Teorie elaborate a partire dall’istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato (v. giustizia amministrativa, storia della doppia tutela giurisdizionale) che, in considerazione della diversità di tutela (in ordine ai modi ed all’intensità ) offerta dal giudice amministrativo e dal giudice civile, hanno tentato di dare soluzione al problema dei rapporti fra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria con il ritenere ammissibili, per lo stesso episodio di vita, i due tipi di tutela. Esse sono: a) teoria del petitum. Prima in ordina cronologico, riflette l’originaria incertezza sulla esatta configurazione degli interessi affidati alla tutela del giudice amministrativo e sulla natura giurisdizionale o amministrativa dei giudici amministrativi. Il riparto delle giurisdizioni è effettuato in base alla natura del provvedimento richiesto, indipendentemente dalla situazione soggettiva fatta valere: la giurisdizione è del giudice amministrativo se il ricorrente chiede l’annullamento di un atto amministrativo; è del giudice ordinario se si domanda il riconoscimento del diritto leso e l’eventuale condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno provocato dall’atto illegittimo. La giustificazione dottrinale offerta a questa teoria si fonda sulla configurazione dell’interesse legittimo (v. diritti soggettivi, doppia tutela giurisdizionale e interessi legittimi) come interamente contenuto nel diritto soggettivo. In tal modo, quando si adisce il giudice amministrativo si fa valere il diritto soggettivo come interesse. Il criterio di ripartizione basato sul petitum è stato sconfessato dalla Corte di Cassazione a sezioni unite nel 1891 (caso Laurens) e nel 1897 (caso Trezza) che ha indicato, per la prima volta, il criterio della natura delle situazioni soggettive fatte valere (causa petendi) a tutt’oggi seguito; b) tesi, elaborata per la prima volta dal Guicciardi nel 1931, che individua il criterio di riparto delle giurisdizioni in base al tipo di norme che si assumono violate, siano esse, cioè , norme di azione o norme di relazione. Le prime regolano l’azione amministrativa con riferimento esclusivo all’interesse pubblico e da esse scaturirebbero solo interessi legittimi. Le norme di relazione disciplinano, invece, i rapporti fra l’amministrazione e i terzi e darebbero vita a diritti soggettivi. Se l’amministrazione viola le norme di azione, l’atto amministrativo è illegittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo. Se la violazione ha ad oggetto norme di relazione, l’atto è illecito e la giurisdizione del giudice ordinario. Nulla esclude che l’atto amministrativo possa essere contemporaneamente illegittimo ed illecito e quindi che possa esserci una doppia tutela, concorrente, davanti ai due ordini di giudici. Questa teoria è stata criticata sotto più profili: innanzitutto per la difficile qualificazione delle norme come di azione o di relazione; in secondo luogo, perche´ sembra forzata la stessa distinzione fra i due tipi di norme (l’attività amministrativa è pur sempre relazionale e le norme di relazione sono pure di azione nella misura in cui vincolano l’azione amministrativa); in ultimo, possono configurarsi risultati paradossali se, ad esempio, si ritiene ammissibile l’esistenza di un atto amministrativo lecito ma illegittimo. Rientra nelle teorie della doppia tutela la teoria della prospettazione. (Midena).
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