Redditi derivanti dall’esercizio di imprese commerciali, intendendosi per tale l’esercizio per professione abituale, ancorche´ non esclusiva, delle attività di cui all’art. 2195 del c.c. (attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi, attività intermediaria nella circolazione di beni, attività di trasporto per terra, per acqua e per aria, attività bancaria o assicurativa, altre attività ausiliarie delle precedenti) e delle attività di allevamento, di manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli o zootecnici, quando esse superino i limiti indicati nell’art. 29 d.p.r. n. 917 del 1986, anche se non organizzate in forma di impresa (e proprio l’irrilevanza del requisito dell’organizzazione rende evidente la divaricazione tra la nozione tributaria e la nozione civilistica di impresa). Sono inoltre considerati redditi di impresa, ai fini fiscali, i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c.; i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio di attività agricole non eccedenti il limite del normale esercizio dell’agricoltura, se spettanti a società di capitali o agli enti commerciali; i redditi derivanti dallo sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, stagni, laghi e altre acque interne. I redditi di impresa, ai fini fiscali, si determinano per derivazione dal reddito civilistico, apportando al risultato netto del conto dei profitti e delle perdite relativo all’esercizio chiusosi nel periodo d’imposta in considerazione, le variazioni in aumento e in diminuzione derivanti dall’applicazione delle norme tributarie che dettano criteri di valutazione delle singole componenti del reddito d’impresa divergenti rispetto ai corrispondenti criteri civilistici. I redditi di impresa si determinano, ai fini fiscali, su base analitica; ciò vuol dire che si determinano su base effettiva, cioè per contrapposizione tra componenti positive e negative di reddito, valorizzate in relazione ai corrispettivi effettivi e, ove un corrispettivo non ci sia, in relazione al valore normale dei singoli elementi reddituali; d’altro canto, proprio l’effettività della determinazione rende necessaria la tenuta di scritture contabili che documentino le diverse componenti reddituali. Se il risultato della differenza tra componenti reddituali positive e negative è una perdita, essa potrà essere portata in diminuzione dal reddito complessivo del contribuente e, ove non trovi capienza in tale reddito, potrà essere portata in diminuzione del reddito complessivo dei periodi di imposta successivi, per l’intero importo che trovi capienza in ciascuno di essi, non oltre il quinto (v. riporto delle perdite).
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