Ev convivente di fatto colui che convive con un’altra persona, senza essere a questa unito da un vincolo matrimoniale. I rapporti tra conviventi di fatto, hanno, nel nostro diritto, limitata rilevanza: fra i conviventi di fatto non esistono, come esistono fra i coniugi, i diritti e i doveri reciproci alla coabitazione, all’assistenza materiale e morale, alla fedeltà (v. coniugi, diritti e doveri dei convivente). Il suo carattere di unione libera fa sì che, in ogni momento ed a propria discrezione, ciascuno dei conviventi possa interrompere il rapporto. La reciproca assistenza materiale non è oggetto di una obbligazione civile, ma, secondo la qualificazione che ne dà la giurisprudenza, di una obbligazione naturale (v. obbligazioni, convivente naturali), con la conseguenza giuridicamente rilevante che non è ammessa la ripetizione di indebito. Diversa è però l’ipotesi in cui l’assistenza materiale venga meno per la morte del convivente dovuta al fatto illecito (v. fatti illeciti) di un terzo: al convivente superstite deve essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da parte del terzo. Una indiretta rilevanza è , invece, data dalla giurisprudenza alla relazione more uxorio in materia di diritto all’assistenza materiale: il coniuge divorziato perde il diritto al mantenimento o agli alimenti se, convivendo di fatto con altri, goda dell’assistenza materiale del familiare di fatto. Tra i conviventi non esiste alcun diritto alla successione legittima (v.), salva, naturalmente la facoltà di disporre per testamento (v.) nei limiti della quota disponibile: la legislazione pensionistica attribuisce però il diritto alla pensione di guerra alla convivente del caduto, se la convivenza era durata almeno un anno (da ultima, l. n. 313 del 1968). Ancora: la Corte Costituzionale, dopo averla più volte respinta, ha infine accolto l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 6 della l. n. 392 del 1978 nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale. La Corte si è però studiata di non enunciare la parificazione del convivente al coniuge: l’incongruità della norma dichiarata illegittima sta, secondo la Corte, nel fatto che essa non menziona il convivente, sebbene oggetto di tutela sia non la famiglia nucleare, ne´ quella parentale, ma la convivenza di un aggregato esteso fino a comprendervi estranei, quali gli eredi testamentari. In alcuni paesi si tende ad una equiparazione della convivenza di fatto con il rapporto matrimoniale; e la tendenza appare particolarmente accentuata nei paesi dove, anche se per ragioni diverse, la convivenza di fatto è molto diffusa. Così in Svezia, dove la prevalente opzione delle nuove generazioni per l’unione libera ha indotto il legislatore del ’73 ad attribuire effetti giuridici simili al matrimonio e alla convivenza di fatto, se questa presenta carattere di stabilità o se sono nati figli. Ma così anche nei paesi dell’America latina: là l’accertamento giudiziale della convivenza di fatto o la sua registrazione nei registri dello stato civile produce, con effetto retroattivo dall’inizio della convivenza tutte le conseguenze, anche successorie, del matrimonio. Altri paesi, all’opposto, considerano l’unione di fatto un fenomeno deviante (la Spagna) o, addirittura, un reato (la Svizzera). La convivenza di fatto ha inoltre rilevanza ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento in caso di separazione (v. separazione dei coniugi) personale: se il coniuge separato si è formato una nuova famiglia, l’assegno di mantenimento contempera le esigenze anche di
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