Con l’espressione garantismo collettivo si intende descrivere il passaggio dal tradizionale garantismo (statico) individuale, inteso quale attitudine dell’autonomia collettiva ad elaborare soluzioni normative protettive della parte debole del rapporto individuale di lavoro, a forme di regolamentazione collettiva più flessibili (e dinamiche), che, per il sindacato, mirano soprattutto a salvaguardare l’occupazione e a valorizzare le potenzialità di controllo e di gestione collettiva specie in situazioni di crisi o di innovazione del sistema produttivo. Ciò è accaduto, in particolare, quando la contrattazione collettiva (v.) dopo una lunga stagione acquisitiva di condizioni, progressivamente migliorative per i lavoratori, si è espressa non già nei consueti termini di innalzamento degli standards protettivi di origine legislativa, bensì attraverso deroghe in peius a preesistenti discipline poste dal legislatore o dalla medesima autonomia collettiva. Tale gioco delle fonti si è reso necessario in vista del soddisfacimento di esigenze giudicate prioritarie sia dal punto di vista del sistema economicogarantismo collettivoproduttivo (es., riequilibrio delle economie aziendali, flessibilità di gestione, compatibilità del costo del lavoro con i conti giuridici del paese ecc.) sia sotto il profilo della gestione congiunta di evenienze legate a processi di crisi/ristrutturazione aziendale (es., un accordo collettivo aziendale che, al fine di scongiurare il pericolo di una riduzione di personale, autorizza l’imprenditore ad attuare forme di mobilità da posizioni lavorative soppresse a nuove posizioni, resisi disponibili in seguito alla ristrutturazione, in deroga al principio dell’equivalenza delle mansioni (v.). Rispetto a questo nuovo atteggiarsi del garantismo collettivo si pongono, di conseguenza, delicate questioni di ordine tecnicogarantismo collettivogiuridico e di politica sindacale in merito alla legittimità degli atti di disposizione collettiva di diritti individuali. In particolare, per ciò che attiene gli atti collettivi dispositivi di precedenti regolamentazioni, le soluzioni fornite dalla dottrina appaiono differenziate in relazione, preliminarmente, alla natura legislativa ovvero convenzionale della fonte in cui sono previsti determinati diritti e, secondariamente, a seconda che le posizioni soggettive individuali scaturenti dal contratto collettivo siano qualificabili come a) mere aspettative alla maturazione di un diritto o alla conservazione di un certo trattamento economicogarantismo collettivonormativo contemplato dal contratto, ovvero, come b) veri e propri diritti di credito già maturati dal singolo nei confronti della controparte a seguito dello svolgimento della sua prestazione (c.d. diritti quesiti). Quanto alla prima ipotesi, viene generalmente escluso il potere del sindacato di incidere sui diritti scaturenti da fonti di produzione legislativa, sia attraverso una modifica dei regolamenti in esse previste sia attraverso meri atti dispositivi. Qualora, viceversa, si verifichi un contrasto tra regolamentazioni collettive, acquista rilievo l’individuazione dei limiti della disponibilità sindacale in rapporto alla natura delle posizioni soggettive del lavoratore; nel caso indicato sub b la funzione normativa del contratto collettivo (v.) è da considerarsi esaurita con il verificarsi di quelle condizioni di fatto che rendono necessaria una determinata erogazione da parte del datore di lavoro; in merito alle posizioni indicate sub a si ritiene invece che queste possano essere verificate da modifiche del regolamento contrattuale previgente contemplate in un successivo accordo peggiorativo.
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