Va premesso che nel diritto positivo non esiste una definizione giuridica di elusione fiscale poiche´ quando quest’ultima acquista rilevanza nel mondo giuridico, essa cessa di essere tale, per assumere i connotati e la fisionomia dell’evasione fiscale (v.). Comunque con il termine elusione fiscale si indica sinteticamente l’insieme delle tecniche che, nel rispetto formale della normativa, permette un aggiramento delle norme fiscali. L’elusione fiscale si realizza attraverso il perfezionamento di fattispecie, tipi contrattuali o architetture negoziali, più o meno complesse, aventi il solo o il principale scopo di ridurre l’onere fiscale. Peraltro anche come categoria logica la nozione di elusione fiscale presenta tratti notevolmente sfuggenti; appare quindi importante chiarire sotto quali profili si può normalmente parlare del fenomeno elusione piuttosto che cercarne una sicura definizione. La presenza del principio di riserva di legge (v.) in materia tributaria (art. 23 Cost.) ed il divieto dell’interpretazione analogica delle norme tributarie, impedisce che il contenimento delle operazioni elusive sia realizzato attraverso l’interpretazione della norma in considerazione dei suoi effetti economici, piuttosto che in base ad una interpretazione restrittiva del dettato letterale (interpretazione di tipo formalistico). In altri ordinamenti, invece, prevale un’interpretazione di tipo sostanzialistico in base alla quale si ritiene che una certa operazione deve essere considerata nella sua unità funzionale e non suddivisa in diverse fasi separate, ognuna delle quali, isolatamente, potrebbe non integrare alcuna fattispecie impositiva. Peraltro l’ordinamento italiano, pur non conoscendo una definizione di elusione fiscale ed una norma antielusione fiscaleelusiva a carattere generale, contiene varie norme a carattere settoriale. Fra queste possiamo segnalare l’art. 10 della l. 29 dicembre 1990, n. 408, modificato dalla l. 23 dicembre 1994, n. 724, che introduce nel nostro sistema una norma antielusiva per le operazioni societarie. L’art. 10 citato consente, infatti, all’Amministrazione finanziaria di disconoscere ai fini fiscali la parte di costo delle partecipazioni sociali sostenuto e comunque i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di fusione, concentrazione, trasformazione, scorporo e riduzione di capitale, nonche´ di liquidazione, valutazioni di partecipazioni, cessione di crediti e cessione o valutazione di valori mobiliari, poste in essere senza valide ragioni economiche ed allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio d’imposta. Per certi versi ha portata antielusiva anche l’art. 37, ult. comma, del d.p.r. n. 600 del 1973 (introdotto dall’art. 30 della l. n. 154 del 1989) per il quale in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni, gravi precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona. Altra tipica norma antielusiva è l’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986 che impone l’applicazione dell’imposta di registro secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente. Infine un vero e proprio pacchetto di norme antielusive è stato introdotto nelle varie imposte dalla l. 27 aprile 1989, n. 154.
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