Al fine di evitare che la concorrenza sia falsata entro il Mercato comune europeo, il regolamento Cee n. 4064/89 del 21 dicembre 1989 ha regolato le concentrazioni fra imprese. Si ha concentrazione quando due o più imprese procedono alla loro fusione oppure quando una o più persone che detengono il controllo di una impresa acquisiscono il controllo di altre imprese (art. 3). La concentrazione è di dimensione comunitaria: a) quando il fatturato totale realizzato a livello mondiale da tutte le imprese interessate è superiore a 5 miliardi di ecu; b) quando il fatturato totale realizzato individualmente nella Comunità da almeno due delle imprese partecipanti all’operazione di concentrazione è superiore a 250 milioni di ecu. L’operazione di concentrazione di dimensione comunitaria deve essere preliminarmente notificata alla Commissione (art. 4), la quale è chiamata a giudicare se l’operazione crei o rafforzi una posizione dominante, suscettibile di ostacolare in modo significativo la concorrenza nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso. In tale caso la concentrazione è dichiarata incompatibile con il mercato comune; altrimenti, è dichiarata compatibile (art. 2). La Commissione può infliggere una ammenda fino a 50 mila ecu alle imprese che non notificano la concentrazione o che la realizzano sebbene dichiarata incompatibile con il mercato comune. Alle norme comunitarie fanno riscontro quelle introdotte, per l’ambito nazionale, dalla l. 10 ottobre 1990, n. 287. Il concetto di concentrazione è il medesimo; la differenza sta nel fatto che la concentrazione assume rilievo qualora il fatturato totale realizzato a livello nazionale dell’insieme delle imprese interessate sia superiore a 500 milioni di lire, ovvero qualora il fatturato totale realizzato a livello nazionale dell’impresa di cui è prevista l’acquisizione sia superiore a 50 miliardi di lire (artt. 5 e 16). Anche qui è prevista la preventiva comunicazione dell’operazione di concentrazione all’autorità , che la vieta oppure che la autorizza a seconda che l’operazione comporti o no la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza. Un discorso a se´ richiede la forma di concentrazione prevista dall’art. 3 par. 2 del regolamento Cee 21 dicembre 1989, n. 406, e dall’art. 5 lett. c della l. 10 ottobre 1990, n. 287, che fanno riferimento all’operazione che si realizza quando due o più imprese procedono attraverso la costituzione di una nuova società , alla costituzione di una impresa comune. La costituzione di una impresa comune può dare luogo ad una impresa comune concentrativa, soggetta alle norme comunitarie o nazionali sulle concentrazioni, oppure ad una impresa comune cooperativa, sottoposta all’art. 85 del Trattato Cee e all’art. 2 della l. n. 287 del 1990. La distinzione è all’art. 3 par. 2 del citato regolamento Cee: le operazioni, compresa la creazione di una impresa comune, che abbiano come oggetto o per effetto il coordinamento del comportamento concorrenziale di imprese indipendenti non sono considerate come determinanti una concentrazione. Tale è invece la costituzione di una impresa comune che esercita stabilmente tutte le funzioni di una entità economica autonoma e non ha come oggetto o per effetto il coordinamento del comportamento concorrenziale fra le imprese fondatrici o fra questa ultima e l’impresa comune. La comunicazione della Commissione Cee del 14 agosto 1990 precisa che non c’è autonomia quando l’impresa comune dipende dalle fondatrici dal lato dell’offerta o della domanda.
aspetti fiscali delle concentrazioni fra imprese: non esiste un trattamento fiscale unitario delle operazioni di concentrazioni fra imprese, anche se l’idea della neutralità fiscale della categoria delle operazioni riguardanti l’assetto societario ed attinenti al momento organizzativo emerge ciclicamente da più parti (cfr. la relazione di maggioranza della Comm. parlamentare dei Trenta alla bozza del Tuir). Tale idea, forse condizionata dall’attuale regime fiscale delle fusioni, non deriva tanto dall’analisi sistematica dei profili reddituali delle operazioni di riorganizzazione aziendale, quanto piuttosto da un giudizio di valore secondo cui tutto ciò che attiene alla riorganizzazione degli organismi economici meriterebbe uno speciale favor legislativo. Così le esigenze di rafforzamento dell’apparato produttivo e la costanza dei fenomeni inflattivi potrebbero rimuovere la vincolatività del principio di continuità fiscale dei valori dei beni aziendali, e in luogo di episodici provvedimenti agevolativi, dettare una disciplina di favore per le operazioni di concentrazioni fra imprese. Tuttavia nell’attuale sistema tributario di questo favor e di un’unitaria disciplina delle operazioni che hanno per effetto una concentrazioni fra imprese di aziende non c’è traccia. Il sistema non riconosce le varie forme di concentrazioni fra imprese, ma tutt’al più pone alcune norme, a regime o congiunturali o settoriali, ordinate per assicurare la neutralità fiscale di alcune delle operazioni di riorganizzazione delle imprese. Fra le norme che nel tempo hanno agevolato le operazioni di concentrazioni fra imprese aziendali possiamo ricordare la l. 24 marzo 1932, n. 380; l. 29 luglio 1957, n. 634, la l. 18 marzo 1965, n. 170, la l. 2 dicembre 1975, n. 576, la l. 16 dicembre 1977, n. 904, la l. 10 giugno 1978, n. 295 (art. 83), la l. 11 novembre 1983, n. 638 (art. 25, comma 17o bis), la l. 26 giugno 1990, n. 165 e la l. 30 luglio 1990, n. 218.
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