Enciclopedia giuridica

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Miniere

Le miniere appartengono alla categoria dei beni patrimoniali indisponibili(v. beni, miniere patrimoniali indisponibili dello Stato). Il bene pubblico miniera nasce nel momento dell’accertamento amministrativo dell’esistenza del giacimento. Ev errata la comune opinione che intende per miniera l’escavazione sotterranea e per cava quella a cielo aperto. In realtà esistono attività di cava svolte in sotterraneo, mentre spesso attività di miniere sono svolte a cielo aperto, come ad esempio l’estrazione di marne cementifere. Unico criterio valido è quello relativo all’oggetto dell’estrazione e cioè basato sulla natura dei materiali da estrarre. Ev il criterio della l. n. 1443 del 29 luglio 1927, per la quale appartengono alla categoria delle miniere le seguenti sostanze: a) i minerali utilizzabili per l’estrazione di metalli, metalloidi e loro composti, anche se detti minerali siano impiegati direttamente; b) la grafite, i combustibili solidi, liquidi e gassosi, le rocce asfaltiche e bituminose; c) i fosfati, i sali alcalini e magnesiaci, l’allumite, le miche, i feldspati, il caolino e la bentonite, le terre da sbianca, le argille per porcellana e terraglia forte, le terre con grado di refrattarietà superiore a 1630 gradi centigradi; d) le pietre preziose, i granati, il corindone, la bauxite, la leucite, la magnesite, la fluorina, i minerali di bario e di stronzio, il talco, l’asbesto, la marna da cemento, le pietre litografiche; e) le sostanze radioattive, le acque minerali e termali, i vapori e i gas (e sulla disciplina delle risorse geotermiche v. l. 9 dicembre 1986, n. 896). Appartengono alla categoria delle cave e torbiere: a) le torbe; b) i materiali per costruzioni edilizie, stradali e idrauliche; c) le terre coloranti, le farine fossili, il quarzo e le sabbie silicee, le pietre molari, le pietre coti; d) gli altri materiali industrialmente utilizzabili e non compresi nella prima categoria. L’appartenenza di sostanze non indicate nell’elenco di cui sopra è definita, per le miniere, con decreto del Ministro dell’industria e commercio, mentre per le cave e torbiere l’inserimento viene effettuato con provvedimento regionale (art. 62 del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616). Sempre con decreto dell’autorità competente le sostanze comprese nella seconda categoria possono essere incluse nella prima. La ricerca delle sostanze minerali è consentita solo a chi sia munito di permesso del Ministero dell’industria e commercio per i minerali di interesse nazionale; del distretto minerario competente per quelli di interesse locale. Il permesso non può essere accordato per una durata superiore a tre anni, ma può essere prorogato, una volta accertato che siano compiute opere ed ottenuti risultati, e non può essere ceduto senza la preventiva autorizzazione dell’autorità competente. Una volta che la ricerca abbia conseguito esito positivo, lo Stato non assume in proprio l’esercizio dei lavori di coltivazione della miniera, ma la dà in concessione a chi ne faccia richiesta. Il ricercatore è preferito ad ogni altro, purche´ possieda le capacità richieste; ove non ottenga la concessione, ha diritto ad un premio in relazione all’importanza della scoperta, da corrispondersi da parte del concessionario. La ricerca e l’estrazione degli idrocarburi sono regolate da disposizioni particolari: a) in determinate zone (pianura padana e zone limitrofe, compresa una parte del mare Adriatico) è operante la l. 10 febbraio 1953, n. 136, per la quale la ricerca e la coltivazione di giacimenti di idrocarburi allo stato liquido e gassoso, nonche´ la loro distribuzione, sono assegnate in esclusiva all’Eni; b) per le altre zone del territorio italiano la l. 11 gennaio 1957, n. 6, stabilisce che il permesso di ricerca degli idrocarburi può essere concesso a cittadini italiani o a società con sede in Italia. Al ricercatore che abbia rinvenuto idrocarburi può essere attribuita la concessione, la cui durata massima è di trenta anni. Diversa disciplina vale per le cave e per le torbiere, giacimenti di combustibile fossile di basso potere calorifero. Le cave, che pure possono raggiungere notevole rilevanza economica, sono considerate di minore importanza rispetto alle miniere e sono oggetto di una disciplina meno rigorosa. In linea di principio vengono lasciate alla disponibilità del proprietario del suolo, il quale può liberamente provvedere alla loro coltivazione. Ma, se il giacimento riveste importanza per l’economia nazionale e il titolare non provvede al suo sfruttamento, l’amministrazione può stabilire un termine entro il quale il proprietario deve intraprendere i lavori di coltivazione, trascorso inutilmente il quale potrà essere attribuita a terzi la concessione per la coltivazione della cava. Va ricordato che gli artt. 117 e 118 Cost. comprendono le cave e le torbiere tra le materie di competenza legislativa ed amministrativa delle regioni e che, con d.p.r. 24 gennaio 1972, n. 2 (e relativo decreto di attuazione 24 luglio 1977, n. 616), sono state trasferite loro le funzioni che riguardano la sorveglianza sulla utilizzazione delle cave, la sottrazione al proprietario della disponibilità della cava o torbiera e la concessione a terzi nel caso di totale o parziale inutilizzazione del giacimento (art. 1 lett. e del decreto n. 2 del 1972). Al proprietario saranno corrisposti il valore degli impianti, quello del materiale estratto, ma nessun indennizzo per la sottrazione della cava o torbiera, che è già bene del patrimonio indisponibile della regione. Fra miniere e cave c’è , dunque, questa differenza: in considerazione dell’interesse pubblico che entrambe le specie di beni rivestono, lo Stato si è riservato la proprietà e, con essa, il potere di concedere la coltivazione; ma per le miniere questo potere viene esercitato dopo la scoperta, mentre per le cave viene differito al momento in cui sia accertato che il proprietario del suolo non dà al bene la destinazione di utilità collettiva che è ad esso assegnata. Alla scoperta e al ritrovamento sono dedicati gli artt. 43 – 50 della citata l. n. 1089 del 1939: è previsto anzitutto il potere del Ministero dei beni culturali di eseguire direttamente le ricerche archeologiche ed ogni altra attività per il ritrovamento dei beni d’interesse culturale (art. 43), nonche´ l’acquisto del diritto di proprietà (a titolo originario) in capo allo Stato (art. 44). Ev quindi stabilito che il Ministero può concedere a terzi la ricerca archeologica ed ogni attività destinata al ritrovamento di beni di interesse culturale (art. 45). Anche in questo caso le cose ritrovate sono acquisite immediatamente allo Stato (art. 46). Quando sia lo stesso proprietario del fondo a volere intraprendere attività di ricerca, egli dovrà premunirsi di apposita autorizzazione; e in ogni caso le cose ritrovate apparterranno allo Stato (art. 47). La scoperta fortuita è disciplinata dagli artt. 48 ss.: dopo aver previsto gli obblighi dello scopritore (art. 48), la legge ribadisce che il diritto di proprietà sugli oggetti venuti alla luce è dello Stato, restando escluso qualsiasi diritto al premio per lo scopritore introdottosi abusivamente nel fondo (art. 50). La spettanza dei premi al proprietario, al ritrovatore, allo scopritore è disciplinata dagli artt. 44, 46, commi 2o e 3o, 47, comma 1o, 49, commi 2o e 3o; le indennità dovute al proprietario del fondo sul quale sia stato effettuato il ritrovamento sono regolate dall’art. 43, ult. comma.


Mine sottomarine      |      Minima unità colturale


 
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