, entrambe le ipotesi richiedono necessariamente la accettazione della moneta falsificata da parte del terzo. Queste due condotte sono poi diversamente punite a seconda che siano realizzate con o senza il concerto nel senso sopra precisato (artt. 453 n. 3 e 455). Il tentativo secondo la comune opinione è configurabile in tutte le ipotesi delittuose previste. L’art. 463 prevede una causa speciale di non punibilità consistente in una sorta di pentimento operoso cui la legge eccezionalmente attribuisce efficacia esimente: la ratio è comunemente individuata nell’avere il colpevole eliminato lo stato di pericolo instauratosi con il reato da lui medesimo commesso, evitando così altri danni o aggravamenti di pericolo.
falsificazione o alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o
conversazioni telegrafiche o telefoniche: secondo l’opinione dominante la fattispecie prevista dall’art. 617 ter è posta a tutela della sicurezza, genuinità e veridicità delle comunicazioni telegrafiche, delle conversazioni telefoniche ovvero, in base al disposto dell’art. 623 bis, di ogni altra trasmissione di suoni, immagini o dati, effettuata su filo o con onde guidate. Si tratta di una norma di chiusura posta dal legislatore per completare l’ambito di tutela già apprestato dagli artt. 617 e 617 bis. Nella condotta del reato de qua sono previsti due distinti tipi di fatto: la creazione di un testo totalmente o parzialmente falso e la alterazione o soppressione del contenuto di una comunicazione. Non ha rilevanza l’occasionalità o meno dell’intercettazione ma il momento in cui del testo non genuino si faccia uso: è infatti solo con l’utilizzazione del testo falsificato o alterato che scatta la punibilità . Peraltro, è del tutto indifferente che ad agire sia lo stesso autore del reato o altri soggetti col suo consenso. In riferimento alla particolare ipotesi di uso della comunicazione soppressa si è evidenziato in dottrina che questo può ad esempio concretizzarsi nello sfruttamento della mancata ricezione del dato di conoscenza che formava oggetto del messaggio eliminato. Si è ancora sottolineato che la punibilità risulterebbe esclusa oltre che dal non uso del testo alterato, anche dall’assoluta grossolanità della falsificazione effettuata. Il dolo, così come si ricava dal tenore letterale della norma, è senza dubbio specifico, essendo necessario che l’agente abbia agito allo scopo di procurare a se´ o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno.
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