Enciclopedia giuridica

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Dolo vizio della volontà

Si parla di dolo vizio della volontà, come vizio del consenso, in un senso corrispondente al concetto comune di inganno. Dall’errore motivo il dolo vizio della volontà differisce per la specifica causa che ha provocato l’errore: qui un contraente è indotto in errore dai raggiri usati dall’altro contraente oppure da un terzo. Se i raggiri sono stati determinanti del consenso, tali cioè che, senza di essi, la parte non avrebbe contrattato (cosiddetto dolo vizio della volontà determinante), il contratto è annullabile (art. 1439, comma 1o, c.c.); se, invece questa avrebbe ugualmente contrattato, ma a condizioni diverse (cosiddetto dolo vizio della volontà incidente), il contratto è valido, e l’altro contraente deve risarcirle il danno subito (art. 1440 c.c.). Rientra nel primo caso, ad esempio, la vendita di merci prive delle qualità menzionate sull’involucro o vantate dal venditore (olio di oliva, mentre è di semi, stoffa di lana, mentre è di fibra sintetica); nel secondo caso il compratore avrebbe comunque acquistato quelle merci, anche in mancanza delle qualità vantate (il negoziante compera, e rivende, sia olio di oliva sia olio di semi), ma le avrebbe acquistate per il prezzo di mercato della merce mancante di quella qualità . Il raggiro del terzo, per comportare l’annullamento del contratto, deve essere noto (non semplicemente riconoscibile) al contraente che ne ha tratto vantaggio (art. 1439, comma 2o, c.c.). Basta che quest’ultimo ne fosse a conoscenza; non occorre che avesse cospirato con il terzo nel tramare l’inganno: in questo diverso caso si sarebbe in presenza, a rigore, di un raggiro del contraente, anche se posto in essere con l’altrui complicità . L’ipotesi del raggiro del terzo è , propriamente, quella del terzo che ha un proprio interesse alla (altrui) conclusione del contratto: la legge protegge il contraente che ha tratto inconsapevole vantaggio dal raggiro del terzo; perche´ , scoperto il raggiro, il contratto possa essere annullato occorre che il contraente ne fosse, quanto meno, a conoscenza. Il dolo vizio della volontà è l’altrui induzione in errore; perciò, l’annullamento del contratto per dolo vizio della volontà richiede che il raggiro dell’altro contraente o del terzo abbia provocato un errore qualificabile come essenziale ai sensi dell’art. 1429 c.c.: a chi agisce per ottenere l’annullamento del contratto viziato da dolo vizio della volontà basterà provare l’errore cui è stato indotto, se l’errore verte sulla natura del contratto o sull’oggetto del contratto o sull’identità dell’oggetto; ma egli dovrà , ulteriormente, provare che l’errore è stato determinante del suo consenso, se l’errore indotto verte su qualità dell’oggetto o sull’identità o qualità dell’altro contraente. Tuttavia, l’induzione in errore sarà rilevante, se l’errore indotto è l’errore sul valore dell’oggetto del contratto.

dolo vizio della volontà commissivo e omissivo: i raggiri con i quali si inganna l’altro contraente e se ne carpisce il consenso consistono, generalmente, in comportamenti commissivi: si ordisce un artificio, uno stratagemma, mediante il quale si induce il contraente a prendere per vera una falsa rappresentazione della realtà ; o, più semplicemente, gli si mente, rappresentando come veri fatti falsi od occultando fatti veri, purche´ la menzogna, naturalmente, sia idonea ad indurlo in errore. Ma può accadere che un contraente sia indotto in errore da un contegno puramente omissivo dell’altro contraente (cosiddetto dolo vizio della volontà omissivo). Per il contratto di assicurazione c’è , al riguardo, una norma espressa (art. 1892 c.c.): la semplice reticenza dell’assicurato è causa di annullamento del contratto (è il caso di chi stipula un’assicurazione sulla vita tacendo all’assicuratore di essere affetto da una grave malattia, e pur non facendo nulla per occultarla). Per ogni altro contratto si deve tener conto di un generale principio: quello secondo il quale le parti, nello svolgimento delle trattative, debbono comportarsi secondo buona fede (v.) (art. 1337 c.c.); e ciò comporta un reciproco dovere di informazione sulle circostanze che ciascuna parte può ritenere determinanti del consenso dell’altra. Il dolo vizio della volontà omissivo dovrà considerarsi causa di annullamento del contratto ogni qualvolta, date le circostanze, si deve ritenere che il contraente avesse l’obbligo di informare l’altra parte. La giurisprudenza ammette la rilevanza della reticenza, ma la circonda, al pari della menzogna, di molte cautele, mossa dalla preoccupazione di evitare che una qualsiasi mancata informazione possa essere sfruttata dalla controparte, pentita del concluso contratto. Ne derivano massime molto elastiche, sulla base delle quali risulta difficile prevedere come potranno essere risolti i singoli casi. Ecco come la Cassazione si pronuncia: il dolo come causa di annullamento del contratto può consistere tanto nell’ingannare con notizie false, con parole o con fatti la parte interessata, direttamente o per mezzo di terzi (dolo vizio della volontà commissivo), quanto nel nascondere alla conoscenza altrui fatti o circostanze decisive, come nella reticenza (dolo vizio della volontà omissivo); tuttavia, la reticenza o il silenzio, al pari del mendacio, non bastano da sole a costituire il dolo se non in rapporto alle circostanze che, se note, avrebbero fatto desistere l’altra parte dal concludere il contratto, e in rapporto, altresì, alle qualità e condizioni soggettive dell’altro contraente e al complesso del contegno che determina l’errore di questo. I problemi più ardui, in tema di reticenza, stanno: 1) nel trovare il punto di equilibrio fra dovere di informazione e diritto al riserbo; 2) nel tracciare il confine fra il dovere di informazione gravante su una parte e l’onere di autoinformazione incombente sull’altra. Si riconosce al contraente il diritto di occultare fatti che concernono esclusivamente la propria sfera, come l’uso che farà dell’oggetto acquistato, nonche´ l’utile che ricaverà dall’affare. Di simili reticenze si alimenta il commercio: essere tenuti a comunicare cose del genere equivarrebbe a precludersi la conclusione degli affari.

dolo vizio della volontà nel testamento: la rilevanza del dolo vizio della volontà, ai fini dell’annullabilità del testamento, non esige quegli specifici requisiti che sono previsti per l’annullamento del contratto concluso da un contraente il cui consenso è stato carpito con dolo vizio della volontà. Tuttavia il dolo, non è integrato da una qualsiasi influenza esercitata sul testatore attraverso blandizie, richieste, suggerimenti, sollecitazioni e simili: la Cassazione esige l’impiego di mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all’età , allo stato di salute e alle condizioni psichiche del de cuius (v.), siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata. V. anche testamento, annullabilità del dolo vizio della volontà.


Dolo nel reato      |      Dolus


 
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